In nome di Dio
«Ci saranno ancora dei cristiani in Medioriente nel terzo millennio?» si chiedeva nel 1994 il diplomatico francese Jean-Pierre Valognes in «Vie et mort de chrétiens d’Orient». Una domanda importante che all’epoca non ebbe forse la giusta attenzione. I cristiani in Medioriente sono sempre di meno. Nella lettera ai cristiani del Medioriente pubblicata la vigilia di Natale, il Papa lancia l’allarme per «i cristiani cacciati via in maniera brutale dalle loro terre dai terroristi». Serve – è l’appello del Papa – «una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi per condannare in modo unanime tali crimini». E dialogare con l’Islam, «religione di pace è – conclude il Santo Padre – l’antidoto migliore alla tentazione del fondamentalismo». Caro Francesco stavolta dissento; con alcuni di questi il dialogo non serve, come non serve porgere l’altra guancia.
I cristiani d’oriente sono un’esigua minoranza orfani della forza dei loro avi, incapaci di fidarsi dei connazionali musulmani e spesso schiacciati da fondamentalismi e integralismi. Anni di guerre e terrore, il montante fondamentalismo che interrompe ogni canale di dialogo e anzi trasforma le comunità cristiane come bersaglio di violenza e soprusi, discriminazioni e persecuzioni. Lo sanno i missionari cristiani. È impossibile predicare e testimoniare. E allora penso che si debba rinunciare.
Ormai la religione è diventata un’arma letale, declinata da alcuni come l’unica via per una redenzione che deve per forza avvenire attraverso sangue e sofferenza. In Siria non si hanno più notizie di padre Dall’Oglio e la guerra continua a portare morte e distruzione. La soluzione di quel conflitto come il processo di pace in Medioriente a partire dal rapporto tra Israele e Palestina sono le sfide della storia, alla quale tutti sono chiamati. Alla quale non tutti rispondono.
D’altra parte, i cattolici non sono tutti innocenti; la storia è piena di purghe e tormenti e inenarrabili sofferenze inflitte a poveri innocenti. Vogliamo parlare un momento della cara vecchia Santa Inquisizione? Non è esattamente come l’ISIS adesso? Quanto raccapriccio di fronte alle varie stragi di Boko Haram; ma nel passato fu lo stesso da parte di uomini di Chiesa più vicini a Satana che a Dio; solo che allora non c’era la tivvù. E le Crociate? Quanti morti in nome di Dio? La considerazione che mi viene, non certo natalizia, è che le religioni hanno spesso lati deboli ingigantiti dal fattore umano; la Chiesa dovrebbe limitarsi, dove le è possibile, ad aiutare i deboli, dar da mangiare ai poveri, aiutare i malati. Poi stop. Inutile il dialogo di fronte a bestie; inutile il sacrificio. Se si ha davvero Dio nel suo cuore, non si ha bisogno di andare in Chiesa o di dire le preghiere.
Basta guerre in nome delle religione. Anche perché l’appartenenza religiosa spesso viene strumentalizzata come qualche mese fa è successo in Israele; i Vescovi cattolici di Terra Santa hanno dovuto rispondere in termini inequivocabili alle proposte – avanzate in particolare dal parlamentare israeliano Yariv Levin – che puntano a introdurre discriminazioni “positive” a favore dei cristiani palestinesi cittadini d’Israele, distinguendoli dai palestinesi musulmani. Ecco, la distinzione, il catalogo, i buoni e cattivi i dietro la lavagna. Ogni occasione è buona, specie se è fatta con Dio di mezzo. Tutto questo con lo scopo forse di integrare, di amalgamare.
Ma Dio non voleva certo questo. Ed ha fatto un errore fondamentale: ha creato l’uomo a rovinare tutto.
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