Nella brace del renzismo
Affermava Marx: “La storia si ripete sempre due volte. La prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. Chi può dargli torto? Questo Paese, con la tragica caduta della Prima Repubblica a opera di una magistratura debordante, moralizzatrice e autoreferenziale, ha dato vita soprattutto a una diaspora tra i partiti democratici e, in particolare, nella Dc, che ha prodotto l’ascesa di un estraneo alla politica: Silvio Berlusconi. Uomo ritenuto dalla maggioranza degli elettori e da noi stessi l’unico vero baluardo in grado di sconfiggere la “gioiosa macchina da guerra” del comunista Occhetto.
Poi, nel tempo, errore dopo errore, il Cavaliere ha dato vita a quel fenomeno politico e sociale che va sotto il nome dispregiativo di “berlusconismo”. Un fenomeno che ha stravolto e cambiato il modo di fare e lo stesso modo di intendere la politica, l’immagine della nostra società dentro e fuori i confini nazionali, rendendo il Paese sempre meno affidabile dal punto di vista politico, economico e morale.
Dopodiché la diaspora a destra (ex An, Fratelli d’Italia, La Destra) ha riportato alla marginalità questa forza politica che pure si era evoluta con il congresso di Fiuggi organizzato dall’allora segretario dell’Msi, Gianfranco Fini.
Nello stesso tempo, l’altra diaspora creatasi tra Fi, Ncd, Udc, Ppi, ha dato vita al fenomeno Renzi. Un’esperienza ormai sempre più farsesca per la sua inesperienza parlamentare. In entrambi i casi lasciando che la corruzione individuale sostituisse quella dei partiti.
Non contiamo più nulla in Europa. Basti pensare alla fallimentare gestione del semestre europeo affidato alla nostra presidenza; agli incontri Merkel-Hollande-Putin con l’assenza totale del nostro ministro europeo degli Esteri Mogherini.
A livello interno ormai siamo al tutti contro tutti e tutto. Se pensiamo che la nostra Costituzione, ritenuta eccellente, è stata scritta in meno di due anni da forze politiche che si fronteggiavano con le armi, assistere allo spettacolo parlamentare di questi giorni solo per apportare alcune modifiche a quella Carta, fa capire quale sia il degrado in cui versano le istituzioni che rappresentano il popolo italiano.
Ora, dunque, siamo al “renzismo”. Lasciamo questo alle nuove generazioni? Con quale risultato? Con il possibile rafforzamento di un populismo antieuropeo esasperato che piano piano va espandendosi non solo da noi ma in tutta Europa, dalla Grecia alla Francia, alla Spagna e ancora oltre.
I popolari italiani ritrovino il loro filo conduttore e si pongano come riferimento per un nuovo Risorgimento politico, morale, ideale, in grado di risollevare le sorti di un’Italia sempre più irriconoscibile. Noi Popolari per l’Italia non demordiamo, lasciando a Renzi il gusto di “abbracciare i gufi e i sorci verdi”.
[NdR – L’autore dell’articolo è Vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia e Membro del Bureau PPE a Bruxelles]