Estradizione Pizzolato, prima vittoria del Brasile
Le relazioni tra Brasile e Italia sono storicamente ottime. In un secolo e più di immigrazione, il paese tropicale ha visto più di un milione e mezzo di italiani andare e venire nel suo territorio. In Brasile l’Italia è amata e vi è un sincero sentimento di simpatia verso il nostro paese, lo stesso vale per l’Italia, non solo verso un paese dall’ottimo clima, ma per la gentilezza innata e la simpatia tipica della sua gente. Dove invece le cose non vanno e, anzi, spesso danno vita a polemiche, alcune volte sopra le righe, in modo particolare in Italia, è nel campo delle reciproche richieste di estradizione.
Il campo diventa caldo e segna l’apertura di un contenzioso nel 2000, con il caso del banchiere Cacciola. Nel 2000, infatti, Salvatore Alberto Cacciola, banchiere brasiliano ma con anche la cittadinanza italiana, condannato a 13 anni per il fallimento di una banca per un ammanco di un miliardo e mezzo di dollari, fugge in Italia e vede respinte per anni dalla giustizia italiana le richieste di estradizione del Brasile. In Brasile la cosa suscita per lungo tempo rabbia e frustrazione. Quando, anni dopo, scoppia la vicenda Battisti, il terrorista condannato per vari omicidi ed arrestato in Brasile, si riaccende la polemica sulle estradizioni.
In una intervista al quotidiano “La Folha de Sao Paulo” il ministro della giustizia brasiliano Tarso Genro risponde al “profondo stupore e rammarico” di Napolitano per la mancata estradizione di Battisti: ”Il Governo brasiliano ha operato rispettando la legge e la Costituzione come ha fatto l’Italia quando non concesse l’estradizione di un criminale comune come il banchiere Cacciola”. Si dovrebbero anche ricordare tutti gli errori dell’allora governo Berlusconi che, di fronte ai tanti segnali che indicavano che Lula voleva mantenere Battisti in Brasile, cosa che poi fece l’ultimo giorno del suo mandato, non fece assolutamente niente, salvo un totale e incredibile silenzio.
Adesso il caso Pizzolato ha riaperto clamorosamente la guerra delle estradizioni tra Italia e Brasile. L’ex direttore del Banco del Brasile Henrique Pizzolato, che gode della doppia nazionalità, italiana e brasiliana, dopo una condanna a dodici anni per la famosa vicenda del “mensalao”, fugge e si nasconde in Italia. Scoperto e arrestato a Modena, l’anno scorso affronta la richiesta di estradizione da parte del Brasile. Gli altri condannati scontano da anni le pene inferte loro dalla giustizia brasiliana, Pizzolato è l’unico ad essersi sottratto alla condanna e la cosa suscita una vasta e profonda eco negativa. Infatti, quando la Magistratura di Bologna ha respinto la richiesta di estradizione verso il Brasile, nel paese vi è stata una forte sorpresa ed indignazione. La motivazione della giustizia italiana si basa sul fatto che le carceri brasiliane non offrono garanzie di sicurezza, verità difficilmente contestabile.
Il Brasile si appella e mercoledì 11 febbraio e giovedì 12 vi è stata l’udienza in Cassazione a Roma, ma questa volta il Brasile ha presentato alla Magistratura italiana un lungo documento, i cui punti sono stati ripresi dagli avvocati in aula. Il Brasile, consapevole delle condizioni delle sue carceri, si impegna a detenere Pizzolato nel complesso penitenziario della Papuda che non registra nessun caso di violenza contro i detenuti, inoltre in questo penitenziario stanno scontando le loro pene gli altri condannati per il “mensalao”, isolati dagli altri detenuti, e non hanno mai subito né minacce né altre violenze. La Cassazione annulla la sentenza di Bologna e concede l’estradizione di Pizzolato. Una volta ricevuta la documentazione, spetterà al Ministro della Giustizia la decisione finale, ha 45 giorni per farlo. Con le garanzie date sembra difficile per l’Italia dire di no, a meno che non si vogliano fare “vendette” per il caso Battisti, cosa veramente priva di senso politico.