Provaci ancora Barack

Obama ha rotto le uova nel paniere a un sacco di gente quando, il 17 dicembre scorso, ha annunciato il “disgelo” nei rapporti tra Cuba e Usa. Le uova che hanno subito più danni appartengono sicuramente ai gruppi anticastristi di Miami, quelli che per farvi capire meglio combattono Castro da tempo e passano i giorni fumando costosi sigari, giocando a domino e facendo piani strategici su non si sa bene cosa. Un “grave errore”, questa la valutazione dei gruppi anti-castristi alla storica svolta dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba annunciata da Barack Obama e Raul Castro. Parere non molto diverso da quello della nota blogger Yoani Sanchez, voce chiave della dissidenza, che ha così commentato: “il castrismo ha vinto”.

Vorrei sottolineare che, al di là di queste roboanti dichiarazioni, un piccolo parametro si è perso di vista, oscurato dagli ego giganteschi di questa gente: se e quando l’embargo sarà tolto, sarà sicuramente il popolo il primo a beneficiarne. Saranno loro, le persone, che avranno la possibilità di migliorare la loro vita. Chissenefrega se questo è opera di Pinco o di Pallo. È il risultato che sarà importante. Poi ripeto, chissenefrega bis se Castro ha vinto. Certo è che la signora blogger rischia di perdere una buona fonte di reddito, perché ormai il suo generation Y rischia di diventare una roba stantia, infarcita di frasi comuni e pregiudizi. È il progresso baby, direbbe qualcuno.

Comunque gli americani vanno veloci: due giorni fa sono iniziati i colloqui ad alto livello fra Stati Uniti e Cuba : Roberta Jackson, capo della diplomazia per l’America latina, è a capo della delegazione statunitense che all’Avana discuterà di migrazione e di normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi dopo più di cinquant’anni. L’ultimo incontro per parlare di migrazione risale al luglio del 2014 a Washington. I cubani sono ottimisti e sperano che il mercato si allarghi e aumenti l’importazione di generi alimentari;  insomma non un cauto ottimismo ma proprio una gioia immensa.

Purtroppo però il cammino verso la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi è pieno di buche; subito dopo il discorso con cui Obama ha fatto sapere al mondo che era caduto il muro tra Washington e l’Avana, ci sono state le prime dichiarazioni di esponenti del Partito Repubblicano. Le più significative sono state quelle di Marco Rubio, senatore della Florida, possibile candidato alla Casa Bianca nel 2016 e figlio di anticastristi scappati dall’isola e approdati a Miami. Quello di Rubio è un No su tutta la linea. E la promessa di un completo boicottaggio delle mosse della Casa Bianca. Noi poveri cittadini semplici, esclusi dalle stanze dei bottoni, ci siamo chiesti il perché. Ma perché bisogna combattere Castro fino alla fine, perché l’apertura è sbagliata, perché perché perché? La risposta è banale. Castro, il nemico, è ancora al potere e con Cuba si potranno avere normali relazioni solo quando sarà caduto. Questo il motivo. E fino a che queste marmoree convinzioni resteranno, la possibilità che il processo rallenti è più che possibile.

E lui, la persona, il cubano che ha bisogno di medicine, di pezzi di ricambio, di cose o oggetti che sono nella vita comune di tutti noi ma non nella sua, dovrà a sua insaputa aspettare che tutti i portatori sani di verità, quelli che “io ho ragione” sbattano il grugno contro il vento del cambiamento, che inizia come un venticello e che, spero, diventerà un potente uragano.

©Futuro Europa®

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