Solo un rattoppo al caos Province

I casi sono due: o la mente della riforma delle Province, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, è un genio incompreso, oppure – ipotesi più accreditata – con questo riordino istituzionale si è fatta solo una gran confusione. Sta di fatto che ancora non si è capito cosa si sia abolito, chi prenda le competenze di chi e con quali soldi. Le uniche certezze oggi sono i tagli ai nuovi enti nella Legge di Stabilità e le occupazioni delle sedi provinciali da parte degli ormai ex dipendenti.

Ma andiamo con ordine. La cosiddetta “Legge Delrio” (n. 56 del 7 aprile 2014 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) ridisegna le province che si trasformano in enti di secondo livello (non eletti a suffragio universale) ma che sostanzialmente non possono essere ancora del tutto trasformate fino alla definitiva riforma del Titolo V della Costituzione. I nuovi enti però, sembra abbiano le stesse competenze delegate dalle Regioni, o forse no, perché dipende dall’orientamento di ogni singola giunta regionale. Competenze che dovranno essere assolte senza il personale politico e, a quanto pare, amministrativo, con fondi sempre più limitati visti i tagli appena effettuati.

Quindi a questo punto gli ex dipendenti provinciali, dovranno essere riassorbiti da comuni, regioni ed enti pubblici. Fino a ieri però era ancora poco chiaro quale fosse il destino dei dipendenti, che nel frattempo, anche la notte di Natale, in ogni parte d’Italia, occupavano le sedi provinciali come segno di protesta per l’incertezza del loro futuro. Poi la proroga dei contratti, che lascia il tempo di risolvere il rebus riassorbimento fino al 2019, di fatto non eliminando i costi per il personale.

Come dicevamo ogni Regione, poi, deciderà se riprendersi le deleghe che fino ad oggi erano di competenza provinciale o riprendersele sempre con il dubbio di come reperire le risorse visto che a Regioni e Province è stato previsto un taglio che si aggira intorno ai quattro miliardi di euro. Insomma, pare proprio che di chiaro e sicuro ci sia ben poco. Nonostante la strenua difesa da parte del Premier dell’operato del suo braccio destro, che continua a sostenere che sia la strada giusta da percorrere, le Regioni mostrano notevoli segni di sofferenza.

Il caos legislativo creato non fa altro che mettere a rischio tutti i servizi che venivano erogati tra i quali, per fare un esempio, il riscaldamento per le scuole. Che questa riforma fosse partita con il piede sbagliato lo si era capito fin dall’inizio, ma non è stato fatto nulla per rivedere un testo che vedeva la maggior parte degli attori istituzionali contrari alle modifiche contenute. Ora che il danno è stato fatto resta solo la possibilità di correzione in fase di emanazione dei decreti attuativi e soprattutto nella velocità con cui verrà modificato il titolo V della Costituzione, sperando che si possa andare verso una maggiore sussidiarietà che permetta alle Regioni di tamponare i danni fatti dallo Stato centrale.

Nell’attesa di buone notizie, si spera che nessun servizio subisca interruzioni di sorta.

©Futuro Europa®

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