Italia delle Regioni

Sulla Riforma del Titolo V della Costituzione, la creazione di macroregioni con accorpamento delle attuali in 7 o 5  ed il superamento del bicameralismo  è stata ribadita la posizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, con le dichiarazioni del presidente, Sergio Chiamparino che, sul tema, ha espresso l’esigenza di tenere  presto un incontro con il premier Renzi e con il Governo. “Si sta cambiando il Titolo V della Costituzione e superando il bicameralismo: crediamo sia importante non perdere questo treno ad alta velocità. E’ il momento di affrontare il tema del ruolo delle Regioni anche mettendo in campo strumenti, che già esistono come l’art.132, di autoriforma. Noi vogliamo prendere il treno ad alta velocità sulle riforme, vogliamo partecipare.  Come Regioni vogliamo sapere quale sarà il nostro ruolo nel nuovo assetto costituzionale”.

Nei  mesi scorsi alcuni parlamentari romani del Pd, in particolare il deputato Roberto Morassut e il senatore Raffaele Ranucci, hanno presentato un disegno di legge che, trasformando Roma in una sorta di Città-Regione con un unico livello amministrativo a governarla, ridisegna l’intero sistema delle Regioni portandole da 20 a 12. Proposte analoghe sono state presentate da parlamentari di Forza Italia come Paolo Russo (5 o 7 macroregioni), l’ex ministro Maria Stella Gelmini e il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. Per costoro il numero delle Macroregioni potrebbe scendere a cinque anche se è tutto da analizzare il nodo delle Regioni a statuto speciale fra le quali spicca il caso Alto Adige sul quale vige anche un’intesa con l’Austria.

Dunque la legge di riforma della Costituzione, quella che abolisce il bicameralismo e il Cnel e riduce i poteri delle Regioni fissate nel titolo V, potrebbe prevedere anche un accorpamento delle Regioni riducendone il numero da 20 fino a 5. Per ora si tratta di una semplice ipotesi di lavoro ma, in questi giorni si stanno moltiplicando i contatti informali a livello politico e di consiglieri di vario livello. L’obiettivo è ormai chiaro: la riforma della Costituzione (che per diventare legge ha bisogno di quattro passaggi parlamentari) è  entrata nel vivo della discussione nell’aula della Camera e ora si tratta per trovare un accordo fra i partiti e i presidenti delle Regioni per inserire nel testo alcune modifiche agli articoli 131 e 132 che stabiliscono il numero delle Regioni e le loro missioni principali.

Come non è mai successo prima, a sollecitare l’accorpamento attraverso un procedimento di autoriforma sono proprio molti presidenti di Regione. Alla tesi sostenuta da sempre dal presidente della Campania, Stefano Caldoro di Forza Italia si sono recentemente uniti il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, e soprattutto quello del Piemonte, Sergio Chiamparino, anche in qualità di presidente della Conferenza delle Regioni.

Sia Chiamparino che Zingaretti hanno pubblicamente sostenuto tesi dirompenti. Primo: le Regioni così come sono non funzionano più e rischiano di rimanere schiacciate sotto una montagna di debiti. Secondo: fin da subito le Regioni potrebbero decidere autonomamente di svolgere assieme alcune funzioni per risparmiare denaro pubblico ma anche per rendere più efficienti i loro servizi. Tesi che a livello politico stanno trovando un terreno fertile soprattutto nel Pd ma anche nella Lega da sempre favorevole alle Macroregioni e che negli ultimi mesi è impegnata in un processo di trasformazione in partito di livello nazionale. L’idea di fondo, ha spiegato Chiamparino, è di ragionare su una proposta di riordino dell’assetto delle Regioni: “dopo 44 anni, una revisione si impone. Io sono favorevole ad avviare un processo di aggregazione, in modo non illuministico, su compiti e materie che possano essere messe in comune”.

L’incontro con l’esecutivo dovrà aver però un tema di partenza:  gli effetti della legge di stabilità. Argomento che le Regioni non considerano separato  dal ragionamento più generale su possibili percorsi riformatori. Rispetto alla gestione e alle conseguenze della manovra, ha spiegato Chiamparino, “chiediamo un incontro con il governo perché senza un chiarimento non possiamo fare delle proposte”, e le proposte potrebbero essere più di una, “per arrivare ad un’intesa”. “Abbiamo  affrontato il tema dei tagli di 4 miliardi, che in realtà sono di 5 miliardi e 670 milioni, se consideriamo anche le misure che venivano dalle precedenti leggi di stabilità. Abbiamo discusso  di alcune ipotesi, con l’obiettivo di arrivare ad un’intesa tra le regioni, che ritengo possibile”. Sono però necessari “ulteriori approfondimenti con il governo che abbiamo deciso di chiedere al premier”. E fra l’altro serve anche “una precisazione normativa sul cosiddetto patto verticale, che essendo del valore di 1 miliardo può essere fondamentale ai fini della ripartizione”.

Il Presidente della Regione Campania e Vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Caldoro, è apparso soddisfatto per il fatto che il tema dell’autoriforma delle Regioni sia stato affrontato anche dal presidente  Chiamparino: “c’è una chiara volontà delle Regioni di essere protagoniste del processo di riforma che le riguarda e che non può essere gestito dall’alto, come architetti”. “Credo sia un passo avanti parlare di autoriforma delle Regioni prevista anche dall’articolo 132 – ha aggiunto Caldoro – è un processo che va avviato dal basso, utilizzando quell’articolo che prevede appunto poteri sostituitivi. Noi siamo pronti”.

Quanto alle legge di stabilità, Caldoro ha detto di essere  “molto preoccupati per il Sud, quando si incide sul Fondo per le Aree Sottoutilizzate e sul Fondo per lo Sviluppo e la Coesione . Questa manovra inciderà  prevalentemente sul fondo di sviluppo e coesione. Considerato che ormai un tesoretto, un  unicum, che qualcuno ormai lo definisce una sorta di bancomat – ha  aggiunto Caldoro – se si taglia, come si taglierà, si taglia l’80% al  Sud. E questo è un altro elemento di preoccupazione legato alle  politiche di un governo poco attento ai problemi del Sud e delle sue  difficoltà.”

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