Una buona scelta

Si discute, si litiga, si fanno speculazioni e dietrologie ma, alla fine, quello che conta è il risultato. La giornata di ieri è stata, per l’Italia e per la democrazia, una buona giornata. La quarta votazione è bastata e l’eletto ha raccolto un numero di voti molto vicino ai due terzi. Non si è ripetuta la vergogna dell’elezione precedente, nessun tradimento è stato perpetrato nel segreto dell’urna.

Sergio Mattarella è il dodicesimo Presidente della Repubblica. Ancora una volta lo “spirito santo laico” ha portato a quella che è, sotto ogni aspetto, una buona scelta. Il neo-Presidente è personalità di assoluta integrità morale e politica, con un passato specchiato e, come si è detto, “la schiena dritta”. Lo ricordo da una ormai lontana visita a Buenos Aires come Ministro della Difesa. È un conoscitore profondo e un difensore della Costituzione, un credente nella centralità del Parlamento. Mi colpirono la sua serietà, il suo riserbo, ma anche la sua estrema attenzione ai problemi concreti (insieme ne risolvemmo uno che turbava molto gli argentini). Che Presidente sarà? Questo dipenderà in parte dalle circostanze (sono esse che hanno fatto di Scalfaro e Napolitano due Capi dello Stato “interventisti”). Se le istituzioni – cioè la classe politica – funzioneranno regolarmente, sarà un Presidente rispettoso delle prerogative altrui. Ma non sarà un semplice notaio, una figura assente. Il suo estremo rigore intellettuale lo porterà a esercitare fino in fondo le sue prerogative di controllo e di garanzia. Lasciamo stare i soliti, insopportabili gracidii di 5Stelle e Lega: nessuna forza politica, nessuna minoranza, potrà mai accusarlo di parzialità.

E in effetti, attorno al nome di Mattarella c’è un largo rispetto. Anche chi ha votato scheda bianca (non quindi, in modo apertamente opposto) ne riconosce le qualità: si discute il modo e dal suo punto di vista ha ragione. Ma Renzi non poteva seguire altra strada: la sua priorità era tenere unito il PD, perché ogni altra alternativa sarebbe stata disastrosa per il Governo e per il Paese. Se avesse privilegiato l’intesa con Berlusconi (che avrebbe preferito Amato, ma aveva compiuto l’incomprensibile errore di bruciarlo dicendolo pubblicamente e fuori tempo) avrebbe scatenato i “franchi tiratori” che affondarono Marini e Prodi e saremmo ora in piena crisi politica. Ha saputo evitarlo, ma ha fatto bene a orientarsi su un nome che non ha niente a che fare con il vecchio PC o con la sinistra radicale, un nome che viene dalla Prima Repubblica e dalla DC, ma che di ambedue rappresenta la parte migliore (è comprensibile la soddisfazione dei vecchi democristiani  come la Bindi che vedono in qualche modo rivendicata una tradizione politica troppo spesso spregiata).  Berlusconi, comunque, è stato coerente con sé stesso. È chiaro che Mattarella, che si dimise dal Governo Andreotti in dissenso con la Legge Mammì che beneficiava MEDIASET, non poteva andare giù al Cavaliere. Non gli darei però il voto negativo che alcuni gli attribuiscono anche all’interno di Forza Italia. Che altro poteva fare?

Un voto positivo meritano comunque Alfano e l’Area Popolare: allineandosi ai Popolari per l’Italia (che avevano dichiarato il loro voto a Mattarella già dopo la terza votazione di venerdì), alla fine hanno fatto prevalere il buon senso, il rispetto per il nome prescelto e, in definitiva, l’interesse del Paese, a considerazioni di piccolo cabotaggio.

Che accadrà ora? È prevedibile che il malumore in seno alla maggioranza di Governo si attenui, perché nessuno può prendersi la responsabilità di far saltare tutto in una fase in cui si profilano piccoli ma chiari segni di ripresa. E le riforme? Costa pensare che FI lasci un tavolo nel quale è protagonista e volti le spalle a un percorso che interessa l’Italia e il suo futuro. Se lo facesse, sarebbe un capriccio imperdonabile.

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