Gli auguri del caso

Alla mia età lo si sa bene: gli anni sono scansioni arbitrarie con cui ci illudiamo di dare un senso, un ordine, un’intellegibilità, all’uniforme passare del tempo dal quale siamo trascinati. Però è difficile  sottrarsi alla suggestione del cambio di data e resistere – nonostante lo scetticismo – all’abitudine di fare, a ogni fine di anno, bilanci e previsioni come se il cambio di numero potesse mutare veramente la natura delle cose.

Non so se l’anno che sta per chiudersi sia stato un “annus horribilis”, ma un po’ da dimenticare lo è di certo in Italia, in Europa e nel mondo. Da noi una crisi economica che dura da ormai sei o sette anni ha continuato a trascinarsi senza apparenti miglioramenti, nonostante le intenzioni del Governo e della maggioranza. Fatti scandalosi di corruzione hanno tornato a indignarci, dando l’impressione di un dilagare del malaffare quasi inarrestabile nonostante l’operato della Giustizia.  L’Europa non ha ancora ritrovato sul serio la via dello sviluppo e neppure quello dell’unità solidale. Nel mondo, l’avanzata della jihad in Irak in Siria, gli orrendi massacri perpetrati dal fanatismo islamico anche altrove, la ripresa delle mire espansive della Russia di Putin e la sua brutale azione contro l’Ucraina, hanno creato tensioni che hanno fatto persino temere rischi di guerre globali.

Eppure, non tutto è stato completamente negativo. In Italia, un governo, nato in modo discutibile con quello che è apparso un vero e proprio colpo di mano, ha comunque messo all’ordine del giorno il rinnovamento delle istituzioni e del costume e la ripresa economica, culturale, civile. Si può – si deve, anzi – criticare molte delle modalità usate dal Premier, ma non credo sia giusto combatterne i programmi. E pur essendo ogni giorno sotto il tiro, più ancora che delle opposizioni, di una parte della propria maggioranza, di quella eterna sinistra incapace di governare ma capace di distruggere tutto quanto di nuovo e di buono appaia nel suo stesso campo, porta a casa importanti provvedimenti uno dopo l’altro (ritengo che Renzi debba accendere un cero alla sgangherata demagogia dei grillini, che rendono quasi obbligatorio per decenza il ricompattarsi della maggioranza, come si è visto nel voto sulla Legge di Stabilità). Va detto, per giustizia, che in questa fase della nostra vita politica, Berlusconi e Forza Italia si sono mossi con senso della misura e spirito in fin dei conti costruttivo. Speriamo che duri! Sul piano dell’economia, è permesso forse sperare che siano state messe in questi mesi le basi per una ripresa, sia pure modesta, per il prossimo anno (modesta, sì, ma il passaggio dal segno negativo a quello positivo nel PIL sarebbe di per sé una spinta essenziale per ritrovare la necessaria fiducia). La corruzione è una piaga aperta e sanguinante, ma vorrei fare una considerazione che mi sembra essenziale: il lato peggiore in casi di corruzione è l’impunità, e questa in Italia non c’è. Giustizia, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza funzionano e i corrotti, non tutti, certo, ma parte almeno, finiscono sotto processo. Credetemi, non è così dappertutto nel mondo. E questo, un minimo di tranquillità dovrebbe darcelo.

In Europa, il passaggio dallo scolorito Barroso al più “politico” Juncker può costituire la premessa per un cambio di velocità. Il programma di investimenti annunciato dal neo-Presidente è in questo senso un buon segno. Le resistenze restano forti e occorrerà molta tenacia da parte di Paesi come Italia, Francia, Spagna, per spuntarla. A questo proposito, ho letto qua e là valutazioni poco generose sul semestre di presidenza italiana. Solo chi non conosce la realtà europea poteva immaginarsi che l’Italia potesse, con una sorta di bacchetta magica, cambiare ordine del giorno e vedute in seno all’Unione. Forse Renzi stesso si è illuso di poterlo fare, portando a Bruxelles i metodi che sta utilizzando in Italia. Non era possibile e non è quindi giusto accusarlo di mancato successo. Quel poco che si poteva ottenere è stato ottenuto: l’introduzione, per la prima volta, dell’idea di sviluppo, l’esclusione degli investimenti produttivi dal Patto di Stabilità. Poco? Non lo so. Ma le cose in Europa vanno così, con lentezza e tra mille contrasti e ogni passo avanti è come smuovere una montagna.

Nel mondo, il fatto che la crisi ucraina non abbia degenerato in una vera guerra è di per sé un fatto positivo, segno della sostanziale prudenza con cui ci si è mossi dalle due parti. Ed è buon segno che non tutti gli europei – come è apparso evidente nell’ultimo Consiglio sotto presidenza italiana – siano disposti a lasciarsi andare all’automatismo di sanzioni punitive contro una Russia che, alla fine, è interesse di tutti recuperare ad una normale cooperazione con l’Occidente (più che le sanzioni, a far pensare Putin è venuto il crollo del prezzo del petrolio, che ha colpito duramente la sua economia). Nel Medio Oriente, le buone notizie sono pochissime, anzi nulle. La crisi va avanti, con il suo tragico corteo di sangue, anche se da un po’ di tempo il distratto sistema d’informazioni pare guardare da un’altra parte (è difficile sapere – forse la nostra Jacqueline Rastrelli lo sa e può dircelo – per esempio, che è successo delle città siriane assediate dalla jihad). Il solo fatto positivo è che gli Stati Uniti e alcuni loro alleati abbiano reagito con le armi all’assalto del terrorismo estremista e che questo sia stato, almeno così parrebbe, contenuto.

E allora lasciamoci andare alla vecchia abitudine di fare gli auguri del caso. L’Italia ne ha bisogno: auguri perché riforme e ripresa economica occupino la scena dell’anno che viene. Sarà, ahimè, un anno che vedrà il congedo volontario di un grande a caro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Preferiremmo davvero che restasse al timone. Ma se questo non è possibile, che il suo successore sia almeno una figura rispettabile e rispettata, che nasca da un consenso ampio e dia a tutti le necessarie garanzie di imparzialità e di difesa delle istituzioni.

L’Europa ha bisogno di un augurio speciale: che le buone intenzione di Juncker si realizzino, senza ritardo e senza troppi ostacoli e che il sistema sia meno burocratico, meno impersonale, più vicino alla gente e alle loro vere preoccupazioni.

Il mondo merita pace, o almeno quella forma speciale di pace che è la “non guerra”. È troppo sperare che Occidente e Russia ritrovino la via del dialogo costruttivo? Nel Medio Oriente e dovunque operi (anche in casa nostra) il terrorismo sanguinario, è troppo augurarsi che l’intera società reagisca, non solo con una facile  indignazione, ma con i mezzi preventivi e repressivi che si impongono? È troppo augurarsi che nel 2015 le nostre città, le nostre strade, le nostre case, siano un po’ più tutelate e sicure? Auguri, speranze, illusioni di circostanza? Chi lo sa! Ma senza un po’ di illusioni che sarebbe la vita?

©Futuro Europa®

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