Riforma Catasto, le novità principali

Secondo la roadmap del Governo, nel prossimo luglio entrerà in vigore la riforma del Catasto, che interesserà 63 milioni di immobili e porterà alcune interessanti novità. Tante per cominciare, la rendita catastale, dalla quale si deriva il calcolo dell’importo IMU e Tasi, sarà sostituito dal valore patrimoniale. Quest’ultimo sarà individuato non solo sulla base del numero dei vani in cui è suddiviso l’immobile, ma anche sulla base di altri parametri rilevanti come piano, presenza di scale e ascensori, stato manutenzione, posizione e riscaldamento, che dovranno essere calcolati per i metri quadri.

L’intento di sostituire la rendita catastale con il valore patrimoniale come base imponibile per il calcolo delle tasse sulla casa nasce dalla volontà del Governo di “assicurare la sostanziale invarianza del gettito complessivo”, in una parola: uniformare.

La riforma prevede inoltre che gli immobili siano considerati in funzione della classe di appartenenza e della loro ragione di utilizzo (uso privato o adibiti a uso aziendale e commerciale), mentre per quanto riguarda le categorie catastali il Governo imbocca la strada della semplificazione. Non ci saranno più i gruppi A-B-C-D-E-F, ma solamente due categorie di identificazione: il gruppo O per indicare gli immobili ordinari e il gruppo S per quelli definiti come speciali. Com’è facile intuire, gli appartamenti tradizionali rientreranno nel primo gruppo (così come le varie classi A), mentre resta da capire come saranno considerate e catalogate le abitazioni di lusso come abitazioni di lusso», ville, castelli e immobili di valore storico-artistico. In attesa di un pronunciamento da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiamato a emanare un provvedimento specifico sul tema, è già confermato lo sconto fino al 30% rendite e valori patrimoniali per palazzi oltre i 300 metri quadri. Dello sconto potranno beneficiarne le abitazioni che rivestono un’importanza storico-artistica.

Gli esperti non si sentono tuttavia di escludere possibili incrementi dei costi a carico dei contribuenti e, in particolare, dei proprietari di immobili appartenenti alla categoria C. Nella maggior parte dei casi, tali edifici sono infatti già registrati in metri quadrati.

Infine, per quanto riguarda gli immobili religiosi e nello specifico le chiese, il testo della riforma chiarisce che non saranno soggette al pagamento delle tasse. Poiché rientranti nella definizione di “immobili improduttivi”, saranno quindi esclusi dal calcolo di IMU e Tasi.

©Futuro Europa®

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