Brasile, la Presidente Dilma contestata mentre parla in TV
Il Brasile ha alti indici di finanziamento illegale della politica, o, per dirla più chiaramente, di corruzione politica. La storica tradizione della corruzione delle classi politiche del mondo latino americano si somma ad una legge elettorale che crea situazioni assurde che sono una spinta oggettiva alle tangenti. Si pensi solo alla legge proporzionale per eleggere i deputati federali che vengono eletti nei vari stati con preferenza unica. Il problema è la dimensione degli stati, il dover cercare preferenze in aree vaste, ad esempio lo stato di Bahia è il doppio dell’Italia, crea oggettivi costi enormi delle campagne elettorali in un paese dove i partiti sono quasi sempre solo comitati elettorali. La permanente e capillare corruzione politica ha visto scoppiare alcuni casi clamorosi, come quello di alcuni anni fa dei membri delle Commissioni di Bilancio del Congresso che ricevevano tangenti ogni volta che deliberavano stanziamenti per opere pubbliche o altri progetti con finanziamenti federali.
Di recente il caso del “Mensalao”, ovvero il finanziamento mensile di alcuni partiti al fine di far loro votare le leggi proposte da Lula, scuote profondamente il paese. cadono teste illustri come José Dirceu, il più stretto collaboratore di Lula, o il segretario del PT, Partito dei Lavoratori del presidente Lula, o il suo segretario amministrativo. L’anno scorso si era appena chiuso il processo con una serie di condanne e viene arrestato Alberto Yousseff. Si tratta di un “dollereiro”, uno di quel vasto mondo di cambisti da sempre sospettati di inviare dollari all’estero. Nasce lo scandalo “lava-Jato” e da esso emerge un gigantesco giro di tangenti. Secondo le indagini una ventina di grandi società che lavorano con la Petrobras da anni passavano tangenti ad alti dirigenti della società che poi le rigiravano ad uomini politici tramite Yousseff. Dopo più di un anno di indagini, di fughe di notizie, di dichiarazioni di pentiti, in primo luogo dello stesso Youssef, si arriva al mercoledì della settimana scorsa, quando il Procuratore Generale della Repubblica Janot consegna una lista di indiziati al Supremo Tribunale Federale. Si tratta del supremo livello di giustizia, una specie di Corte Costituzionale del Brasile, unico organo abilitato a giudicare i membri del Congresso, ministri e Governatori.
La bomba attesa con grande paura a Brasilia, esplode e colpisce circa cinquanta personalità, principalmente uomini dei partiti di governo, anche se non manca un ex governatore del Minas Gerais ed attualmente senatore del PSDB, principale partito di opposizione. Il PT vede apparire nella lista senatori, deputati e un segretario amministrativo del partito, il PMDB, il grande partito di centro che esprime il vice presidente della Repubblica, vede i suoi due uomini che presiedono la Camera dei Deputati e il Senato accusati di aver ricevuto tangenti. Il Partito Progressista (PP) ha quasi 30 tra deputati e senatori inquisiti. Il Procuratore Generale Janot cita sia Dilma che l’ex candidato presidenziale Aecio Neves, ma ne chiede l’archiviazione.
Il STF rende nota la lista venerdì: sabato e domenica tutto il paese non parla d’altro, con passione e rabbia. Ma ecco che accade un fatto insolito, Dilma va in televisione in occasione della festa della donna, ma per difendere la recente politica di austerità del suo governo; mentre lei parla, in più di dodici capitali del paese, a cominciare dal grande stato di San Paolo, decine e decine di migliaia di persone nelle case di molti quartieri cominciano a urlare, a battere le pentole, spengono ed accendono la luce, nelle strade le macchine suonano il clacson. Il “panelaço” è una forma di protesta battendo le pentole che ha una lunga storia in Sudamerica. Il PT ha reagito duramente, accusando la manifestazione di intenti “golpisti”. Si è aperta in Brasile una fase di grandi contrasti dagli esiti imprevedibili.