Ashton Carter, uno stacanovista al Pentagono
Non c’era sicuramente la ressa ai cancelli del Pentagono per sostituire il dimissionario Chuck Hagel. Alla fine a dire “si” è stato Ashton Carter. Chi lo conosce lo definisce uno stacanovista, il Presidente Obama durante la breve cerimonia di ufficializzazione ha salutato “ il suo fervore nel lavoro, la sua efficienza, la sua autorità, il suo senso dell’amicizia e la forte ispirazione che emana” , puntualizzando che quelle erano “le parole di Chuck Hagel, e non potevo dire di meglio”.
Evocando le grandi qualità di “Ash”, come lo chiama il Presidente americano, che stanno soprattutto nel suo stile caratterizzato da cortesia, tatto e affabilità, tali da agevolare sensibilmente i rapporti sociali, Obama ha dichiarato: “Nei due anni che è stato segretario aggiunto alla Difesa, era al mio fianco nella Situation Room e mi appoggiavo alla sua esperienza e al suo giudizio”. Inoltre, prosegue il Presidente, “avendo collaborato con 11 diversi segretari alla Difesa, indistintamente Democratici e Repubblicani, conosce tutti gli ingranaggi del sistema. Senza contare che nessuno e niente, nel Pentagono, gli è estraneo. Ci entrerà dunque a pieno titolo.” L’inquilino della casa Bianca si è a lungo soffermato sul lavoro svolto, in sordina, da Ashton Carter presso le truppe al fronte. Soprattutto per mettere fine al gran numero di vittime causato dalle “roadside bombs” (bombe artigianali poste sul ciglio delle strade) in Irak e Afghanistan, così come le sue innumerevoli partecipazioni alle feste di Thanksgiving con i “suoi ragazzi”. Conosciuto per non essere il tipo “sissignore” (in altri termini servile), Ashton Carter ha però detto “si” al difficile incarico di segretario della Difesa, lasciato vacante per le dimissioni di Chuck Hagel e rifiutato dai senatori Jack Reed e Michelle Flournoy (ex segretario di Stato per la Politica di difesa). Carter era stato il numero due del Pentagono dal 2011 al 2013, poi numero tre in quanto specializzato nell’acquisizione delle tecnologie di punta. Non ha mai indossato una divisa militare, ma conosce il Pentagono in tutti i suoi meandri, gradi e burocrazia. Ciliegina sulla torta, i militari gli portano moltissimo rispetto. Non si lascia tentare dalle luci della ribalta, ma è a suo agio nel doppio ruolo di grande conoscitore dell’esercito e di stacanovista, come viene definito da chi gli sta accanto. Al pentagono è arrivato un superintellettuale gran lavoratore. In effetti, a 60 anni ha nel suo bagaglio diplomi di fisico e di storico medievale ottenuti a Yale. La sua prima specializzazione lo ha portato a lavorare nel campo dell’alta tecnologia, della sicurezza nazionale e del management. Era stato assunto dal Pentagono come analista dei dossier sui missili di difesa e dell’arsenale nucleare. Durante il mandato di Bill Clinton è stato segretario aggiunto alla Difesa per la Politica di sicurezza internazionale. Allora aveva collaborato per assicurare lo smantellamento di parte dell’arsenale nucleare alla fine della Guerra Fredda. Con l’attuale Amministrazione, Carter ha gestito progetti di grande portata, tra i quali un programma da 400 miliardi di dollari per l’acquisto di F-35 Joint Strike Fighters.
La sfida principale di Carter ora è quella di trovare posto in seno ad una Amministrazione nella quale il potere appare concentrato nelle mani di un gruppo molto ristretto, un meccanismo apertamente criticato da due dei suoi predecessori, Robert Gates e Leon Panetta. Ovviamente tra le priorità c’è la lotta agli jihadisti dell’ISIS, ma anche la fine delle missioni di combattimento in Afghanistan, previste per la fine dell’anno, la guerra al virus Ebola in Africa Occidentale dove sono state dispiegate forze americane, e ancora il rafforzamento delle alleanze militari degli Stati Uniti, NATO in testa. Ma dovrà anche insistere sull’indispensabile sforzo di controllo del bilancio, che vede anche la necessità di rendere il Pentagono “più efficiente”. La conferma di Ashton Carter da parte del Senato non dovrebbe causare problemi visto che già molti senatori repubblicani in vista hanno dato il loro benestare ufficioso. John McCain ha definito Carter “competente, gran lavoratore e dotato di una solida esperienza”, anche se poi ha ironicamente aggiunto: “spero che capisca bene che avrà una influenza limitata sulla ristretta cerchia del presidente e che controlla visibilmente tutto il processo decisionale.” Segnale delle tensioni che aleggiano sulla partenza di Hagel. Interrogato sul margine di manovra che avrebbe avuto il successore di Chuck Hagel, il portavoce dell’esecutivo, Josh Earnest, ha assicurato che l’esistenza di frizioni tra la Casa Bianca e il Pentagono “non erano né una novità, né caratteristiche di questa Amministrazione”. Ma ha anche chiaramente sottolineato la ripartizione dei ruoli: “il Presidente è il Comandante in Capo delle Forze Armate ed è al vertice della catena di comando. Ciò significa che il Presidente ha un’importante parte di responsabilità su ciò che succede al Ministero della Difesa”. Accettando la nomina, Ashton Carter ha mostrato tutta la sua determinazione a dar prova di “franchezza” nei confronti del Presidente americano. In privato, ha espresso attraverso la stampa i suoi dubbi sulla strategia americana in Irak e Siria. Secondo il New York Times dello scorso 6 Dicembre, che cita degli ex dirigenti dell’Amministrazione americana, Ashton Carter caldeggiava i bombardamenti (sospesi all’ultimo minuto) contro il regime di Bachar al-Assad in Siria. Da parte della Casa Bianca, si è fatto trapelare tra le righe che non “aveva sufficientemente sotto controllo i problemi del Medio oriente”.
“Occupare un posto di rilievo nell’Amministrazione a Washington, è un po’ come essere un cristiano nel Colosseo”, scriveva Carter in una piccola autobiografia redatta per l’Università di Harvard nel 2007. “Non sapete mia quando libereranno i leoni e vi farete divorare per il gran piacere del pubblico”. Ashton Carter è cosciente che, per i tempi che corrono, essere segretario alla Difesa è un mestiere ad alto rischio.
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