ISIS, indagine UNESCO su saccheggio reperti archeologici

Con un introito annuo stimato a 2 miliardi, l’ISIS non aspetta più i contributi di sostenitori abbienti del mondo arabo, oramai per lo più accessori, ma punta tutto sull’autofinanziamento, in cui va fortissimo. Per un guadagno totale di 6 milioni giornalieri, 3 derivano dal contrabbando di petrolio, a cui si aggiungono i rimanenti dalla vendita illecita di reperti archeologici, il saccheggio delle banche e i riscatti. L’archeologia, bistratta, saccheggiata e distrutta, è fonte sicura da destinare all’acquisto di armi e al finanziamento di azioni terroristiche.

Il Califfato, nelle regioni settentrionali dell’Iraq e orientali della Siria, ha ampliato le strategie già impiegate da Al Qaeda in Iraq, divenendo la più ricca organizzazione terroristica in attività, e soprattutto la più autosufficiente. Si affida a reti di contrabbandieri, contando sulla complicità e sulle connivenze negli apparati statuali della Turchia e dell’Iran, malgrado i governi dei 2 Paesi ufficialmente risultino essere i suoi più grandi oppositori.

Proprio attraverso la Turchia e l’Iran, oltre che attraverso la Giordania, passa un fitto traffico abusivo di reperti archeologici. Quest’area, un tempo al centro dell’antica civiltà assira, offre un capitale abbondantissimo, sebbene non certo inesauribile. All’ISIS, corpo militare, terroristico, sotto forma statale e territoriale, che lascia razzia dietro di sé, non piacciono le fonti rinnovabili. Varie stime considerano che il contrabbando archeologico sarebbe la seconda fonte di reddito dell’ISIS, dopo l’oro nero.

Tutto secondo le regole, un vero e proprio Ministero delle Finanze si occupa del controllo di un’economia che vanta l’estrazione di materie prime, l’agricoltura e il commercio; un sistema di tassazione che sconfina nell’estorsione su una popolazione di 8 milioni di persone; rapimenti e riscatti non solo di ostaggi occidentali, ma anche di ragazze yazide rivendute come schiave; e i finanziamenti occulti da parte di privati abbienti sparsi per il mondo arabo.

Terrorismo e instabilità politica, con conseguente crescita esponenziale del mercato nero, sono le piaghe che colpiscono il patrimonio di Iraq, Siria, ma anche di Libia, Yemen e Libano. Mounir Bouchenaki, consigliere speciale del direttore UNESCO, Irina Bokova, e direttore generale dell’Arab Center for World Heritage dell’UNESCO con sede a Manama, sottolinea l’allargarsi delle piazze su cui vengono venduti questi reperti trafugati illegalmente. Non più esclusivamente Svizzera e Gran Bretagna. “Oggi nei Paesi del Golfo, in particolare gli Emirati con Abu Dhabi e Dubai, esistono compratori con grosse somme di denaro che purtroppo acquistano questi beni.”

Lo scorso aprile a New York un compratore anonimo ha acquistato per 605 mila dollari un cilindro di argilla con caratteri cuneiformi incisi di 2 millenni e mezzo fa, appartenuto al sovrano babilonese Nabucodonosor, e di dubbia provenienza. La denominazione di “dubbia provenienza” nasconde ben poco. Del resto, c’è sempre qualcuno che prende la palla al balzo e, senza farsi troppi scrupoli, si arraffa grandi affari che non tornano più.

Irina Bokova, il direttore generale dell’UNESCO si è mobilitato, come rivela lo stesso Bouchenaki: “Ha istituito una task force per l’Iraq e il traffico illecito di opere. E insieme al Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, che ha più di 40 anni di esperienza, alle autorità francesi e all’INTERPOL, stiamo cercando di lavorare per stringere il cerchio e capire chi immetta sul mercato questi beni, la loro provenienza e soprattutto a quali mercati siano diretti.”

Tuttavia, non c’è ancora nessuna prova formale in grado di inchiodare i jihadisti dello Stato Islamico, tant’è che il lavoro attuale della task force consiste nell’individuare le filiere e capire dove finiscono i soldi. Non si tratta solo di oggetti di antiquariato e reperti archeologici trafugati e venduti illegalmente, ma di danni permanenti a un patrimonio identitario destinato a disgregarsi permanentemente e irrimediabilmente.

©Futuro Europa®

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