La Turchia di Erdogan investe in Somalia

Lo scorso 25 Gennaio, il Presidente turco ha inaugurato il nuovo aeroporto di Mogadiscio. Con numerosissimi investimenti, la Turchia apre in Somalia una strategia a lungo termine, in nome di una ”antica” storia d’amore, cominciata nel XVI secolo. Ma vedremo che la simpatia per la Turchia, che si vorrebbe “grande amica dell’Africa”, sul Continente non è proprio un sentimento di tutti.

Il preistorico aeroporto di Mogadiscio ha i giorni contati. A Marzo un terminal nuovo fiammante aprirà le sue porte a tutti i viaggiatori che non dovranno più sopportare la polvere delle piste fatiscenti e le temperature insopportabili agli sportelli della sicurezza. “L’aeroporto dei Turchi”, così è stato battezzato lo scalo inaugurato a fine Gennaio da Recep Tayyip Erdogan, in una città blindata per l’occasione, paralizzata, dove qualsiasi spostamento è stato vietato per ore. Dalla base militare dell’African Union Mission in Somalia (Amisom) non ci si poteva muovere che a bordo veicoli blindati. Per quanto riguarda l’aeroporto, il suo accesso era sorvegliato dai servizi di sicurezza turchi super armati e particolarmente nervosi. Difficile non capirli: due giorni prima, un’autobomba fatta esplodere dai terroristi islamici di Al-Shebab, aveva ucciso cinque somali davanti all’albergo che ospitava la delegazione turca. Quando finalmente, dopo tre ore d’attesa, Erdogan è sceso dall’aereo accompagnato da sua moglie, la sua accoglienza è stata a dir poco trionfale. “Grazie a lei e al suo popolo, si apre una nuova era per la Somalia.Siete il benvenuto qui, questa è la vostre seconda Patria”, ha dichiarato il Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud, poco prima che il suo omologo turco tagliasse il nastro “in nome di Allah”.

Ma cosa è andato a fare Erdogan in una Somalia devastata? L’ha spiegato chiaramente, vuole “aiutare i somali”. Con lo stesso “spirito” sono stati inaugurati un ospedale e una moschea. Ma non è tutto. Si dice che la storia d’amore tra la Somalia e la Turchia sia molto antica perché questo Paese del Corno d’Africa fece ricorso all’aiuto dell’Impero Ottomano contro il Portogallo nel XVI secolo, e contro il Regno Unito nel XIX.  Dal 2011 questo impeto riprende vita. La Somalia quell’anno sprofonda in una violenta crisi umanitaria che ucciderà 260mila persone, morti dovute a carestia e guerra civile. Nell’Agosto di quell’anno l’Amisom spinge i terroristi fuori da Mogadiscio. Due settimane dopo, Erdogan vi  atterra con sua moglie. Sarà il primo capo di Stato non africano a visitare il Paese dal 1991 e dalla destituzione del presidente Siad Barré che diede l’inizio a più di due decenni di scontri. La Mezzaluna Rossa è presente, la Turchia moltiplica i suoi aiuti: costruisce campi per i rifugiati, delle reti di acqua potabile. Organizza la raccolta dei rifiuti, apre scuole, cliniche. Durante la sua visita Erdogan annuncia la creazione di borse di studio nelle università turche, che in effetti  nel 2012 accoglieranno  1200 studenti somali. Riapre l’ambasciata turca a Mogadiscio, quando molti Paesi, ancora oggi, operano da Nairobi, in Kenia. Soprattutto rimette la Somalia al centro della scena. E’ interessante il commento di Nicholas Kay, rappresentante dell’Unione Europea in Somalia: “Per i turchi, questa visita aveva lo stesso significato del concerto Live Aid di Bob Geldorf. In molti hanno mandato aiuti”. In un anno, i privati devolvono 365 milioni di dollari, lo Stato turco ne mette da parte sua 49.”

Il nuovo aeroporto ha suscitato grande entusiasmo tra la popolazione, tutti stregati dal luccichio come bambini davanti all’albero di Natale. Ma tornando alla realtà, Turkish Airlines che già aveva cinque voli a settimana da Istanbul, salirà a sette. E non è tutto. Saranno ovviamente i turchi a dirigere l’Aeroporto, così come il Porto da loro modernizzato. Hanno rifatto le strade, l’illuminazione pubblica, fa sapere Les Lunceford, a capo della filiale locale di SKA Group, impresa di servizi che opera nei Paesi in guerra. Ma Lunceford non lo vede come un fatto positivo. SKA Group aveva firmato nel 2010 un contratto decennale con lo Stato somalo per intervenire sull’aeroporto. Dopo tre anni le autorità lo hanno stracciato per mettere i turchi al suo posto. Ricordiamo però che SKA è una società britannica con base a Dubai. Le reminiscenza di passato coloniale sembrano ancora influire. Ciò non toglie il fatto che la Turchia agisce con sempre maggiore determinazione sul Continente africano e questo in gran parte è dovuto al deteriorarsi delle relazioni con i suoi vicini: l’Africa è la naturale nuova via di crescita e di influenza. Se nel 2009 la sua bandiera sventolava su 5 Paesi, oggi sventola sui tetti di 39 ambasciate, e questo anche grazie al fiuto di Ahmet Davutoglu, che opera in tal senso dal 1998 e non per niente viene chiamato l’”Africano”. Nonostante tutto ciò a Mogadiscio i turchi vengono accolti come eroi disinteressati, che sono volati in soccorso ai loro fratelli musulmani, ignorando la minaccia degli Shebab che li accusa di voler secolarizzare il Paese. In effetti le perdite ci sono state per via di due pesanti attentati, quello del Luglio del 2013 contro il consolato turco (2 morti)e quello dell’Ottobre del 2011 al Ministero dell’Educazione, avvenuto durante la consegna di borse di studio turche e che ha ucciso 100 studenti. Ma questo disinteresse non è incondizionato.

L’influenza culturale della Turchia non ha nulla di banale. Formando gli Imam, si oppone alla crescita del wahabismo in Somalia. Accogliendo i giovani Somali nelle sue università, si paga l’assicurazione per il suo futuro economico e politico. La maggior parte accetta di rientrare per “ricostruire” il suo Paese, e, una volta ottenuta la laurea diventeranno gli intellettuali, gli ingegneri, i capi d’impresa o i ministri di domani, che privilegeranno ovviamente partner, clienti e omologhi turchi. Ora, se la Somalia diventerà finalmente un Paese stabile, rappresenta un mercato potenziale non trascurabile visto che la sua popolazione conta 12 milioni di persone di cui il 70% ha meno di 30 anni. Tutte le infrastrutture sono da costruire, il mercato delle utenze telefoniche in piena crescita e, ciliegina sulla torta, che sfrutterà le risorse naturali della Somalia avrà accesso ad una bella scelta: carbone, uranio, gas naturale e petrolio che si trova nella regione autonomista del Puntland e del quale non si sa ancora molto. “Siete stati i primi qui, e ancora oggi, siete in anticipo sugli altri Paesi” ha detto il Presidente della Somalia ad Erdogan. Nessun dubbio che lui sia fermamente determinato a mantenere il suo posto.

Ma la simpatia dell’Africa per Erdogan non è a 360 gradi. Un primo passo falso Erdogan l’ha commesso non partecipando ai funerali di Nelson Mandela, una mancanza rimarcata da molti leader dell’Africa sub sahariana di fede islamista con i quali la Turchia vorrebbe relazioni più forti. Molta fiducia le è stata accordata  perché non aveva un passato colonialista, ma la credibilità dei leader turchi si sta stemperando per la sua sempre maggiore arroganza e per le sue velleità interventiste. Il Governo turco ha mostrato segni di comportamento imperialista, al quale si è accompagnato un severo discorso anti-occidentale. Non dimentichiamo poi lo scontro violento contro l’erudita musulmano Gulen, acerrimo nemico di Erdogan, presente in Africa con le sue istituzioni educative molto prima che Ankara decidesse di aprire le sue ambasciate. Questo ha rafforzato sul Continente la convinzione che la Turchia non fosse un partner al quale dare piena fiducia. I leader africani continueranno a lavorare con Ankara, ma mantenendo la debita distanza. Gli sforzi di Erdogan di convincere i dirigenti africani che Gulen è un nemico sono vani. Le scuole Hizment sono presenti nella stramaggioranza dei Paesi africani, e se Erdogan con la Somalia ha vinto una partita, l’Africa è lontana dall’essere conquistata.

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