Mercato fondiario, cala il prezzo della terra
In Italia il prezzo della terra sta calando, nel 2013 i valori fondiari hanno visto una diminuzione media delle quotazioni dello 0,4% con punte dell’1% per il nord-est. Ma, se si considera l’inflazione, il calo è ancora più netto con un -1,6%, confermando un andamento negativo che ormai prosegue dal 2005. Calo drastico anche nel numero delle compravendite dei terreni diminuito del 42%, dato del 2012, rispetto ai valori massimi raggiunti nel 2004, con riduzioni minori per il settentrione con un -35%, rispetto alle regioni meridionali dove gli scambi si sono dimezzati.
Dunque il valore della terra si attesta poco al di sopra dei 20.000 euro ad ettaro, con differenze a seconda del territorio e del tipo di coltura. Si va, infatti, dai 5.700 euro per acquistare un terreno montano in Sicilia e Sardegna, agli 84.300 euro necessari per comprare un ettaro di campagna nelle zone litoranee del nord-ovest. Oltre alla localizzazione geografica, a determinare i valori sono principalmente la presenza di produzioni di qualità, specie dove la domanda della terra non trova un’offerta sufficiente, come nel caso di alcuni vigneti valutati oltre i 100-200.000 euro ad ettaro.
Più in generale, a determinare il calo delle quotazioni sono diversi fattori, dalla difficoltà di accesso al credito che frena le imprese che pure vorrebbero aumentare la dimensione delle proprie aziende, al perdurare della congiuntura economica negativa. La domanda risulta superiore all’offerta nelle regioni di nord-ovest, con rinnovi di breve periodo, oltre che con l’inserimento di clausole contrattuali che consentono la risoluzione anticipata dei contratti stessi. Stessa tendenza nelle regioni di nord-est, anche se si segnala un leggero calo della domanda, comunque sempre sostenuta nel caso di aziende zootecniche in cerca di terreni per la concimazione naturale ed il lavoro dei contoterzisti. Anche nelle regioni del centro si conferma la tendenza verso contrattazioni di breve periodo per i rinnovi, con contratti stagionali e annuali, al fine di conservare il diritto di accedere ai propri terreni.
Infine, nel meridione, e in particolare nelle zone più marginali dell’entroterra, la fuoriuscita dal settore delle piccole aziende e il mancato ricambio generazionale hanno portato ad una sostanziale stagnazione del mercato dell’affitto. Diversa la situazione per le zone litoranee, dove la domanda di terreni in affitto è considerevole in particolare per destinazioni verso forme di agricoltura più intensiva. In generale in tutte le regioni del mezzogiorno si segnala un aumento della regolarizzazione dei contratti e una significativa diminuzione degli accordi verbali.
Esiste in Italia un mercato fondiario abbastanza diversificato, dovuto alla conformazione territoriale della nostra Penisola, però ciò che non sembra avere una variazione in positivo è il prezzo dei terreni agricoli che da diversi anni continua a diminuire.