PD, nuovo strappo con la minoranza

L’elezione di Sergio Mattarella al “primo colpo” sembrava aver ricompattato un PD ormai quasi del tutto lacerato. Anche la rottura del Patto del Nazareno aveva disteso gli animi della minoranza a cui l’alleanza sulle riforme con l’ex Cavaliere proprio andava indigesta. Ma l’idillio non è durato neanche due settimane.

La prima bomba sganciata da Renzi è stato il pacchetto dei decreti attuativi su Jobs Act che all’ala sinistra dei Dem non sono piaciuti per niente. Il Premier, reo di non aver accolto le proposte “all’unanimità” di modifiche espresse dal PD, ha proseguito sulla sua strada scavalcando di fatto il suo partito. Da Civati a Cuperlo, sono  arrivate parole al vetriolo nei confronti di Renzi, che però non sembra farsi scalfire minimamente dall’opposizione interna al suo partito. Ma, a complicare la situazione, sono arrivati anche i niet su ddl costituzionale e legge elettorale. Bersani, dalle pagine di Avvenire precisa «Se il ddl costituzionale va avanti così, non accetterò mai di votare la legge elettorale», rappresentando a pieno lo stato di tensione che si respira nel partito di maggioranza.

Insomma la minoranza PD sembra tornata sull’Aventino. Il Segretario democratico dal canto suo sembra stigmatizzare le posizioni “oltranziste” della sua minoranza interna, non curandosi degli attacchi e proseguendo come un treno sulla strada da lui stesso delineata. La riapertura del fronte interno di certo non fa altro che aumentare il rischio instabilità del Governo alle prese con i difficili rapporti in alleanze a diverse velocità, che rischiano di mettere in discussione l’iter dei provvedimenti più importanti. E a gettar altra benzina sul fuoco ci si sono messe anche le polemiche sulle primarie per le regionali di maggio. Metodo e vincitori indigesti alla minoranza sono state fonte di ulteriori malumori, prontamente riportati dalla stampa, che non fanno altro che aumentare la distanza tra Renzi e una parte del suo partito.

Ora il problema maggiore è capire quale sarà la ripercussione dell’atteggiamento del Premier sulla tenuta del Governo. Se davvero la spaccatura dovesse perdurare, e il punto d’incontro non dovesse essere trovato, la scissione sembra diventare un’ipotesi concreta. Sicuramente il banco di prova saranno le prossime elezioni amministrative in cui renziani e oppositori si misureranno a suon di preferenze per decretare il vincitore.

Chi resta alla finestra a guardare è sicuramente Vendola, interessato a riunire la sinistra radicale sotto un’unica bandiera, capace di fare da contrappeso a quello che viene interpretato come una deriva a destra di Matteo Renzi. Non resta che vedere come procederanno le modifiche e le votazioni su legge elettorale e riforme costituzionali. Il Partito della Nazione resta alle porte.

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