Boko Haram e la “sottomissione” allo Stato Islamico

I due gruppi islamo-terroristici Boko Haram e Stato Islamico hanno annunciato la loro alleanza attraverso un messaggio audio. Il capo del gruppo islamista nigeriano Abubakar Shekau ha annunciato la sua adesione all’Isis proprio quando tre attentati insanguinavano ulteriormente il Nord Est della Nigeria, causando la morte di almeno 58 persone. Ha affermato la sua ferma volontà di voler obbedire incondizionatamente al “califfo” al-Baghdadi.

Tutto ruota intorno ad una registrazione di otto minuti, diffusa dall’account Twitter di Boko Haram. Attraverso questo annuncio Abubakar Shekau ha voluto formalizzare l’atto “casualmente” tre settimane prima delle elezioni Presidenziali che gli insorti islamisti minacciano di perturbare pesantemente. “Annunciamo la nostra lealtà al califfo dei musulmani, Ibrahim ibn Awad ibn al-Husseini al-Qurashi”, capo dello Stato Islamico, declama la voce che pronuncia il messaggio, identificata come quella del capo di Boko Haram. Al-Quarashi è conosciuto ai più come Abou Baqr al-Baghdadi, colui che nel Giugno del 2014 ha proclamato la nascita di un “califfato” a cavallo tra il territorio siriano ed iracheno. Si tratta di una semplice registrazione audio accompagnata da un’immagine che rappresenta un microfono, mentre solitamente Shekau è visibile nei messaggi che diffonde, e spesso addirittura con primi piani eloquenti. Nel suo messaggio, Abubakar Shekau parla in arabo, e il suo intervento è sottotitolato in francese e inglese. Se non tutti sono convinti della sua autenticità, il capo di Boko Haram di identifica chiaramente nell’audiomessaggio. Shekau aveva già evocato al-Baghdadi nei suoi video, ma senza mai formalmente prestargli fedeltà o dare segnali di sottomissione. Negli ultimi mesi però, ci sono stati chiari segnali di avvicinamento tra il gruppo nigeriano e l’Isis. Boko Haram ha conquistato lo scorso Giugno la città di Gwoza nello Stato di Borno (Nord-Est), da dove Shekau, a sua volta ha proclamato la nascita di un suo “califfato” nelle zone passate sotto controllo islamista. Inoltre, un avvicinamento si è verificato nel modo di fare comunicazione, somigliando sempre più i video di Boko Haram a quelli della propaganda portata avanti dallo Stato Islamico. Dal 2009, l’insurrezione islamista e la sua repressione per mano delle forze dell’ordine nigeriane hanno causato la morte di più di 13mila persone. Lo scorso Febbraio, il Presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha affermato che disponeva di prove che testimoniavano i legami tra Boko Haram e l’Isis, senza però dare dettagli.

L’esperto in jihadismo sunnita Aaron Zelin, ricercatore presso l’Istituto sulla politica in Medio Oriente a Washington,  pensa che non si possano valutare gli effetti immediati di queste parole. Sicuramente hanno disegnato un “bersaglio ancora più grande sulla loro schiena”, ha dichiarato all’agenzia francese AFP, ma è anche un atto di coerenza perché “mette l’accento sulla ripercussione che può, e che deve avere, l’idea di “califfato”. Nel corso degli anni si è parlato di legami del gruppo nigeriano con Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) o con i gli Shebab somali, ma tutto molto nebuloso. Oggi Boko Haram ha deciso di fare le cose alla luce del sole e se la registrazione fosse autentica si sarebbero poste le basi di un ponte tra gli jihadisti del Sahel e quelli che combattono in Siria e Iraq. Ricordiamo che questo annuncio è arrivato quando Boko Haram sembra essere stato messo alle strette dall’esercito nigeriano che, appoggiato dagli alleati del Ciad e del Camerun, ha sottratto al controllo islamista diverse città strategiche. Sentitosi minacciato, il gruppo islamista ha radunato forze nella sua roccaforte di Gwoza, continuando con i massacri dei civili. Gli esperti temono che questi attacchi si moltiplichino, soprattutto nelle regioni più arretrate e con l’avvicinarsi delle elezioni del prossimo 28 Marzo. Shekanu ha infatti promesso di fare di tutto per perturbare il voto, facendo temere che le elezioni, molto controverse e talvolta fonte di violenze a sfondo politico, non virino al disastro. Sabato scorso Maiduguri, capitale dello Stato di Borno e culla di Boko Haram, è stata scossa da tre esplosioni attribuite agli islamisti. Il bilancio è stato di 58 morti e 139 feriti. Almeno una delle esplosioni è stata provocata da un kamikaze. Molti bambini sono morti. “I terroristi sono furiosi per il modo in cui sono stati fatti arretrare da villaggio in villaggio e da città in città ed esprimono tutta la loro rabbia”, ha affermato il Commissario alla Giustizia per lo Stato di Borno, Kaka.

Ma perché questo avvicinamento? Abbiamo parlato delle elezioni, che Boko Haram vuole boicottare a tutti i costi e della somiglianza sempre più stretta con il modo di far propaganda operato dall’Isis. Il gruppo nigeriano ha da poco pubblicato su Twitter il video di un’esecuzione, ricalcando il modello dei video pubblicati dall’Isis: Boko Haram non vuole più imitare, ma esserne parte e soprattutto essere parte di un progetto di ampio respiro. Sicuramente è un’operazione di successo per l’Isis che non vuole far altro che allargare i confini del califfato islamico attraverso l’espansione territoriale e il controllo degli individui e avviene in un momento  di difficoltà” per Boko Haram. Per Boko Haram  grande visibilità mediatica nella sfera jihadista e forse potrà ottenere rinforzi visto che ormai è palese che si sta confrontando anche ad una coalizione internazionale formata da Ciad e Camerun. Fino ad oggi il gruppo di Boko Haram era visto dall’Isis come un gruppo “sostegno” e non come un vero e proprio affiliato. Da oggi può contare su un vero alleato che si aggiunge ai gruppi esistenti in almeno altri 11 Paesi (Filippine, Indonesia, Pakistan, Afghanistan, Yemen, Arabia Saudita, Iraq, Siria, Egitto, Libia, Algeria). I media poi non fanno che rilevare quanto l’Isis si stia imponendo in Africa, dove diversi gruppi sono in competizione tra loro. Il ramo libico dell’Isis a Derna fa parlare sempre più di lui, cosa che potrebbe aver spinto il leader di Boko Haram ad avvicinarsi al gruppo terroristico più ricco del mondo, piuttosto che verso Aqmi, più “vicino” dal punto di vista logistico. Il primo traguardo da temere sono elezioni, ma questa promessa pubblica di lealtà purtroppo non farebbe che confermare lo scenario che va delineandosi: ancora terrore.

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