Audience, un assassino in agguato

A me di chi ha ucciso il povero Loris interessa poco o niente in una storia di miserie e miserabili che ha troppo alimentato certa stampa da buco della serratura. Dopo i primi dieci secondi di stupore e raccapriccio, il mio interesse è scemato perché vorrei rimanere cinica e lucida. Ho però subìto come tutti le dirette nei tiggì di inviati che, diritti e impavidi davanti a tribunali piuttosto che davanti a villette o piuttosto che davanti a supermercati, ci sciorinavano scoop da prima pagina, cioè la reazione del vicino, la descrizione dei pacchi nella macchina della madre, le sue abitudini anche alimentari. Purtroppo però, la riflessione che ne consegue è che anche quest’anno è stato pieno di fatti di sangue, che poi sono stati fonte di guadagno per sciacalli dell’informazione, sia cartacea che televisiva.

E molti di questi delitti non hanno ancora davvero un colpevole ma solo sospettati. Nella stragrande maggioranza dei casi i delitti vengono risolti nei primi giorni di indagini grazie a testimoni oculari, familiari informati sulle relazioni dei deceduti, telecamere di sorveglianza, rilievi e intercettazioni, ma ci sono anche i grandi misteri che rimangono irrisolti per anni, casi come quello della giovane Yara Gambirasio o dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco e Meredith Kercher a Perugia. In questi casi così eclatanti i colpevoli o presunti tali, diventano delle vere star.

Qualcuno scrive anche un libro e magari partecipa ai talk show. Quello che mi chiedo è come si faccia a sostenere la propria innocenza di fronte a prove schiaccianti? Penso alla sentenza recentissima che ha condannato Alberto Stasi. Lui si è sempre dichiarato innocente. Alla lettura della sentenza ha dichiarato “Non me l’aspettavo questa condanna. Ma voglio andare avanti a dimostrare la mia innocenza: prima che a me lo devo a Chiara e a mio padre che ha sempre creduto in me. Vado avanti. Mi devono credere. Non sono stato io a uccidere Chiara – ha ripetuto – io Chiara l’amavo”. E allora, chi è stato? Possibile che non ci sono tracce di altre persone? Possibile che tutte queste indagini hanno toppato? Certo è che la vita di Stasi, colpevole o no, è stata rovinata per sempre, come quella delle vere vittime, i genitori della povera ragazza.

E poi il muratore più famigerato d’Italia, l’uomo del furgone bianco, il presunto assassino di Yara: indagini lunghissime che hanno stravolto la vita di persone apparentemente normali, tirando fuori dal loro proprio fango storie di tradimenti e di figli naturali.

In un ambiente di provincia dove le chiacchiere pesano più del piombo, gli intrecci personali di una donna hanno scatenato gli investigatori, e tutto o quasi è nato da una goccia di saliva. E da quella goccia è nata la sfilza di dichiarazioni, smentite, accuse, ricostruzioni. Ma come fanno, mi chiedo. Ma voi vi ricordate cosa avete fatto il 26 novembre del 2010? Vi ricordate che quel giorno davanti a un incrocio avete visto un furgone bianco? Francamente mi sembra troppo, io a malapena ricordo dove ho parcheggiato la macchina e, confesso, una volta ne ho denunciato il furto perché ricordavo la strada sbagliata. Immaginate la vergogna a dichiararlo davanti alle forze dell’ordine.

Mi sembra tutto troppo, tutto eccesivo e tutto sopra le righe. Come tutto il mondo. Ci vorrebbe un grande passo indietro, la riscoperta della pietà e soprattutto la fine dell’accanimento mediatico, vero male di questi tempi. Perché l’audience è come un assassino sempre assetato di sangue, incurante delle vittime che lascia in terra.

©Futuro Europa®

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