Heretical Design al MARCA
Heretical Design non ha nulla a che vedere con il concetto proprio che si conferisce alla parola eretico, ma è un forte richiamo all’evoluzione dei concetti fondanti la società: il sacro, la morte, l’eros, la psiche, la poesia. Questo l’intento della mostra inaugurata lo scorso 23 dicembre al MARCA, il Museo delle Arti di Catanzaro.
Heretical Design, titolo scelto dal curatore Alberto Fiz e dall’architetto Andrea Branzi, è stata realizzata grazie alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria e dalla Amministrazione Provinciale della Calabria. Questa esposizione risulta di impatto, spiazzante e decontestualizzante e, come lo stesso autore ha affermato, non vuole essere assolutamente provocatoria, ma un mezzo per comprendere come è cambiato il rapporto tra l’uomo e gli oggetti nel tempo.
Andrea Branzi nasce come architetto, ma si interessa subito al design, tanto da essere uno dei primi in Italia a fondare nel 1982 una importate scuola post universitaria, la Domus Academy che ha formato numerosi designer. La mostra che resterà visibile sino al 29 marzo 2015, si compone di numerose creazioni dell’architetto Andrea Branzi realizzate con l’intento di far dialogare l’opera e il pubblico per raggiungere sempre nuove interpretazioni e usi.
Le opere selezionate da Alberto Fiz e dallo Studio Branzi sono in tutto 70 tra dipinti, disegni, installazioni, mobili, lampade, vasi e oggetti d’arredo datate tra il 1967 e il 2014. In tale occasione l’architetto ha presentato il suo lavoro destinato al Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro, sito all’interno del Parco delle Biodiversità. Questo è il primo caso in cui viene chiesto ad un designer un progetto installativo, si tratta di una seduta dai forti richiami orientali che si fonde perfettamente con l’ambiente circostante.
L’architetto Branzi ha portato in mostra una serie di lavori sviluppati negli anni settanta che fanno parte del periodo in cui lui era socio di Archizoom Associati, dove ha sviluppato una serie di opere sperimentali di design industriale. Ogni opera in mostra colpisce lo spettatore in modo differente, ma un opera in particolare della serie Figure, risalta forse più delle altre, tra le tante è quella in cui emerge la volontà dell’autore di imprimere il suo pensiero. Quest’opera è composta da una libreria con uno spazio definito e immutabile dove vengono riprodotti i ritratti dei poeti maledetti all’interno di nicchie che possono servire per riporre libri o oggetti, tutto ciò di cui ha bisogno il proprietario.
L’intento che l’architetto Branzi vuole comunicare è la fusione tra arte e design, una commistione che serve ad eliminare il linguaggio autoreferenziale dell’arte, quella sorta di intoccabilità che negli anni ad essa è stata conferita, mentre il design veniva concepito come una parte di arredo destinata ad un uso specifico. Nel percorso espositivo si ritrova anche una riproduzione della Carta di Atene, rivisitata da Andrea Branzi e Angela Rui che propone 10 consigli per una nuova Carta di Atene che anticipano di molti anni il rapporto che la società moderna sta vivendo oggi con gli oggetti.
Una sconvolgente interpretazione dell’epoca contemporanea e del modo in cui sono cambiate le città, che mette quasi a disaggio per la precisione della previsione che è stata fatta in quegli anni.