Renzo Piano e le periferie
“L’architetto ha un compito sociale chiaro, ha sempre fatto parte dell’organizzazione della società, fin dai tempi antichi”. Così dichiarava Renzo Piano nel 2002 in un’intervista per “Architettura e Musica”. Coerentemente con quest’idea, un anno fa, appena nominato Senatore a vita, Piano ha annunciato di voler usare il suo stipendio per sovvenzionare il lavoro di sei giovani architetti, attivando un gruppo di lavoro sulle periferie italiane. L’iniziativa non poteva giungere in un momento di maggiore emergenza sociale ed ambientale, come hanno messo in evidenza i recenti avvenimenti nelle periferie romane. “Dobbiamo occuparci della città che sarà. La bellezza naturale del nostro Paese non è merito nostro, quella antropizzata dei centri storici neppure, visto che ci è stata lasciata in eredità. Quello che può essere merito nostro è migliorare le periferie, che sono la parte fragile della città e che possono diventare belle”, sottolineava Piano.
Sono tre i progetti di riqualificazione delle periferie, realizzati dal gruppo G124. Il primo a Torino, in Borgata Vittoria, quartiere residenziale dove, dagli anni ’50, abitano famiglie di operai della Fiat. Da allora quelle case sono diventate dormitori, senza neppure un luogo di incontro. Gli altri due riguardano Roma e Catania.
“Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche di civili? Qualche idea io l’ho – afferma Piano – e i giovani ne avranno sicuramente più di me. Bisogna però che non si rassegnino alla mediocrità. Il nostro è un Paese di talenti straordinari, i giovani sono bravi e, se non lo sono, lo diventano per una semplice ragione: siamo tutti nani sulle spalle di un gigante. Il gigante è la nostra cultura umanistica, la nostra capacità di inventare”.
“Siamo un Paese straordinario e bellissimo – continua Piano – ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee”.
La professione di architetto può essere rivitalizzata proprio attraverso quest’opera di rammendo urbano. Intere aree hanno bisogno di essere riqualificate con strutture pubbliche, mentre si deve dare nuova vitalità alle ex aree industriali. Il tutto, però, senza espandersi ulteriormente sul territorio, che è fragilissimo da un punto di vista sismico e idrogeologico.
Sono queste, in sintesi, le idee ispiratrici del gruppo di lavoro istituito in Senato. La fragilità dell’ambiente e il contributo dell’architettura per salvaguardarlo sono, tra l’altro, i fili conduttori dell’opera “Almanacco dell’Architetto. Da un’idea di Renzo Piano”, un compendio composto da due volumi, per un totale di 1.300 pagine e oltre 5.000 immagini, realizzato con il contributo di nove autori – architetti e ingegneri – e la partecipazione di 400 studi di architettura che hanno fornito disegni, foto e progetti, con la collaborazione della Fondazione Renzo Piano.
Piano cita spesso il suo particolare rapporto con le città e le periferie spiegando come, fin dalla nascita, a Pegli, nella periferia occidentale di Genova, abbia vissuto “intensamente” questi luoghi. Nell’avviare il suo progetto, nel dicembre 2013, l’architetto ha dichiarato: “Questo sarà, credo, il mio progetto più ambizioso, più importante. Non so cosa riuscirò a fare e se me lo lasceranno fare, ma ho un’idea precisa e intendo realizzarla seriamente”. Senza fretta, però, perché la carica di senatore onorario “è un impegno a vita, quindi è una maratona, non una corsa”.
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