Sole a catinelle (Film, 2013)
Hanno parlato tutti un gran bene di questo film, costato otto milioni di euro, capace di incassare oltre cinquanta milioni (circa otto milioni di spettatori), fino a sostenere che “Checco Zalone è la cosa migliore che sia capitata al cinema italiano in questi tempi di crisi”. Terzo film che vede protagonista il comico pugliese, tutti scritti e diretti da Gennaro Nunziante (Bari, 1963), dopo Cado dalle nubi (2009) e Che bella giornata! (2011). Luca Pasquale Medici – in arte Checco Zalone – non consente mezze misure, si ama o si odia, ché la sua comicità è fatta di gag rozze e interpretazioni sopra le righe, ma una critica onesta deve andare oltre i pregiudizi e tentare di capire i motivi del successo.
Sole a catinelle è il film migliore interpretato da Zalone, che presta il volto a un venditore di aspirapolvere in crisi economica, padre di un figlio intelligente e in rotta con la moglie. La storia parte da una vacanza premio che il fallimentare imprenditore deve fare insieme al figlio e diventa una pellicola on the road tra Toscana (Piombino, San Galgano, Chiusdino, Parco dell’Uccellina), Molise, Liguria e Veneto. Nunziante e Zalone parlano di crisi economica, Europa Unita, fabbriche che chiudono, corruzione dilagante, mano d’opera femminile discriminata, governo Berlusconi, imprenditori privi di scrupoli e massoneria. Certo, lo fanno con grande leggerezza, tra battute di sicuro non epocali, gag stentate, momenti di vuoto assoluto e alcune patetiche canzoncine.
Il film parte bene, almeno un terzo della pellicola promette livelli di comicità alti, il nostro venditore di aspirapolvere in crisi tiene viva l’attenzione del pubblico con assoluta padronanza della scena. La regia è diligente, la fotografia molisana concede sprazzi di puro cinema, la trovata della zia tirchia ossessionata dalla bolletta dell’energia elettrica è discreta. Peccato che subito dopo la storia si perda, sfilacciandosi in una sceneggiatura piatta e incolore, che vede Zalone aiutare una ricca impresaria con un figlio in crisi di mutismo per colpa di un padre assente. Il lieto fine è stucchevole, tipico di una fiction televisiva, anticipato da una patetica canzoncina di Zalone che ci riporta ai tempi del musicarello, senza averne l’anima. Zalone torna insieme alla moglie, gli imprenditori cattivi finiscono in galera, il figlio scrive un tema che alla maestra sembra iperbolico con tutte le avventure realmente accadute.
Con tutta la buona volontà, pur comprendendo che certo cinema fa bene all’industria italiana, perché porta denaro fresco, non si arriva a capire il motivo di un successo così epocale. Concediamo a Nunziante una regia ispirata, apprezziamo la fotografia on the road – soprattutto la parte molisana – ma restiamo sconcertati dalla pochezza della sceneggiatura, da gag per niente incisive, da un umorismo trash che può far ridere soltanto gli adolescenti. Se questo è il futuro della commedia italiana, come scrivono molti critici illustri, preferiamo rifugiarci nel passato. Sole a catinelle è un film che si può vedere, fa passare novanta minuti spensierati, ma alla fine resta un senso di occasione perduta, di potenzialità inespresse travolte da una storia debole e inconsistente.
. . .
Regia: Gennaro Nunziante. Soggetto e Sceneggiatura: Gennaro Nunziante, Checco Zalone. Fotografia. Agostino Castiglioni. Montaggio: Pietro Morana. Produttore: Pietro Valsecchi. Casa di Produzione: Taodue. Scenografia: Francesco Frigeri. Costumi: Marina Roberti. Musiche: Checco Zalone. Distribuzione: Medusa. Durata: 90’. Genere: Commedia. Interpreti: Checco Zalone, Robert Dancs, Miriam Dalmazio, Aurore Erguy, Ruben Aprea, Mimmo Mignemi, Valeria Cavalli, Orsetta De Rossi, Matilde Caterina, Stefano Sabelli, Daniela Piperno, Lydia Biondi, Marco Paolini, Augusto Zucchi, Claudia Brovedani, Maurizio Lastrico, Angie Alexander, Elettra Dallimore Mallaby, Alessandro Bressanello, Gaia Padovan, Paolo Braghetto.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]