Trionfo a metà per Shinzo Abe

Giappone – Maggioranza in crescita alla Camera bassa per il Primo Ministro Shinzo Abe, anche se ad aver vinto è stato il partito dell’astensionismo. Trionfo  ambiguo per il Premier giapponese che ha vinto per la sua audacia, ma cammina su di un terreno miniato.

In un Giappone che ha conosciuto 17 primi ministri in 25 anni e ha visto la sua statura internazionale assottigliarsi sempre più ad ogni rimpasto, Shinzo Abe, capo del Governo conservatore, dovrebbe affermarsi come uno dei leader più significativi della storia moderna del Paese. Domenica scorsa ha vinto senza problemi le elezioni politiche ed è anche riuscito, nonostante i tanti anni passati a potere e i pochi risultati economici, a far crescere la sua maggioranza nella Camera bassa del Parlamento. La sua formazione, il PLD (Partito Liberal Democratico), ha ottenuto 297 seggi (due in più rispetto alla precedente legislatura e in realtà Abe sperava superare i 300) sui 475 che conta questa Assemblea, mentre il suo principale partner nella coalizione, il Nuovo Komeito, ottiene 35 rappresentanti. Insieme le due formazioni avranno in mano, per i prossimi 4 anni, più di due terzi dei seggi e potranno utilizzare questa “super maggioranza” per far votare, senza rischiare un veto della Camera alta, le leggi che vogliono. Insieme potranno anche avviare la revisione della Costituzione. Totalmente inattendibile dalla sua disfatta del 2012, il principale Partito di opposizione di centro-sinistra, il PDJ (Partito Democratico) non ha ottenuto che un pugno di seggi in più ed ha visto affondare molti suoi dirigenti. A Tokyo, il leader della formazione, Banri Kaieda, è stato battuto da un candidato del PLD. E Naoto Kan, l’ex Primo Ministro al potere nel 2011, nello sfortunato periodo dello tsunami  e la catastrofe di Fukushima-Daiichi, sembra aver dovuto cedere il passo nella sua circoscrizione. Il Partito Comunista, che milita contro il nucleare, gli accordi di libero scambio e il rafforzamento della capacità militare del Giappone auspicati da Abe, sembra essere una delle rare formazioni dell’opposizione ad essere riuscita a capitalizzare sullo scoraggiamento della classe media, che vede il suo potere d’acquisto sgretolarsi insieme al crollo dello yen voluto dall’esecutivo. La formazione di estrema sinistra ha visto così raddoppiare il numero dei suo rappresentanti alla Camera bassa.

Durante un intervento televisivo, Shinzo Abe si è, nonostante l’ampiezza della sua vittoria, astenuto da ogni trionfalismo. Ha immediatamente riconosciuto la sua “delusione” per la scarsa partecipazione degli elettori. Data al 48%, ha raggiunto il massimo livello dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Una tendenza che rischia di offuscare il mandato della coalizione vincente.  La mobilizzazione maggiore si è avuta tra l’elettorato più anziano e conservatore, che non è di nessuna utilità nel sostenere le basi di un’Agenda che dovrebbe essere la quint’essenza delle riforme. Inoltre, i risultati mediocri dell’indice “Tankan” del morale delle imprese suonano come un appello a lanciare senza più tardare di un secondo la seconda fase della “Abenomics”. Secondo questa inchiesta della Banca del Giappone (BoJ) pubblicata all’indomani delle elezioni, la fiducia delle grandi imprese nel mese di Dicembre è scesa di un punto, a +12. Questo declino mette in luce la loro prudenza nonostante diversi elementi positivi presenti nel periodo esaminato: nuove misure di ammorbidimento monetario della banca centrale, indebolimento sostenuto dello yen e caduta del prezzo del petrolio. Il morale del settore non manifatturiero ha da parte sua fatto un salto di tre punti per stabilizzarsi a +16, ma aveva anche subito un forte calo nell’inchiesta precedente. Se l’economia sembra essersi stabilizzata nel quarto trimestre, non sembra esserci in programma una ripresa rapida. L’aumento della tassa di consumo, responsabile della ricaduta dell’arcipelago in recessione, e gli effetti di questa pressione fiscale in crescita fanno fatica a dissolversi nonostante i discorsi rassicuranti delle autorità. Oltre alla debole domanda interna, ci si preoccupa per la caduta dello yen, fenomeno che aumenta il prezzo dei prodotti importati e riduce quindi il loro margine. Piccole o grandi che siano, e quale che sia il settore, le imprese giapponesi aspettano tutte delle riforme, vere. L’associazione dei costruttori automobilistici, salutando il successo elettorale del PLD, ha esortato Shinzo Abe a lanciare la terza freccia riformatrice del suo programma.

Ora che gli elettori gli hanno dato una seconda possibilità, Shinzo Abe non ha più scelta, deve portare dei risultati che siano all’altezza delle sue promesse, altrimenti il suo capitale politico verrà irrimediabilmente compromesso. In fondo il Capo del Governo conservatore ha “provocato” queste elezioni per farne un voto  di fiducia popolare sulla sua “Abenomics”. Ma se pensioni, gli stipendi e il potere d’acquisto preoccupano i giapponesi, l’ossessione di Shinzo Abe  è un’altra. Poco dopo l’annuncio del suo trionfo infatti, non ha tardato a ritirare fuori la sua antica ed unica vera ambizione: riformare la Costituzione. Ma non sarà cosa facile perché il Nuovo Komeito non è propriamente in sintonia con i progetti di Abe sul terreno costituzionale, che tra l’altro non convince neanche tutto il “suo” PLD. Bisogna tenere a mente che il 48% degli elettori non ha votato, Abe ha vinto questa partita per il pietoso stato nel quale si trova l’opposizione, ma i giapponesi non  gli hanno dato un assegno in bianco. Il “buon” Abe, come lo vede la gente, è quello che si concentra sul rilancio economico. Ed è un bene. Ma il “cattivo” Abe è quello nel quale arde il programma ideologico di revisiono costituzionale, una revisione storica, e questo sarà un problema. Per Shinzo Abe, la Costituzione del 1947, redatta dagli americani e mai emendata da allora, asservisce troppo il Giappone e gli impedisce di mantenere il suo rango sulla scena internazionale, soprattutto nei confronti di una Cina sempre più potente. Gli ostacoli nel futuro del Premier giapponese non sono pochi.

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