Mario Mauro (Popolari per l’Italia) di ritorno da Kiev in missione per il PPE

Nello scenario di conflitti politici e culturali a ridosso dei suoi confini, l’Europa si trova ad affrontare una delicata situazione di gestione diplomatica nel rapporto con alcune realtà belligeranti. In questo frangente, il Partito Popolare Europeo ha condotto una missione a Kiev, in Ucraina, guidata dal presidente di Popolari per l’Italia, il senatore Mario Mauro. Lo abbiamo intervistato al ritorno del suo viaggio, per chiedergli quali impressioni ha avuto sui precari equilibri internazionali che attualmente scuotono il nostro continente.

Qual è stato lo scopo della sua missione a Kiev? Che percezione ha avuto del clima della società civile in Ucraina?  

Si è trattato di una missione del Partito Popolare Europeo, di solidarietà con i partiti ucraini che hanno chiesto di far parte della nostra famiglia politica, con il compito di verificare tre questioni principali: la percezione dell’evoluzione del conflitto, le riforme in cui è impegnato l’attuale governo di coalizione che è fatto di partiti aderenti al PPE, e la prospettiva di integrazione europea di questo paese. Abbiamo preso parte a molteplici incontri molto interessanti, spaziando dall’incontro con una giornalista impegnata nelle indagini per gli omicidi di piazza Maidan, da cui è scaturita la situazione politica in Ucraina, a uomini politici di maggioranza di governo, a figure del mondo associativo e della cultura universitaria. La descrizione un po’ caricaturale della situazione ucraina fatta all’esterno si scontra con una percezione più ragionata e profonda, che esclude come adesso in questo paese ci sia discriminazione dei cosiddetti russofoni. E allo stesso tempo rimane sul piatto la complessità di una situazione strategica in cui la Russia ritiene inestricabile il nodo di un’Ucraina che si avvicina all’Europa, perché verrebbe meno il suo cosiddetto spazio vitale. Quindi il conflitto russo-ucraino nasconde pericoli seri per le sorti del mondo intero, ma mi auguro invece che il rafforzamento della democrazia di Kiev contribuisca a sciogliere i nodi del conflitto.

In una dichiarazione dopo il suo viaggio a Kiev, lei afferma come l’Europa sottovaluti i propri rischi strategici rispetto alle dinamiche di politica internazionale. Cosa dovrebbe fare l’Unione europea per evitare di rimanere schiacciata da potenze come la Russia e gli Stati Uniti?

L’Unione europea, per sua vocazione naturale, dovrebbe rifiutare la logica dei blocchi contrapposti. Quando abbiamo creato il consiglio NATO-Russia, l’idea era di una gestione delle tensioni sul piano globale fatta a ventotto paesi più uno: in realtà, ci siamo ridotti a ventotto contro uno. Una visione di questo genere ha ovviamente dei forti limiti, per cui l’Unione europea, sia dentro la NATO che come soggetto politico a sé stante, deve recuperare un proprio peso specifico. Questo lo si persegue attraverso la messa a punto di una strategia di politica estera di difesa che sia realmente comune.

Lo scorso 6 marzo a Toledo il Partito Popolare Europeo ha discusso una strategia per affrontare l’avanzata della minaccia del terrorismo islamico. Per fronteggiare questi evidenti rischi, quali sono a suo parere le strategie più efficaci?

Nei confronti dell’ISIS, la coalizione internazionale ha sicuramente dei doveri di azione diretta, collegati non solo ad interventi tramite l’aviazione e la formazione sul campo dei peshmerga curdi e delle truppe fedeli a Baghdad, quanto piuttosto nel convincere, attraverso un intervento diplomatico sul campo di estrema difficoltà, le tribù sunnite a superare i risentimenti nei confronti degli errori compiuti dal governo sciita di Al-Maliki, e a capire che lo stato islamico non può essere il loro futuro. La ferocia dell’ISIS ha determinato forti risentimenti già in molte delle tribù sunnite che avevano dato il loro iniziale appoggio, ma se si riuscirà a compiere questa operazione, si potrebbero creare le condizioni per togliere l’acqua in cui nuotano gli squali dell’ISIS.

In un altro suo messaggio, lei afferma che l’Europa è l’unica strada per affrontare questi pericoli. Cosa risponde a chi oggi pensa che l’Unione europea sia solo una macchina del potere, legata a forti interessi economici e non a beneficio dei cittadini?

Dobbiamo essere realisti: l’Unione europea ha dei limiti oggettivi, legati al grosso deficit di democrazia che si è accumulato attraverso istituzioni che non hanno saputo chiarire il proprio processo democratico di formazione delle decisioni. Però chi dice queste cose non è un anti-europeo, ma vuole bene all’Europa e vorrebbe aiutare l’Unione europea a migliorarsi, determinando uno scenario che in prospettiva può essere soltanto quello degli Stati Uniti d’Europa: un’Europa federale dove le decisioni vengono prese superando i nazionalismi. Chi invece dice “fuori dall’Euro, fuori dall’Europa” non propone un miglioramento, ma una scorciatoia per ritornare a un isolazionismo anacronistico, che ha come esito due conseguenze mortali: da un lato l’inconsistenza, perché già siamo piccoli su scala mondiale con cinquecento milioni di persone, appena il 7% della popolazione mondiale. Pretendere che singoli stati come la Francia o la Germania possano risolvere da soli i problemi di scenario odierni, mi sembra pura follia. L’altra conseguenza è che l’Unione europea è un progetto di natura politica ancorato a due questioni molto precise come la pace e lo sviluppo. Oggi siamo in difficoltà nello sviluppo, e non vorrei che questi atteggiamenti di carattere velleitario comportassero rischi per la pace.

Nel settembre del 2014 il gruppo Popolari per l’Italia ha ricevuto l’approvazione ufficiale dall’assemblea del PPE per l’ingresso nel suo nucleo: quali i risultati raggiunti finora e gli obiettivi per il futuro?

Un obiettivo raggiunto è stato certamente l’essere entrati a pieno titolo nella famiglia dei Popolari Europei. In secondo luogo, aver cominciato un’opera di radicamento territoriale, che proseguirà attraverso le amministrative, e che ci permetterà ancor di più di far vivere nettamente gli ideali dei Popolari. In terzo luogo, contribuire all’unità della famiglia popolare anche in Italia. Siamo coscienti che ciò di cui ha bisogno il nostro Paese è di ricomporre il campo popolare, che in questo momento appare allo sbando, e lascia rappresentare alla Lega di Salvini quello che non ha senso si rappresenti. Ciò che tante volte  dimentichiamo è che noi siamo i popolari e abbiamo idee molto diverse dai populisti, ma alla fine spesso e volentieri gli elettori sono gli stessi.

©Futuro Europa®

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