A proposito di Presidenzialismo
Sono almeno vent’anni che assistiamo in Italia ad una personalizzazione del dibattito politico; vale a dire ad una tendenza da parte dell’elettore a votare sulla base del giudizio che egli possiede verso uomini (e leader soprattutto) dei vari partiti, piuttosto che in funzione dei valori e dei programmi dei partiti stessi. Una tendenza che esiste da sempre, come da sempre è esistito chi votava la DC per Moro o il PCI per Berlinguer o il PSI per Craxi più che per adesione alle diverse tradizioni partitiche, ma che con la de-ideologizzazione seguita sia al crollo dell’URSS e alla fase chiamata “Mani Pulite” è diventata ora decisamente importante.
La strategia anche comunicativa della maggior parte dei partiti si è evoluta di conseguenza: ad esempio tentando di far emergere un leader o comunque un solo portavoce per ogni partito; strategia che non solo viene scelta, ma anche imposta da un elettorato che si è abituato a pensare in questi termini penalizzando gli attori politici che fanno scelte differenti. Si nota che attori che hanno avuto un rapido successo (anche effimero in certi casi) hanno molto puntato su questa tendenza (ad esempio pensiamo al Movimento 5 Stelle o, finché esisteva, all’Italia dei Valori), altri hanno preferito attendere fino a che è stato possibile, ma obtorto collo, hanno preso questa strada, come il PD con lo stile comunicativo che ha scelto Renzi.
Tuttavia, non vorremmo soffermarci tanto sulle conseguenze politiche, pur interessanti, ma piuttosto approfittare di questi dati che abbiamo mostrato per toccare un piano più istituzionale e riaprire il dibattito sull’attualità o meno del Presidenzialismo per il nostro Paese. Il parlamentarismo scelto dai nostri Padri Costituenti quasi settant’anni fa aveva altre premesse, altri scopi ed andava ad inserire il sistema politico italiano su una differente società. Sembra evidente che oggi l’elettorato è completamente differente, sia come attitudini, sia come modo di approcciarsi alla politica.
La naturale conseguenza istituzionale di un elettore de-ideologizzato, abituato a giudicare la persona, il candidato prima che le idee, un panorama politico ove le differenze programmatiche si sono di molto ridotte e, non per ultimo, un mondo che si muove con tempi infinitamente più veloci dei tempi della politica è l’adozione di un Presidenzialismo in una delle sue infinite varianti; fermo restando chiaramente la possibilità per il corpo elettorale di votare direttamente quello che sarà il Capo del Governo. Sarebbe non solo una forma di governo più adatta alle sfide che oggi la politica si trova ad affrontare; e lo possiamo notare sia verificando quanti sono i paesi occidentali che hanno fatto scelte in questa direzione, sia vedendo quanto il sistema politico italiano abbia dovuto negli ultimi anni snaturarsi per venire incontro a queste nuove sfide: pensiamo al grande ricorso ai governi tecnici o al pesante intervento che alcuni Presidenti della Repubblica hanno dovuto avere per poter mantenere una certa continuità dell’azione di Governo in momenti di crisi.
Probabilmente ci troveremmo anche a poter affrontare meglio un problema che recentemente a causa della disaffezione degli italiani alla politica, all’impossibilità di riconoscersi in un sistema che non si comprende, comincia a caratterizzare anche il nostro mondo politico e ci riferiamo al fenomeno del non-voto. Un elettorato smobilitato, disorientato potrebbe trovare in un uomo, in un leader, le motivazioni al voto che un partito non è in grado di fornire.
E’ il Presidenzialismo la soluzione a tutti i problemi sollevati fino ad ora? Probabilmente no, ma ricominciare a parlarne potrebbe essere il primo passo per capire quale possa esserlo davvero.