La corruzione non ha colore

Secondo la ONG Trasparency International (dati 2013) l’Italia si trova al 69° posto nella speciale classifica mondiale della corruzione. Siamo agli ultimi posti in Europa (al pari della Romania e con dietro di noi solo Bulgaria e Grecia) e nel mondo ci sorpassano paesi che noi consideriamo quasi terzo mondo. Insomma una panoramica tutt’altro che rosea per il nostro paese che continua quotidianamente a non smentire questi sconfortanti dati.

La cosa che però negli ultimi anni ha subito una singolare trasformazione è la trasversalità con cui la corruzione si è insinuata a destra come a sinistra. Negli anni novanta, dopo Manipulite, si era diffusa la percezione che corruzione e mafia fossero prerogative dei politici esponenti del centrodestra, teoria a volte supportata dai fatti. Oggi la situazione sembra completamente diversa. Da qualche anno a questa parte si sta assistendo a fenomeni di corruzione che vedono, a differenza delle dinamiche parlamentari, una sorta di “grande coalizione” che vede coinvolti nel malaffare destra e sinistra. Ultime in ordine temporale EXPO, MOSE e Mafia Capitale, tutte terribili vicende che mostrano al mondo il lato peggiore dell’Italia e del suo modo di fare politica.

In questa nuova ottica si aprono possibili scenari che lasciano spazio a diverse interpretazioni di questo fenomeno. Il primo è il dubbio che l’esperienza corruttiva per così dire “ di sinistra” si sia negli anni sottovalutata, fino all’esplosione degli ultimi tempi, il secondo è la possibilità che essendosi ormai corrosa la separazione di classe che fino a qualche anno fa contraddistingueva le due opposte ideologie, l’ingordigia e la non cura del bene comune abbia ormai contagiato tutti gli schieramenti. Alla luce degli ultimi avvenimenti sono state presi provvedimenti straordinari (del tutto inusuali in un paese che si definisce civile) attraverso l’Autorità Nazionale Anticorruzione che ha cominciato a commissariare appalti pubblici.

Se inoltre si confermassero i  sospetti della Magistratura sulla rete del malaffare romano, il governo si troverebbe a dover seriamente prendere in considerazione l’ipotesi di  mettere mano in maniera ancora più marcata di quanto finora fatto, in materia di controllo e anticorruzione, con comunque il rischio di rendere le procedure di appalto ancora più lunghe e articolate di quanto oggi non siano.

La trasversalità di questo fenomeno, oltre a far aumentare il senso di degrado della politica nell’opinione pubblica, rende l’idea di un paese incapace di autogovernarsi e di autocontrollarsi, al pari di paesi di nuova industrializzazione. Servirebbe un cambiamento culturale, ma le premesse di oggi fanno poco ben sperare.

©Futuro Europa®

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