Google Art Project, il più grande museo al Mondo

Per chi non ci avesse ancora fatto un giro, Google Art Project è un’iniziativa del gruppo Google. Il progetto, iniziato con 17 musei partecipanti il primo febbraio 2011, e oggi a quota 500 collaborazioni aperte, costituisce una piattaforma unica che ha dato vita a un museo virtuale. Non si tratta di mera digitalizzazione e archiviazione, come quelle ritrovabili sui siti di singoli poli museali; l’offerta è molto più ampia, il potenziale da sviluppare è ancora tanto. Non ci si è limitati a far percorrere ai carrelli di Google Street View i corridoi e le sale.

Google Art Project, con oltre 63 mila opere d’arte, si aggiudica il primato di più grande museo al mondo. Basta un click, ovunque, a chiunque e in qualsiasi momento, affinché una raccolta online di immagini ad alta risoluzione (7 milioni di pixel) venga resa accessibile. Tra questi il Metropolitan Museum of Art e il MoMA di New York, la National Gallery e la Tate di Londra, il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il Van Gogh Museum e il Rijksmuseum di Amsterdam, e tra gli italiani i Musei Capitolini, la Galleria degli Uffizi e recentemente il MAXXI.

Queste istituzioni hanno selezionato particolari collezioni da presentare, senza infatti permettere  l’accesso egualitario a tutti i pezzi all’interno del museo. Nello stesso spirito demagogico, alcune opere sono state dotate di una maggiore qualità a livello di pixel: i gigapixel, un processo che cuce assieme immagini multiple ad alta risoluzione. Da esplorare mediante zoom potentissimi, i gigapixel permettono di andare oltre quanto visibile a un comune visitatore dal vero a occhio nudo, come dettagli minuti, screpolature della superficie del colore, la patina incorporata in diverse verniciature nel tempo, le pennellate. I gigapixel non sono per tutti, ma distribuiti in misura impari tra generi e artisti.

L’ingegnere di origine indiana Amit Sood, il direttore del Google Cultural Institute che oltre ad Art Project comprende Momenti Storici e World Wonders, ha affermato che «l’intera squadra è al lavoro per sperimentare nuovi linguaggi che incrementino l’esperienza sensoriale del pubblico durante la visita». In cima alla lista delle priorità c’è il 3D, ottimale per poter osservare sculture e installazioni. Ma si parla sempre di esperienze alterate e irreali del museo immaginario, teorizzato da André Malraux nel 1951, ripreso da Antonio M. Battro nel museo virtuale.

Nemmeno avanzatissime tecnologie, costose, pagate interamente dal colosso della Silicon Valley, e non immediate nell’elaborazione dei dati da rendere fruibili, possono porre un rimedio. Paradossalmente, il museo virtuale ha bisogno di un proprio spazio e tempo per poter essere creato e da premesse materiali, dunque, esistere. Del resto, quantomeno in calce, nessuno ha mai pensato di sostituire il museo reale con il museo immaginario.

Per attrarre nuovi pubblici ed espandere il campo di possibilità che permettano un percorso di visita personalizzato, oggigiorno sempre più apprezzato, l’interfaccia propone strumenti nuovi per la selezione e la condivisione di particolari pezzi. Creare la propria playlist, confrontare due opere, condividere e commentare sui social network, non è un’esclusiva di questo sito, ma l’archivio d’eccellenza lo è.

Sempre nuove associazioni e manipolazioni estetiche, di gusto, colore e forma, equalizza elementi, contribuisce a far perdere la specificità dell’originale (poiché si tratta pur sempre di copie), e a farne emergere una nuova, non-specifica. Diventano significativi i consigli relativi ad argomenti correlati, le scoperte personali, i pannelli informativi, le connessioni a video YouTube. Questa diffusione culturale gratuita, la cui validità è ancora discussa, non può certo soddisfare gli studiosi.

Tra le novità, c’è l’opzione Open Gallery grazie alla quale artisti e piccole istituzioni culturali possono rendere il loro lavoro disponibile al pubblico, attraverso esposizioni online. Pure gli interventi artistici urbani effettuati nelle strade di tutto il mondo fanno sicuramente parte di questa operazione artistica, che ci mostra quanto capaci e affidabili sono le tecnologie Google.

©Futuro Europa®

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