Corporate Social Responsibility in ambito UE

Con il termine Responsabilità sociale d’impresa (in inglese CSR, Corporate Social Responsibility) si intende la presa di coscienza e quindi la manifestazione della volontà delle imprese di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività al di là del disposto di legge. Mentre una corrente di pensiero economica sostiene che le aziende devono preoccuparsi solo di massimizzare i profitti, un’altra, per fortuna ben più consistente, indica di considerare nelle attività proprie d’impresa quanto possibile per minimizzare i danni derivanti dalla produzione e nel contempo adoperarsi per adempiere una funzione sociale volta alla salvaguardia dell’ambiente ed al miglioramento del worklife balance, l’equilibrio tra vita e lavoro.

La Costituzione italiana all’articolo 41 recita: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

Come si vede la CSR ha fondamenta legali, anche se non ancora mai ben definite legislativamente. Ricordiamo che non stiamo parlando delle norma anti-inquinamento o anti-infortuni sul lavoro, ma di un contesto ben più vasto e meno tangibile, l’ambiente in cui si è sviluppata la CSR è uno storico contesto culturale ed accademico in cui si chiede ad un’impresa di adottare un comportamento socialmente responsabile, che sia rispettoso e vantaggioso rispetto a tutti gli stakeholder, ma che non trascuri gli innegabili vantaggi che derivano dall’osservanza di una disciplina in tal senso. La responsabilità sociale delle imprese si attua tramite la volontà delle aziende, come già detto oltre il normato di legge, per conseguire per raggiungere obiettivi socio-ambientali. In questo ambito si collocano la strategia Europa 2020 (specie per quanto riguarda le nuove competenze e mansioni, i giovani e lo sviluppo locale); le imprese e i diritti umani; il sistema informativo sulla responsabilità sociale delle imprese; la responsabilità sociale negli appalti pubblici.

La disciplina della CSR in ambito UE trova riscontro in tempi relativamente recenti, anche se i principi furono enunciati nel Libro Bianco del 1993 di Jacques Delors (Presidente della Commissione Europea 1985-1995) “Crescita, competitività ed occupazione – Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”. Il percorso della CSR in ambito UE nasce dal Trattato di Lisbona del 2000, poi confermato nel vertice di Goteborg, e nella Carta dei Diritti Fondamentali della UE. nel 2001, ma è con il sesto programma quadro in tema di politica ambientale, e in particolare il documento “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta ”, che viene sancita tale nuova disciplina. Si promuove l’integrazione di politiche ambientali atte ad incentivare un consumo più consapevole e sostenibile. Si prevede l’adozione del regolamento EMAS (Eco Management and Audit Scheme), una certificazione ambientale volontaria per le imprese che vogliono migliorare la loro efficienza ambientale. Nel marzo 2006 la Commissione ha emesso una nuova comunicazione in tema di RSI, a questa è seguita la Comunicazione 681/2011 ed ora le policies contenute nella Strategia Europa 2020 e nel Piano D’Azione Imprenditorialità 2020 – COM (2012) – 795.

Tale politica ha contribuito a migliorare il settore della RSI e il numero di imprese europee che pubblicano relazioni al riguardo è passato da 270 nel 2006 a oltre 850 nel 2011. È aumentato anche il numero di organizzazioni con siti registrati nell’ambito del sistema EMAS: nel 2011 erano più di 4.600 contro i 3.300 del 2006. La CSR non è filantropia, i consumatori di oggi sono molto più informati e attenti ai loro consumi, non solo vogliono acquistare prodotti sicuri ma anche sapere che sono stati fabbricati secondo criteri socialmente responsabili. Un comportamento socialmente responsabile contribuisce, infatti, non solo a creare reputazione ma anche a sostenere l’immagine di un’azienda, con notevole impatto in termini di profitti. Varie aziende hanno creato un proprio business su questi argomenti, lavanderie industriali particolarmente eco-sostenibili ad esempio, da non sottovalutare poi le ricadute tecnologiche date dall’implementazione di nuovi modelli produttivi. La Commissione europea si è prefissa vari obiettivi tra i quali l’inclusione di gruppi meno favoriti nel mercato del lavoro, la formazione permanente, il miglioramento della sanità pubblica, l’innovazione rispondente a problemi sociali e ambientali, la riduzione dell’inquinamento, l’utilizzo più consapevole delle risorse naturali, il rispetto dei valori e delle norme in materia di diritti dell’uomo, ambiente e lavoro specialmente nei paesi in via di sviluppo e, infine, la diminuzione della povertà.

Come si esplicita in termini pratici la Responsabilità Sociale d’Impresa? In Italia abbiamo un’azienda che ha integrato nel proprio DNA questa mission, è l’IMA spa in provincia di Bologna. Già nota al grande pubblico per svariate iniziative sull’argomento, l’azienda del Presidente Vacchi, alla guida anche di Unindustria, la stessa ha aderito già dal 1 marzo 2012 a Impronta Etica e, da fine 2013, è entrata a far parte del Comitato Direttivo dell’Associazione. Lo scopo dell’associazione è favorire lo sviluppo sostenibile, creando un network tra imprese e organizzazioni che intendono l’impegno sociale come parte essenziale della propria missione e si attivano in pratiche virtuose di responsabilità sociale. E’ stata creata una specifica Area specializzata nelle tematiche EHS (Environmental – Health & Safety), emissioni, consumi e rifiuti sono al centro di questa attività. Recentemente sono stati implementate tecniche indirizzate al monitoraggio di eventi sismici ed emissioni inquinanti acustiche ed elettro-magnetiche. Nel sentiero di quanto è indirizzo della UE, oltre all’ovvio rispetto degli obblighi di legge in materia, IMA ha aderito nel 2012 e nel 2013 al Supply Chain Program del Carbon Disclosure Project, un’organizzazione internazionale no profit che mette a disposizione delle aziende e della comunità un sistema globale di misurazione, divulgazione, monitoraggio e pubblicazione on line di informazioni sui temi della sostenibilità ambientale.

Per rimarcare come comportamenti corretti rispetto al CSR portino anche miglioramenti ai bilanci aziendali, abbiamo analizzato come le modalità per ridurre il consumo di energia implementate dall’azienda si siano mosse verso un sistema integrato di monitoraggio centralizzato e l’adozione di comportamenti individuali più virtuosi, anche se in questo campo appaiono evidenti ulteriori margini di miglioramento. Molto buono anche il rating di efficienza riguardo lo smaltimento dei rifiuti industriali che ha raggiunto il ragguardevole target dell’80%. Infine per dimostrare la varietà dei sistemi che possono essere implementati in una CSR, citiamo l’innovativo esperimento “easy take away” adottato presso un’azienda minore del gruppo, con cui si è consentito a ciascun dipendente, di poter fruire di una cena “da asporto” a disposizione di tutta la famiglia da prenotare e ritirare presso la mensa interna,  a costi molto bassi. In tempi di crisi come questi tale iniziativa ha riscosso un immediato successo presso i lavoratori.

©Futuro Europa®

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