In pensione quattro mesi più tardi dal 2016

Il traguardo della pensione si allontana di 4 mesi in più. Lo prevede il Decreto Legge interministeriale dei ministeri del Lavoro e dell’Economia pubblicato a fine dicembre 2014 sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 330/2014), che recepisce l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita. La logica sottostante al provvedimento è che maggiore è la speranza di vita e, quindi, la longevità media degli italiani, più saranno gli anni da lavorare per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema al pari dello stesso numero di rate pensionistiche.

L’aumento dell’età pensionabile prende in considerazione le previsioni trimestrali dell’Istat sull’incremento della speranza di vita e, secondo quanto previsto, scatterà il primo gennaio 2016 (l’ultimo adeguamento nel 2013). In base ai nuovi criteri, serviranno quindi 4 mesi in più per andare in pensione. In particolare, per i dipendenti uomini – sia autonomi che del settore pubblico e privato – l’età richiesta per percepire la pensione di anzianità sale da 66 anni e tre mesi a 66 anni e sette mesi più un minimo di 20 di contributi.

Per quanto riguarda, invece, le donne del settore privato la soglia è stata fissata a 65 anni e 7 mesi, mentre per professioniste e lavoratrici autonome a 66 anni e 1 mesi. Per queste due categorie l’aumento sarà più pesante per effetto di un percorso di armonizzazione previsto dalla Legge originaria. Il Decreto prevede quattro mesi in più per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (sistema contributivo) e che dal 2016 potrà andare a pensione non più a 63 anni e 3 mesi ma a 63 anni e 7 mesi.

Ci sono novità anche per la pensione anticipata, ovvero quella richiedibile con meno di 62 anni d’età. Attualmente sono richiesti 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne. Tuttavia, secondo quanto stabilito dalla Legge, dal 2016 saranno necessari 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, esattamente 4 mesi in più. L’aspetto positivo è che il sistema di penalizzazioni, che prevede una decurtazione sull’assegno INPS per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 e per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni, è stato sospeso fino al 31 dicembre 2017.

Il Decreto rivede anche il sistema delle quote (età più anzianità), che vigeva per tutti prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero e che tutt’ora vale per alcune categorie di lavoratori tra cui gli esodati e i prepensionati del pubblico impiego. A questi ultimi sarà riconosciuto il diritto di andare in pensione al raggiungimento della quota 97,6 contro gli attuali 97,3 (+0,3). In caso di provvedimento ad hoc, l’adeguamento dello 0,30 potrebbe interessare anche i dipendenti della scuola che avevano raggiunto i requisiti pre-Fornero entro il 2012 (i cosiddetti quota 96).

L’aumento dell’età pensionabile non si fermerà nel 2016. Secondo infatti le tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato al momento della riforma Fornero e confermate dall’ultimo Decreto Legge, l’età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a raggiungere la soglia dei 70 anni nel 2050, anno in cui gli anni di contributi necessari per accedere alla pensione anticipata saranno arrivati a 46 anni e 3 mesi.

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