Biodiversità e prodotti tipici, Italia in crisi

La biodiversità non è una fissazione degli ambientalisti, ma il conto in banca della Vita sulla Terra.  La riserva aurea custodita nei magazzini della genetica è fondamentale per superare momenti di crisi come il cambiamento climatico che stiamo vivendo. Ed è strategica per continuare a garantire all’uomo il cibo di cui ha bisogno per vivere. Quindi è fondamentale non solo in natura, ma anche in agricoltura. Ma da una ricerca di Coldiretti viene fuori che dal 2008 ad oggi l’Italia ha perso oltre due milioni di mucche, maiali, pecore e capre. Il crollo del numero di capi allevati  rischia di compromettere la straordinaria biodiversità custodita dagli allevamenti italiani: sono in pratica minacciate di estinzione ben 130 razze allevate, tra le quali 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini.

Un problema serio, se si pensa che l’Italia è considerata una banca della biodiversità per gli allevatori ed i coltivatori di tutto il mondo, grazie al gran numero di specie animali e vegetali presenti nel Bel Paese. Perché il mondo stesso è in crisi, per la drastica riduzione della biodiversità: la FAO stima che il 75% delle varietà delle specie vegetali ed animali utilizzate per l’alimentazione umana siano andate perdute, e che i tre quarti dell’alimentazione mondiale dipendano ormai soltanto da 12 specie vegetali e cinque animali. L’Italia ha realizzato nei millenni la sua riserva aurea di biodiversità grazie alla varietà di ambienti, climi e tradizioni, che hanno differenziato le specie ed il cibo da esse ricavato. Ed è stata proprio la differenziazione degli alimenti e dei cibi, ovvero la creazione di quelli che oggi chiamiamo ‘prodotti tipici’, a custodire la biodiversità di cui si riforniva. Perché il Parmigiano, si sa, è stato creato grazie alle proprietà del latte delle vacche rosse della Val Padana; ed ora qualcuno sta ricominciando a produrlo così. Ed il Pecorino Romano si produceva col latte delle pecore di razza Sopravvissana allevate nell’Agro Romano e lavorato sul posto, ora nella grande maggioranza dei casi soppiantato dal latte di altre razze allevate altrove e altrove lavorato, basta leggere le etichette: motivo per il quale, tranne rari casi, il Pecorino Romano non ha più il sapore che dovrebbe avere, quello del pecorino romano. Diversamente è andata ad altri prodotti tipici, protetti, tutelati, difesi con le unghie e coi denti da allevatori e produttori. E’ grazie a questa caparbietà che oggi è ancora possibile gustare, ad esempio, la vera bistecca Fiorentina, quella ottenuta da bovini di razza Chianina, allevati per di più in Val di Chiana e nei dintorni: una razza conservata fin dai tempi di Roma antica e rimasta oggi a monumentale tutela, con i suoi capi che vantano il primato di statura fra le razze bovine allevate, delle proprie caratteristiche genetiche e del prodotto tipico che ne viene ricavata. Per non parlare dei vini e di altri prodotti nei quali tutta la filiera è tutelata. A tutto vantaggio, tra l’altro, della biodiversità.

Il problema della riduzione della biodiversità nelle produzioni agroalimentari non è solo nostro, è mondiale, abbiamo detto. Sempre secondo la FAO, su circa 30.000 specie commestibili presenti in natura, le colture alimentari che soddisfano il 95% del fabbisogno energetico mondiale sono appena 30. Tra queste, frumento, riso e mais forniscono più del 60% delle calorie che consumiamo. Per quanto riguarda le specie vegetali, il 20% delle razze censite nei 169 paesi oggetto dello studio è da considerarsi a rischio di estinzione. Il 60% circa di queste è costituito da mammiferi e la rimanente parte da specie avicole. Tutte queste specie, animali e vegetali, hanno garantito la sopravvivenza dell’uomo a climi ed in condizioni diversissime grazie alla loro differenziazione. Se si riduce la varietà genetica, si riduce anche la possibilità per l’uomo di procurarsi cibo in ogni condizione ambientale e climatica.  Fa bene allora Slow Food, che da decenni combatte per il diritto al cibo nel mondo seguendo una strategia che la recente crisi ha dimostrato straordinariamente indovinata, a dire che la battaglia per salvare la biodiversità non è una battaglia qualsiasi, ma è la battaglia per salvare il futuro del Pianeta. Slow Food ha accolto con favore la “Nuova Strategia Europea per la biodiversità fino al 2020” e soprattutto la volontà dell’Unione europea di mettere in atto una politica di interventi mirati a rallentare, fino ad interrompere, il processo di perdita della biodiversità in Europa. Va a finire che ancora una volta le buone idee al mondo le diamo noi. Anche se in casa nostra facciamo diversamente.

©Futuro Europa®

 [NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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