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CO2, riduzione con auto a gas – Le auto gas per ridurre l’impatto ambientale, tagliare la CO2 e liberare dallo smog le città. Non solo. La filiera del settore può arrivare a valere oltre 60 mila nuovi posti di lavoro al 2030. Alle potenzialità dei veicoli a gas in Italia è dedicato il rapporto ‘Green economy e veicoli stradali: una via italiana’ realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con la collaborazione di Assogasliquidi Federchimica e del Consorzio Ecogas. “Le auto a gas – secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – sono una delle tecnologie ‘ponte’ a basso impatto ambientale che può contribuire a ridurre l’inquinamento dell’aria nelle cittá e può far bene all’occupazione e all’economia. In Italia c’è una filiera di imprese che ci rende leader nel mondo”. Per Francesco Franchi, presidente di Assogasliquidi Federchimica, “sono molti gli stimoli che arrivano dall’Europa sulla promozione dell’uso delle auto a gas. L’Italia deve fare la sua parte”.
Auto a gas, cresce utilizzo ‘anticrisi’ – Sono proprio i numeri a dimostrare le potenzialitá del settore; negli anni della crisi, mentre le auto tradizionali hanno conosciuto un drastico calo delle immatricolazioni, le auto a gas hanno continuato a crescere (tra il 2011 e il 2012 le immatricolazioni sono quasi triplicate passando dal 5,55% al 13%) e nel 2013 la quota di mercato della auto a gas è arrivata al 14,1% (8,9% Gpl e 5,2% metano). L’attuale stock di auto a gas circolante in Italia è in termini assoluti il più rilevante d’Europa, rappresentando il 76,8% del parco europeo per le auto a metano e il 26% per quelle a Gpl. Inoltre in Italia oltre al produttore (Fiat) c’è una piccola e grande industria dell’ auto a gas che va dalla produzione di impianti per la conversione a Gpl e metano, con una rete di trasformazione e assistenza di piú di 6.000 officine, al rifornimento stradale (piú di 3000 distributori di Gpl e 1000 di metano).
Carburanti, raffinazione in crisi – L’industria della raffinazione tradizionale è ormai giunta al capolinea. Riduzione dei consumi, crescente pressione competitiva internazionale e la necessità di produrre rispettando l’ambiente, hanno posto l’esigenza di rivedere totalmente il sistema. Dal 2006 ad oggi, infatti, Eni stima che i consumi interni hanno subito un vero e proprio tracollo: in Europa la riduzione è stata del 15%, mentre in Italia addirittura del 30%. Ingenti quindi le perdite economiche a causa di un surplus europeo di 120 milioni di tonnellate di raffinato. Una situazione che ha portato nel periodo 2009-2014 alla chiusura di 17 raffinerie in Europa (4 In Italia) su 98. Le raffinerie europee sperimentano inoltre crescenti pressioni competitive da parte degli operatori americani, mediorientali e russi avvantaggiati da minori costi energetici e di approvvigionamento, maggiori economie di scala e maggiore integrazione con la petrolchimica. Ulteriori riduzioni di capacità consentiranno un progressivo riassorbimento della capacità in eccesso, con conseguente ripresa dei tassi di utilizzo che, tuttavia, in Europa e nel Mediterraneo in particolare, difficilmente ritorneranno sui livelli pre-crisi.
Clima, possibile estinzioni di massa in prossimi 200 anni – E’ allarme estinzioni di massa della gran parte delle specie animali sulla Terra nei prossimi duecento anni: a causa di vari fattori, fra i quali il cambiamento climatico dovuto alle emissioni inquinanti, il globo – secondo un nuovo studio scientifico – sarebbe di fronte ad eventi cataclismatici simili a quelli che spazzarono via dalla faccia del pianeta i dinosauri, nell’era Triassica-Giurassica. Si tratterà di uno sconvolgimento accaduto solo 5 volte nella storia della Terra, che entro l’anno 2200 potrà portare alla scomparsa del 75% delle specie viventi attualmente conosciute. Se 65 milioni di anni orsono sparirono ‘arcosauri’ e consimili, nei prossimi 200 anni – pronostica il rapporto pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Nature’ – a maggior rischio di estinzioni appaiono gli anfibi, con il 41% delle specie in pericolo. Seguono i mammiferi e volatili, con rispettivamente il 26% ed il 13% delle specie a rischio. Incerta la sorte degli insetti in quanto solo lo 0,5% del milione di specie conosciute è stato analizzato.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]