Mi rifaccio vivo (Film, 2013)
Sergio Rubini conferma grande versatilità scrivendo e sceneggiando una commedia fantastica, surreale e a tratti grottesca, che cita il cinema nordamericano e al tempo stesso raccoglie l’eredità della commedia all’italiana. Umberto Marino – ottimo autore di teatro – scrive il soggetto con la collaborazione di Carla Cavalluzzi e del regista, con cui collabora sin dai tempi de La stazione (1990), brillante esordio girato in interni secondo il principio dell’unità di spazio, tempo e luogo.
In sintesi la trama di Mi rifaccio vivo. Biagio Bianchetti (Lillo) invidia Ottone Di Valerio (Marcorè) sin dai tempi del liceo, perché lo batte in tutto. Da adulti le cose non cambiano: diventano entrambi imprenditori, ma una spregiudicata azione del rivale riduce Biagio sul lastrico. Bianchetti decide di suicidarsi gettandosi in un lago e da questo momento comincia la parte da commedia fantastica. Un angelo – barbone (Rubini) fa capire a Biagio che una buona azione compiuta in vita gli consente di tornare sulla terra per una settimana. Biagio accetta di reincarnarsi nella figura di Dennis Rufino (Solfrizzi), un manager che ha preso in mano l’azienda del rivale, con il solo scopo di distruggere economicamente Ottone. Le cose non andranno così, perché Biagio scoprirà un Ottone meno invulnerabile di quel che credeva, in crisi tra moglie (Buy) e amante (Cervi), in perenne stato ansioso-depressivo.
Commedia degli equivoci che si dipana tra momenti di pochade e farsa surreale, ma anche intrisa di puro cinema fantastico. Notevole la trovata dello specchio che riflette la vera identità dell’anima di Biagio, mentre il corpo assume le fattezze di Dennis Rufino. Finale imprevedibile, ricco di colpi di scena, che non anticipiamo, per non far perdere il gusto della visione di una pellicola comica – una tantum – originale e cinematografica. Rubini gira con destrezza e fotografa una Roma luminosa ricorrendo a piani sequenza e panoramiche. Tra le scene più suggestive il balletto finale di Lillo sul pontile del lago, camera fissa che allarga lo spazio visivo a riprendere l’attore e il panorama lacustre. Si ride molto, tra scambi di coppie, doppi sensi, giochi di parole, maldestri tentativi che non vanno a buon fine e un aldilà surreale composto di angeli malandrini.
Gli attori sono bravi, da Neri Marcorè a Lillo, passando per Rubini e Solfrizzi, senza dimenticare Gianmarco Tognazzi nei panni di un subdolo avvocato siciliano. Bene anche Buy e Incontrada, che a tratti lasciano il campo alla bella Cervi, amante psicologa con problemi di identità. Sergio Rubini è un regista pieno d’inventiva, cita Il paradiso può attendere (1978) di Warren Beatty e Buck Henry, ma prende una strada tutta sua, originale e insolita. A tratti si notano sentori di lavori italiani del passato come La casa stregata, Bollenti spiriti, Da grande…, commedie surreali dal taglio fantastico. Grottesco e poco televisivo. Una vera commedia all’italiana, scritta e sceneggiata per il grande schermo.
. . .
Regia: Sergio Rubini. Soggetto e Sceneggiatura: Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi, Umberto Marino. Fotografia: Fabio Cianchetti. Montaggio: Angelo Nicolini. Scenografia: Roberto De Angelis. Costumi: Patrizia Chericoni. Musiche: Paolo Buonvino. Produttore: Domenico Procacci. Produttore Esecutivo: Laura Procacci. Case di Produzione: Fandango, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Durata: 105’. Genere. Commedia. Interpreti: Emilio Solfrizzi (Dennis Ruffino), Neri Marcorè (Ottone Di Valerio), Lillo (Pasquale Petrolo) (Biagio Bianchetti), Vanessa Incontrada (sandra, moglie di Biagio), Sergio Rubini (barbone/angelo), Margherita Buy (Virginia, moglie di Ottone), Bob Messini (direttore), Gianmarco Tognazzi (avvocato Mnacuso), Valentina Cervi (Amanda, la psicologa amante di Ottone), Enzo Iacchetti (tassista), Elisabetta Pellini.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]