Il cuore dell’Europa

Domenica scorsa, il cuore dell’Europa ha battuto a Parigi e nel resto della Francia. Folle enormi hanno sfilato in tutto il Paese gridando il loro rigetto del terrorismo omicida. Il gran numero di Capi di Stato e di Governo che hanno sfilato in testa ai manifestanti, ha dato il segno tangibile di una solidarietà che, non di forma o di facciata,  è una presa di coscienza collettiva del pericolo. Era ora! Per troppo tempo l’Europa ha aperto le sue frontiere a tutti, senza curarsi del loro grado di compatibilità con il nostro modo di vivere, in nome di un miscuglio di ragioni: l’accecamento ideologico di una certa sinistra terzomondista, la posizione della Chiesa, ma anche gli interessi di un’economia che, nelle sue fasi espansive, necessitava di braccia da lavoro a basso costo. Il male è fatto: milioni di persone sono ormai tra noi e non siamo neppure in grado di garantire a tutti loro lavoro e vita degna.

Ma il problema non nasce, come il pietismo di alcuni vorrebbe far credere, da un’esclusione economica e sociale, e neppure uno scontro tra religioni. Il problema è il fanatismo intollerante che porta anche chi non ha problemi economici a odiare lo stile di vita dell’Occidente. La minaccia perciò ci  riguarda tutti, perché si rivolge contro i nostri valori comuni: tolleranza, libertà religiosa, libertà d’opinione e di espressione, democrazia rappresentativa, parità di diritti senza distinzione di sesso, credo o colore della pelle. Valori che dovrebbero essere più forti delle minacce terroristiche. Lo sono davvero? Non basta una giornata di mobilitazione ad affermarlo, se non è seguita dall’adozione di misure appropriate a fronteggiare la minaccia.

Circola in questi giorni nella rete una lettera di un francese al Presidente Hollande, che costituisce un durissimo atto d’accusa per la politica dei governi socialisti che avrebbero sistematicamente ignorato il pericolo in nome dei falsi ideali, ma anche dei concreti interessi politici, della “gauche”. In verità, gli esempi di negazione, lassismo e persino di compiacenza di fronte alla minaccia islamista non mancano (anche da noi: basti pensare all’insensatezza delle reti sociali, ma anche alla dissennata campagna per la cittadinanza automatica). Se la sinistra ha capito gli sbagli commessi, tanto meglio: non è mai troppo tardi per vedere la luce. Vi è solo da sperare che la resipiscenza sia effettiva e porti a misure serie ed efficaci. Altrimenti il gioco finirà inevitabilmente nelle mani di quell’estremismo stile Fronte Nazionale o Lega, che potrebbe farsi difensore interessato di valori di cui costituisce in realtà la negazione, e dichiarerebbe una guerra santa al rovescio contro l’intero Islam e l’intera massa di immigrati. Un estremismo che, con il pretesto della difesa dell’identità e della sicurezza nazionali, ci porterebbe ad un chiuso isolazionismo innanzitutto antieuropeo e chissà a quali disastri in avvenire.

La risposta alla minaccia non può essere questa. Le misure da adottare sono altre. Innanzitutto va riconosciuto che il monitoraggio degli elementi pericolosi non è sufficiente. In una società libera, le maglie sono sempre troppo larghe. Occorre passare a misure attive: arresto cautelare o espulsione. Una società ha il diritto di difendersi anche adottando misure preventive, quando la pericolosità di un soggetto è certa. Gli autori del massacro di Parigi erano noti alla Polizia, avevano già subito condanne penali, ma erano stati lasciati in libertà. Perché non sono stati messi in condizione di non nuocere? Pensiamoci anche in Italia. Pur se questo richiede norme nuove o aggiornate, le Autorità dovrebbero essere in grado di togliere dalla circolazione gli elementi pericolosi prima che possano esercitare la loro violenza omicida. C’è, ad esempio, il problema dei giovani europei (anche italiani) che vanno a combattere per la jihad e ritornano addestrati a uccidere e carichi di odio verso la civiltà che li ha nutriti. Oggi mancano norme adatte ad impedire loro di nuocere. Vanno rapidamente introdotte. E vanno rafforzate le norme contro il reclutamento di guerriglieri e contro l’incitazione all’odio e alla violenza. Chi se ne rende colpevole va immediatamente punito, come minimo con l’espulsione. Questo, ovviamente, non basta: occorre finalmente una politica attenta e limitativa in materia d’immigrazione su scala europea e – sì, anche se costa accettarlo – occorre il ritorno a una più stretta sorveglianze delle frontiere dell’Europa, tanto esterne quanto interne: può darsi che ciò implichi una revisione delle regole di Schengen, come ora chiedono Francia e Spagna. È un costo sgradevole da pagare, ma siamo in un guerra.

E togliamoci dalla testa ogni illusione di compromesso, di intesa sottobanco, di “dialogo”.  Con chi manda alla morte una bimba innocente di dieci anni facendola saltare su una bomba per compiere uno scellerato attentato, con chi massacra gli scolari di Peshawar, con chi decapita e tortura, non si dialoga. Lo si combatte. Un dialogo invece occorre con la gran maggioranza dei musulmani che vogliono vivere in pace. Devono apertamente riconoscere e accettare le nostre leggi e i nostri valori e impegnarsi a rispettarli. Altrimenti (Putin dixit) meglio che vadano altrove. Sul terrorismo non sono consentite ambiguità. Ammiro Abu Mazen, Capo dell’Autorità palestinese e il Re di Giordania, che hanno avuto il coraggio di sfilare a Parigi, e tutti quei leader musulmani che hanno condannato la violenza omicida, ma le prese di distanza verbali non bastano. Se considerano i terroristi come dei nemici devono isolarli, denunciarli e combatterli assieme a noi. Solo cosí riscatteranno l’onore di una grande Religione – che il fanatismo omicida offende – e di una nobile civiltà (chi può non ammirarla, se solo ha visto l’Alhambra di Granada o letto i poeti e i filosofi arabi del Medio Evo?).

E c’è  il problema della “testa” del terrorismo: i criminali di Parigi si sono richiamati allo Stato Islamico ed è certo che per tanti sciagurati  esso costituisce una permanente e pericolosa fonte di ispirazione, soldi, armi, addestramento. Non si tratta di  un’entità sfuggente come  Al-Qaeda, ma di un organismo che opera alla luce del sole, in una zona ben individuata del mondo. Dopo un primo soprassalto di attività, l’Occidente pare essersi dimenticato di quella guerra scomoda, lasciando agli Stati Uniti e a un pugno di volenterosi alleati il compito di combatterla. È un errore che potremmo pagare caro.

Europa, risvegliati! – viene voglia di gridare – Il tuo grande cuore, che è tornato a battere a Parigi, ti permetta, come altre volte nella tua Storia, di ritrovare, con le tue radici, la forza e l’orgoglio della tua splendida civiltà!

©Futuro Europa®

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