Riconoscere lo Stato palestinese, un’idea azzardata

Il mondo di oggi è già abbastanza complicato (e le ragioni di conflitto politico in Italia sono già abbastanza numerose) per non peggiorare ancora la situazione con iniziative sbagliate e destinate a dividere. Riconoscere ora lo Stato palestinese è un’iniziativa che viene dai Governi di Francia e di Svezia. In Italia è stata zelantemente ripresa da una parte del PD e (poteva mancare?) da SEL, sempre pronto a lanciarsi nella più evidenti stupidaggini, pur che odorino di sinistra pura e dura.

Una stupidaggine? Sì. Nella striscia di Gaza esiste già, sulla base degli Accordi di Oslo, una “Autonomia palestinese” che funziona, a tutti i fini, come uno Stato indipendente. Nessuno (a parte l’Iran per interposta persona) mette bocca nei suoi affari interni. Gli israeliani intervengono solo per reagire agli attacchi contro il loro territorio che da lì provengano. L’Autonomia palestinese è rappresentata all’ONU e in altri organismi internazionali in qualità di osservatore (la stessa della Santa Sede) e nella maggior parte dei Paesi i suoi rappresentanti hanno, di fatto, statuto diplomatico. Sotto questi aspetti, dunque, il riconoscimento statuale non aggiungerebbe nulla di nuovo. Però, sarebbe visto da una parte come una vittoria e dall’altra come una sconfitta e non potrebbe che rendere più lontana la razionalità che sola può condurre alla pace (altrettanto farebbe, specularmente, il riconoscimento di  Gerusalemme come capitale di Israele, di tanto in tanto rilanciato dalla destra americana).

Il sistema degli Accordi di Oslo punta a due Stati, uno palestinese e uno israeliano, che convivano pacificamente entro frontiere sicure e riconosciute. È vicino questo obiettivo? Nemmeno per sogno! Guardiamo la realtà in faccia e senza i paraocchi dell’ideologia: quali che siano le intenzioni delle Autorità palestinesi, la politica a Gaza è fortemente condizionata da Hamas, un organismo terroristico che punta ufficialmente alla distruzione di Israele, finanziato e addestrato dall’Iran, e autore criminale di tutti gli attacchi alla popolazione e al territorio israeliani (criminale anche nei confronti degli stessi abitanti di Gaza, che pagano con il loro sangue il prezzo delle inevitabili reazioni di Tel Aviv). Nel Libano, lo stesso obiettivo se lo propone un’altra organizzazione terroristica proiraniana, Hezbollah. In molti Paesi arabi o musulmani, la lotta a Israele è un assioma  dichiarato e indiscusso. Ma i terroristi non si limitano ad attaccare lo Stato di Isarele. Uccidono anche gli ebrei disseminati nel mondo, specie in Europa, e dissacrano le loro chiese e le loro tombe. Ci indigniamo, anche a sinistra, per questi attacchi  e ci commuoviamo nel ricordo dell’Olocausto. Con che coerenza potremmo fare un gesto che va contro i sentimenti e gli interessi di quel popolo e gioca a favore dei suoi nemici?

Non dubito che l’iniziativa sia, alla radice, benintenzionata. Qualcuno spera forse ingenuamente di accelerare così il processo di pace. E magari qualche furbetto pensa di ingraziarsi il favore del mondo arabo-musulmano. Ingenuo! Qualche applauso da quella parte lo riceverebbe, ma credono  veramente di spuntare così di un solo millimetro l’odio dichiarato del fanatismo islamico contro di noi? Credono veramente che i terroristi dell’IS, di Al-Qaeda e via dicendo, si preoccupino veramente dei Palestinesi? Ciechi, che non hanno ancora capito di che pasta è fatto il terrorismo islamico!

Giochetti politici, in fondo innocui? No. Si tratta di un’iniziativa che alla fine può recare solo danno al processo di pace, offendendo e alienando la parte israeliana e ringalluzzendo la parte palestinese in modo da renderla meno disposta a un compromesso. Non sarebbe la prima volta: ogni volta che quella parte ha ottenuto una vittoria diplomatica, con certe disgraziate risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU, ogni qualvolta si è illusa di avere il favore di certi Paesi o forze politiche europee, sempre ne ha tratto l’impulso per fare passi indietro nel cammino negoziale. Perché la capacità araba di autoilludersi è senza fine. Che stimolo avrebbe l’Autorità palestinese ad accettare le necessarie concessioni alla sicurezza di Israele, a impedire le attività terroristiche di Hamas, in cambio di una statualità che le verrebbe comunque e gratuitamente riconosciuta?

Altra questione: diciamo a destra e manca che vogliamo una politica estera “europea” e protestiamo quando manca.  Sul conflitto israelo-arabo l’Europa ha, dalla Dichiarazione di Venezia degli anni ’80, una linea definita e da allora immutata: due Stati conviventi in regime di sicurezza reciproca, entro frontiere riconosciute. Un fatto così politicamente rilevante come il riconoscimento dello Stato palestinese non dovrebbe essere frutto di una decisione collettiva?

Iniziativa, dunque, sotto ogni aspetto sbagliata. Che la proponga il PD, in quanto partito politico, è dopotutto un suo diritto (una chiosa, però: quando ho visto che tra i promotori c’era l’on. Bersani, un tipo che le ha sbagliate sempre tutte, mi sono convinto ancora di più che si tratta di un errore). Ma in Italia la politica estera la fanno il Governo e il Parlamento e deve risultare dalla volontà, come minimo, della maggioranza e possibilmente di un più ampio arco che includa anche le forze che, come FI, condividono i principi e gli obiettivi basici della nostra politica internazionale. Non credo che nessuno al centro e a destra sia disposto ad associarvisi (e a questo fine mi sia permesso rivolgere un appello personale al PPE e ai suoi rappresentanti in Parlamento). Ascoltando  il Presidente del Consiglio giovedì sera nel programma “Virus”, mi è parso prudente sull’argomento. Speriamolo! Renzi è un politico pragmatico, spero che non voglia aggiungere altra inutile legna ad un fuoco già pericoloso!

©Futuro Europa®

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