Rassegna stampa estera

Venti di guerra? L’Italia, per parte della stampa estera (soprattutto francofona) sembra essere sul piede di voler intraprendere una seconda “campagna di Libia”. Molta enfasi è stata data alle parole della Ministra della Difesa Pinotti  e del Ministro degli Esteri Gentiloni, che lo scorso weekend parlavano di numeri di soldati pronti a partire e necessità di intervento,  come scrive soprattutto la stampa algerina riferendo della visita di Gentiloni in Algeria due settimane fa, anche se poi questa velleità abbastanza “suicida”  è stata perentoriamente fatta rientrare dal Premier Matteo Renzi, che non solo ha “sementito” due suoi ministri, ma ha insistito sulla “forza dell’ONU, decisamente superiore a quella delle milizie radicali”. Matteo Renzi  non sta passando un bel periodo, tra beghe interne e internazionali, sicuramente non ha “festeggiato” il suo primo anno di Governo. Bilancio?  Marcelle Padovani su L’Obs, analizza il tanto “rumore per quasi nulla”.Il rischio è che se fallisce un Matteo ce n’è uno pronto a sostituirlo e secondo la giornalista francese, in Italia in molti pensano che valga più il ‘quasi niente’ di Matteo I che il ‘troppo che stroppia’ di Matteo II (sbugiardato anche dal New York Times). Philippe Ridet,  su Le Monde, riprende un interessante studio del professore di Scienze Politiche all’Istituto di Studi Politici di Grenoble, Christophe Brouillard, appena pubblicato per la Fondazione Jean Jaurès,  dove dimostra  come “in un anno, Matteo Renzi abbia portato più cambiamenti alla sinistra che all’Italia.” Sicuro è che il 2015 sarà l’anno della prova del nove, per tutti, dal Primo Ministro in giù, e forse l”uomo del cambiamento” sarà proprio il nuovo Presidente della Repubblica, elogiato sul Wall Street Journal da Michael Ledeen, colpito dai segnali mandati nel discorso di insediamento “che lo hanno già distinto dai suoi omologhi europei”, segnali rivolti alla comunità ebraica e invito alla comunità internazionale a unire le risorse contro il terrorismo.

Sulla confusione che regna in Italia sul da farsi (o almeno la percezione che ne hanno all’estero) è indicativo il commento di Barbie Latza Nadeau che scrive sul Daily Beast: “mentre l’ISIS fa le sue incursioni in Libia, i funzionari italiani sono terrorizzati all’idea di avere uno Stato Islamico appena dal’altra parte del mare, ma non hanno alcuna idea di come combattere la crisi”. Rachel Sanderson sul Financial Times scrive di come Renzi abbia cercato di “sdrammatizzare i commenti del fine settimana nei quali si affermava che l’Italia si stava preparando ad inviare truppe in Libia per contrastare le forze della Jihad, mentre cresce la preoccupazione dell’opinione pubblica e politica per il deteriorarsi della sicurezza sul proprio territorio”. Quello che è sicuramente antipatico è vedere nero su bianco le parole di un Primo Ministro che smentisce due dei suoi Ministri più importanti: Difesa ed Esteri. Ricorda la Sanderson che “la Libia è un ex colonia italiana, con la quale l’Italia continua ad avere stretti contatti economici, soprattutto nel campo petrolifero (…) E’ anche uno dei punti chiave dal qual e partono i migranti clandestini.” Più diretta la Nadeau che scrive: “Ciò che è inquietante è che qualcosa sta cambiando drasticamente nel settore del traffico di esseri umani, e questo ha portato gli analisti della difesa ad avvisare l’Italia di quanto oggi fosse esposta ad un attacco”. Le da ragione l’episodio di Domenica scorsa che ha visto la nostra Guardia di Finanza minacciata dai contrabbandieri armati di kalashnikov. La giornalista non sembra essere molto ottimista sulle nostre capacità di riuscita nella gestione della crisi. Vede l’Italia “in bilico, con un Consiglio dei Ministri troppo giovane e in gran parte poco esperto e un Governo che potrebbe cadere in ogni momento, lasciando un vuoto di potere. Anche il Presidente del Paese è nuovo, non si sa nulla di lui, di come possa reagire, come possa reagire l’intero sistema istituzionale nel fronteggiare una crisi simile.” La NDTV, televisione indiana, afferma che “il Primo Ministro italiano Matteo Renzi abbia escluso l’intervento militare in Libia nel breve termine, dopo aver tenuto lunghi colloqui telefonici con il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi (…) Sisi ha concordato con Renzi che i prossimi passi dovranno essere politici e diplomatici e nel quadro delle Nazioni Unite”. Riportano ancora su NDTV le parole di Gentiloni  che affermava venerdì che l’Italia era “pronta a combattere”, ma anche quelle di Renzi il cui tono era “evidentemente più cauto”. Touché.

FranceTVinfo titola il suo reportage Rome de retour en Lybie pour contrer Daech? Jacques Deveaux scrive: “Dei terroristi islamici hanno rivendicato l’assassinio, lo scorso 15 Febbraio in Libia, di 21 egiziani. Dei cristiani Copti, rapiti in Gennaio e decapitati per la loro appartenenza religiosa. La Libia frammentata in fazioni, vede a sua volta comparire il nome di Daech. Mentre in Italia qualcuno pensa all’intervento diretto.” Ricorda anche il giornalista che nel Gennaio del 2015, il Presidente nigerino Mahamadou Issoufou chiedeva già un intervento internazionale presso i suoi vicini libici, preoccupato per la svolta terroristica. Ora con questo video (in riferimento alla decapitazione dei Copti, ndr) è Daech che si autoinvita tra le sabbie libiche. Il Primo Ministro Matteo Renzi, precisa che lo Stato Islamico non è entrato in Libia, ma che alcuni combattenti  rivendicano la loro appartenenza all’organizzazione. Ciò che i media occidentali definiscono franchising.” Riprendendo le parole della Pinotti, Deveaux mostra come per l’Italia la problematica dell’intervento non sia semplice. “Da una parte c’è da gestire il flusso incessante di clandestini, che arrivano in gran parte dalla Libia, cacciati dalla guerra (…) allo stesso tempo,la seconda preoccupazione per l’Italia è di sapere chi è chi in questa migrazione (…) Infine il problema è anche geostrategico. L’Italia non vuole un ‘califfato che governi sulla riva opposta del Mediterraneo’, a sentire le affermazioni della Ministra Pinotti (…) Ma il Premier Matteo Renzi ha calmato gli animi il 16 Febbraio (…) In ogni caso la situazione deve apparire molto pericolosa in Italia (…) Il 15 Febbraio ha chiuso la sua ambasciata a Tripoli, l’ultima ambasciata occidentale rimasta aperta a Tripoli.”

Interessante la riflessione di Chaabane Bensaci che sull’algerino Expression definisce il richiamo alle armi della “Ministra degli Affari Esteri Roberta Pinotti (non è un nostro errore, è scritto così nell’articolo, il che fa pensare alla poca incisività delle nostre personalità politiche al top…) uno  “strano annuncio che arriva nel momento in cui l’iniziativa dell’ONU per un dialogo inclusivo che vede riunite tutte le parti, gruppi terroristici a parte, comincia a portare i suoi frutti”. Uscita “inopportuna” la definisce la giornalista che ricorda anche la mediazione dell’Algeria nel quadro del Gruppo dei Paesi vicini riuniti sotto l’egida dell’Unione Africana. Ma la “giustificazione” è chiara per la Bensaci, “il senso è la quintessenza di questa dichiarazione sono ciò che ci possa essere di più trasparente: “drammatica perdita degli interessi nel Paese, i soli che le rimangono in Africa e esodo massiccio di profughi misti a Jihadisti.” Un intervento armato non servirebbe a nulla, afferma con forza la giornalista algerina, l’unica via è quella diplomatica. Curioso che abbia puntato sulla nostra voglia belligerante, quando lo stesso giorno Radio Algerienne riportava la nota ufficiale de nostro Governo nella quale Renzi riportava gli accordi derivati dal lungo colloqui telefonico con al-Sisi: prudenza e attesa delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Pesanti le parole di Nacera Benali che scrive: “Governata da politici apertamente filo-americani e filo-israeliani, la Penisola non prenderà mai l’iniziativa di partecipare ad una guerra terrestre in Libia se non ha prima carta bianca della Casa Bianca e dei suoi vicini. E’ per questo motivo che Gentiloni si è precipitosamente recato ad Algeri due settimane fa quando non c’erano particolari questioni economiche o diplomatiche in gioco? Cosa gli hanno detto i leader algerini? Hanno dato la loro benedizione ad un intervento terrestre così delicato, a pochi passi dalla frontiera algerina?” Forse ci è sfuggito qualcosa?

Michel Ledeen, A Chance for Italy to Distinguish Itself, The Wall Street Journal, 17 Febbraio 2015,Barbie Latza Nadeau, Italy Fears ISIS Invasion From Libya, The Daily Beast, 17 Febbraio 2015; Rachel Sanderson, Renzi plays down talk of Libya intervention by Italy, Financial Times, 16 Febbraio 2015; AFP per NDTV, Italian Prime Minister Matteo Renzi Rules Out Libya Intervention Without UN Cover, 16 Febbraio 2015; Jacques Deveaux, Rome de retour en Libye pour contrer Daech? FranceTVinfo, 16 Febbraio 2015; Chaabane Bensaci, Tandis que l’ONU poursuit sa mediation interlibyenne, l’Italie en appelle aux armes, L’Expression, 16 Febbraio 2015; Radio Algerienne, L’Italie exclut toute intervention militaire en Libye, 16 Febbraio 2015; Nacera Benali, L’Italie se dit prete à y intervenir pour combattre le terrorisme: Vers une seconde guerre en Libye?, El Watan, 16 Febbraio 2015; Philippe Ridet, En un an, Renzi a moins changé l’Italie que la gauche, Le Monde, 17 Febbraio 2015; Marcelle Padovani,  Renzi un an après: beaucoup de bruit pour presque rien, L’Obs, 17 Febbraio 2015.

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