Renzi a Mosca

Al tempo del primo (fallito) assalto di Matteo Renzi alla Segreteria del PD, per squalificare il giovane rottamatore, Massimo D’Alema, con la sufficienza che gli è propria, disse una delle sue non poche sciocchezze: “Ve lo immaginate Renzi che parla con la Merkel?” (tanto per la memoria, è lo stesso D’Alema che sentenziò che la Lega era “una costola della sinistra”). Da allora è passata molta acqua sotto i ponti e Renzi con la Merkel ci ha parlato eccome! E, a quanto pare, si è persino fatto ascoltare (che poi lui abbia ascoltato la Cancelliera è da dimostrare). Il fatto è che a lui è accaduto quello che talvolta accade a chi accede ai posti di massima responsabilità anche sul piano internazionale: acquista rapidamente disinvoltura, entra senza sforzo nei panni di un protagonista e bandisce qualsiasi timidezza o complesso, se mai li avesse avuti prima (cosa di cui, nel caso specifico, dubito un po’). Sin dalle prime uscite internazionali, il Premier è apparso a suo agio, aiutato da una certa scanzonata sfacciataggine (che sia una caratteristica toscana?). Lo abbiamo visto a tu per tu con i grandi della Terra, da Obama in giú, dai quali non sembra si sia lasciato intimidire. E ora il faccia a faccia con Putin.

La visita a Mosca è stata un atto di realismo politico che, da vecchio del mestiere, ho apprezzato. Il momento, dopo l’assassinio di Nemtsov, non era certo il migliore, ma la visita era stata fissata prima del tragico evento e sarebbe stato pessimo farla saltare. Renzi ha fatto invece bene ad andare a depositare fiori sul luogo dell’assassinio: non era nemmeno una scortesia al padrone di casa, visto che questi ha formalmente condannato l’assassinio e promesso punizione per i colpevoli. Che ci piaccia o no (a me non piace molto, s’intende), Putin  è uno dei protagonisti della  politica internazionale e oggi in particolare il suo ruolo è chiave in due vicende che toccano da vicino vitali interessi italiani ed europei: l’Ucraina e la lotta al terrorismo islamico. La Russia resta inoltre un partner economico importante, con il quale dovremo prima o poi riprendere a collaborare appieno. Però il momento scelto per la visita non era del tutto negativo: essa si situava dopo gli Accordi di Minsk, unica speranza in questo momento di arrivare ad una soluzione negoziata della crisi ucraina, e quindi aveva un senso politico nell’intento di favorirne l’attuazione, e la Russia attraversa una fase di crisi finanziaria ed economica per la caduta del prezzo del petrolio ed è verosimile che Putin senta l’esigenza di non rompere i ponti con tutto l’Occidente.

Il colloquio di Mosca è durato tre ore. Pur tenendo conto del tempo che si perde con la traduzione, si tratta pur sempre di una durata che dimostra che esso non ha avuto carattere puramente formale. Ho partecipato a decine di incontri internazionali di alto livello e so bene che in molti di essi si parla per parlare. Non ho l’impressione che questo sia stato il caso.

Cosa si proponeva il Presidente del Consiglio? Dire la sua a favore degli Accordi di Minsk e offrire una partecipazione italiana alla loro esecuzione e verifica (già siamo presenti nel corpo di osservatori dell’OCSE). Putin, da buon scacchista, gli ha restituito la palla auspicando che l’Italia insista con Kiev perché faccia la sua parte (in chiare lettere, attui la riforma costituzionale autonomista che costituisce la sola via d’uscita politica, anche se a medio termine significherà la separazione delle regioni orientali). Credo che di questo Renzi sia convinto e che non abbia mancato di dirlo nella visita fatta, opportunamente, a Poroshenko prima di volare a Mosca, dopo aver reiterato solennemente (e giustamente) l’appoggio alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina. Però non montiamoci la testa: in questa vicenda si muovono giocatori di ben altro formato. Il nostro ruolo può essere solo di complemento. Dove però possiamo giocare con una certa efficacia è nel contribuire a determinare un atteggiamento responsabile e prudente da parte dell’Unione Europea, contro le tendenze di alcuni partner orientali a mettere in un angolo Mosca. E forse anche contribuire a persuadere Obama che non è il tempo di forniture militari all’Ucraina,  un’inutile provocazione per la quale non a caso spingono la destra americana e l’establishment militare.

Ma lo scopo vero della visita era certamente la minaccia della jihad, specie in Libia, ove siamo in prima linea e della quale il Governo è fortemente preoccupato. Ho già espresso l’opinione che sarà difficile uscire dal caos in quel Paese senza un intervento militare, condotto dalla NATO o dall’Egitto. Ma se questa strada appare per ora scartata, o quanto meno sospesa, è chiaro che la sola alternativa immaginabile sta in un forte intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in cui la Russia svolge un ruolo chiave. Qual è la sua vera posizione? Non credo che possa avere compiacenze per la jihad di cui essa stessa è uno dei bersagli. Non penso però sia disposta a esporsi militarmente in prima persona, né in Irak e Siria né in Libia, o a vedere di buon occhio un intervento occidentale, che è di solito anatema a orecchie russe (solo Eltsin lo tollerò nei Balcani, in un momento di estrema debolezza politica). Ma è plausibile che si unisca a uno sforzo diretto a dare un po’ di muscoli all’azione dell’ONU. Certo risulta complicata una collaborazione con gli occidentali in un momento di sanzioni per l’Ucraina. Ma alla fine dovrebbe prevalere da ambedue le parti la realtà di un interesse vitale condiviso. Alla fine, non si è Putin tranquillamente digerito la Crimea e non sa che nessun occidentale ha voglia di rimettere quella faccenda in causa? Non gli basta? Vuole anche una buona fetta di Ucraina? Da quello che è emerso dopo l’incontro di Mosca, Putin ha riconosciuto gli interessi speciali dell’Italia in Libia e promesso di collaborare all’ONU.

Se così fosse, la visita del Premier non sarebbe stata inutile. E lo zuccherino consistente nell’invito all’Expo di Milano potrebbe aver servito a qualcosa.

©Futuro Europa®

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