L’Avanguardia russa a Torino
Fino al 15 febbraio, presso il centralissimo Palazzo Chiablese di Torino, all’interno del recentemente inaugurato circuito del Polo Reale, in esclusiva italiana, Avanguardia Russa. Da Malevič a Rodčenko. Capolavori dalla Collezione Costakis. Con la curatela di Maria Tsantsanoglou e Angeliki Charistou, una selezione di all’incirca 300 opere, tra dipinti, gouache e acquarelli, arte applicata, documenti e un centinaio di disegni sull’architettura costruttivista, costituisce la base per una mostra enciclopedica, con esponenti come Malevich, Popova, Rodčenko, Rozanova, El Lissitzky, Stepanova. L’arte dei “formalisti”, da numerose sfaccettature ancora da analizzare, in opposizione al “realismo socialista”, è stata collezionata, preservata e catalogata da George Costakis; “Tra la cerchia di collezionisti di Mosca – nella Sua autobiografia – avevo un soprannome non molto lusinghiero: “il greco pazzo” che raccoglie spazzatura inutile.”
Andrej Zdaneiv, commissario per la Politica Culturale ai tempi di Stalin, nel 1934 aveva formalizzato il realismo socialista, come dogma unico e predominante della creazione artistica, incitando: “Siate i promotori più attivi della trasformazione della coscienza degli uomini nello spirito del socialismo.” Come scrive Maria Tsantsanoglou, direttrice del Museo Statale d’Arte Contemporanea di Salonicco, in un momento in cui pittori e scultori erano tenuti a propagandare e rappresentare gli ideali della nuova società sovietica, quella dei “formalisti” era considerata un’accusa pari al tradimento nazionale.
“Per farla breve, decisi di diventare un collezionista di arte d’avanguardia. Molti tra i miei amici e parenti scossero la testa. Pensavano che stessi commettendo un grosso errore lasciando da parte le mie altre collezioni per iniziare a comprare opere che erano considerate da tutti “nonsense”. Questa “scelta” fu presa in seguito all’incontro casuale con un dipinto di Ol’ga Rozanova nel 1946, quando le opere dell’avanguardia russa erano nascoste o proibite, quando le arti visive potevano essere causa di carcerazione, esilio o esecuzione.
L’attività di Costakis, autista ai servigi dell’ambasciata greca e poi di quella canadese, durò per quasi 3 decadi. Collezionò con costanza e metodo i lavori di questi artisti e tutto il possibile materiale correlato a quel periodo: schizzi, appunti, libri d’arte, manifesti, riviste, fotografie, lettere, manoscritti e tanti altri documenti, oggi fonte di un preziosissimo archivio. Fino alla metà degli anni ’70 conservò il corpus nell’appartamento moscovita di Vernadskij Prospekt. Anche se privo di un’istruzione artistica specifica, Costakis era dotato di un istinto estetico raro.
L’abitazione era divenuta una sorta di museo privato, fucina per la formazione delle giovani generazioni e luogo d’incontro di intellettuali, artisti e personalità internazionali che qui mangiavano, bevevano e discorrevano, e dei quali restano ricordi, commenti e messaggi nel libro degli ospiti: da Marc Chagall a Henri Cartier-Bresson, da Nina Kandinsky a Edward Kennedy, da David Rockfeller a Igor Stravinsky.
Nel 1977 Costakis se ne andò da Mosca per stabilirsi in Grecia, dopo un anno trascorso a Roma, lasciando alla Galleria Tret’jakov di Mosca una parte della propria collezione. Il nucleo rimanente di 1277 opere che volle portare con sé, venne acquistato nel 2000, a dieci anni dalla Sua morte, dallo Stato greco divenendo la principale collezione del Museo di Salonicco presso il Moni Lazariston.
Dagli anni ’10 del ‘900 per all’incirca 3 decenni, gli artisti dell’avanguardia sperimentarono nel tentativo di avere un impatto sulla produzione di massa, iniziando così anche la pratica del design. Nell’esposizione sono rappresentati i vari movimenti, dal Nuovo Impressionismo e il Simbolismo, il Cubo-Futurismo, la Scuola di Cultura Organica, al Suprematismo, il Costruttivismo, il Cosmismo, il Proiezionismo, e l’Elettro-Organismo. Gli artisti russi risposero alle influenze europee, in particolare francesi e italiane, con uno sviluppo locale, del tutto autonomo, come se l’aggravato osteggiamento dell’avanguardismo, oltre gli Urali, fosse la causa e l’effetto dell’isolamento e del bisogno di auto-referenzialità.
La superiorità del colore e della forma su tutte le altre componenti tecniche dell’immagine miravano al raggiungimento di nuove condizioni per la vita del popolo, grazie a una nuova estetica basata sulla creazione di forme e costruzioni semplici, logiche e funzionali, in particolare mediante l’applicazione del costruttivismo alla produzione di oggetti della vita quotidiana. Si ebbe, quindi, con il Proiezionismo la sperimentazione di materiali diversi da tela o carta, che, tuttavia, dovevano fungere solamente da supporti su cui venivano eseguiti i bozzetti dell’opera finale.
Tra i geniali esperimenti e i sogni d’artista, dopo le macchine leonardiane, dal Construttivismo arrivarono nuove dimensioni sul volo umano. Tra il 1929 e il 1932 Vladimir Tatlin espresse le proprie visioni utopistiche per una società libera dai vincoli della gravità e arricchita dalla sensazione di volare come gli uccelli. “Letatlin”, una “bicicletta volante”, quello in collezione Costakis e in mostra a Torino, in materiali funzionali quali il legno, il sughero, la seta, la pelle, così come cavi d’acciaio e duralluminio, è uno dei pochi esemplari ancora esistenti dei 3 modelli presentati a Mosca nel 1923. Tatlin considerò che il volo fosse un’esperienza umana primordiale, persa nel corso dell’evoluzione e di cui ci si augura la riappropriazione per l’uomo moderno. “Letatlin” – una macchina volante, una sintesi di arte, tecnologia e utopia – può essere vista come l’acme della ricerca scultorea di Tatlin, iniziata durante il periodo zarista. Sezionando e analizzando la muscolatura e lo scheletro dell’apertura alare di uccelli e insetti, Tatlin tentò di replicarne la forza, la flessibilità e l’abilità a rimanere in quota.