Donne e Scienza oltre gli stereotipi

La recente vicenda di Samantha Cristoforetti che è riuscita ad “andare in orbita” coronando così il suo sogno o di Fabiola Gianotti Direttore generale, dallo scorso anno, del più importante centro di fisica delle particelle del mondo, il CERN di Ginevra, sono solo due degli esempi che si potrebbero fare a dimostrazione che le donne nel campo dell’eccellenza scientifica, della ricerca così come nella tecnologia e nell’innovazione hanno fatto enormi passi avanti.

Lo scorso anno l’Accademia delle Scienze di Stoccolma ha conferito a cinque donne il premio Nobel: di queste donne tre sono scienziate: l’australian Elizabeth Blackburne e la statunitense Carol Greider per la medicina e l’israeliana Ada Yonath per la chimica. Per la prima volta il premio Nobel per l’economia è stato dato sempre ad una donna: la politologa statunitense Elionor Ostrom. Così come il successo riscosso dalle figure femminili in campo scientifico suscita nell’opinione pubblica grande interesse e grande è il risalto che ne danno i media d’altra parte è anche giusto dire, che ancora oggi, nonostante i grandi progressi che si sono avuti nella nostra società, persistano difficoltà da superare nel campo scientifico, come del resto nei rimanenti, anche a causa di limiti socio-culturali ancora esistenti nella società moderna e difficili da scardinare.

La recente ricerca svolta in ambito comunitario: “PRAGES” dimostra come la posizione delle donne nei settori scientifici e tecnologici ancora non è equiparabile a quella degli uomini. Oltre la persistenza di divari salariali rispetto agli uomini, si registrano, anche, e questa è la cosa più grave, squilibri nella valutazione del merito scientifico e conseguentemente nelle possibilità di pubblicare e di depositare brevetti.

Uno studio della Villanova University, negli Stati Uniti, pubblicato su Psychological Bulletin, condotto dalla scienziata Nicole Else-Quest, che ha reso in esame dati di 500.000 mila studenti(tra i 14 e i 16 anni) di 69 nazioni, dimostra come gli stereotipi sull’inferiorità femminile in matematica sono in contrasto con i dati scientifici reali. La Else-Quest, professoressa di Psicologia, ha analizzato i risultati di due Survey internazionali sui progetti in matematica a scuola: la “Trends in International Mathematics and Science Study” (TIMSS) e il “Program for International Student Assessment” (PISA). L’analisi dei dati svela differenze minime tra i due sessi nelle abilità matematiche.

Lo studio dimostra come le differenze che si trovano in certe nazioni per quanto concerne le prestazioni matematiche sono dipendenti da fattori di tipo sociale e culturale. Se è vero che lì apprendimento infantile è dipendente dalla qualità dell’istruzione, ugualmente influenzano l’apprendimento della matematica nelle ragazze il valore che la scuola, gli insegnanti e le famiglie gli danno. I risultati dimostrano che è possibile ottenere dalla ragazze prestazioni di pari livello a quelle ottenute dai ragazzi, fornendo loro strumenti educativi appropriati e consentendo loro di far riferimento  modelli femminili che avessero dimostrato di eccellere in matematica.

Altresì, un articolo pubblicato sulla rivista Developmental Psycology dimostra come i pregiudizi delle mamma possano influenzare sia nel bene che nel male la predisposizione delle proprie figlie in determinate discipline scolastiche. Prendendo in esame le materie della sfera logico-matematica, che sembrano più adatte ai maschietti e meno alle bambine, che, invece, sembrano essere più predisposte nella sfera linguistica ed artistica.

I ricercatori esaminando un  gruppo di 124 bambine con le loro madri hanno constatato quanto l’ansia da prestazione provato dalle madri “meno emancipate” in determinate materie porti a sviluppare nelle bambine la sensazione di sentirsi meno portate in alcune e a concentrarsi, conseguentemente, sulle altre. Le bambine con voti bassi in matematica erano anche quelle i cui genitori tendevano a riconoscersi in determinati stereotipi. Da parte opposta, invece, le bambine con madri più “moderne”, che non erano vittime di pregiudizi di genere riuscivano in modo più brillante in matematica e in ambito scientifico.  Il successo delle donne in matematica è funzione del loro grado di emancipazione e in alcuni Paesi nordici è, di fatto, azzerato, se non addirittura ribaltato, come in Islanda, mentre in Paesi come Turchi o Grecia è, ancora oggi, piuttosto evidente. Quindi si vede come i risultati ottenuti dalle donne in campo scientifico non sono il frutto di oggettive limitazioni biologiche, quanto piuttosto la conseguenza di limiti socio-culturali educativi di cui possono essere o meno vittima.

Maggiore istruzione e migliore qualità della vita aumentano le abilità cognitive delle donne nelle sfere in cui già hanno la meglio sugli uomini: memoria episodica e abilità linguistiche, mentre riducono il gap in  quelle in cui appaiono in svantaggio: matematico-scientifico. In questi contesti le donne dimostrano maggiori capacità mnemoniche, mentre il vantaggio degli uomini nelle abilità matematiche diminuisce. I risultati che le donne ottengono nel lavoro sono funzione, quindi, delle condizioni sociali in cui vivono, le loro  capacità intellettuali e i risultati che sono in grado di raggiungere migliorano al migliorare di queste condizioni e dipendono da tali condizioni più di quanto non avvenga per gli uomini. Questi sono i risultati dello studio pubblicato sul “Proceedings of the National Academy of Science”. In definitiva, dal punto di vista scientifico si consegue che, se è vero che esiste un”modello di genere nelle prestazioni cognitive” e che in una società con una maggiore “equità di genere” è legittimo attendersi che le donne abbiano una relativa prevalenza in alcune funzioni cognitive e gli uomini in altre, è anche vero che le donne risentono in misura maggiore degli svantaggi sociali in cui vivono.

La questione non riguarda, quindi, solo l’ambito scientifico, ma anche quello di un’effettiva parità dei diritti. Questo è il motivo per cui l’Unione  Europea ha, dunque, dovendo prendere atto della necessità di affrontare la questione della “diversità di genere” per trovare soluzioni che le consentano di ottimizzare la performance degli individui che la compongono, consentendo a ciascuno di raggiungere sempre l’eccellenza della produttività nel suo lavoro, oltre al più completo benessere psico-fisico, ha predisposto una guida pratica per l’applicazione delle nuove disposizioni sulla parità di genere in attuazione del Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020: “Manuale sulle priorità di genere in H2020”. La “parità di genere” rientra, infatti, tra le priorità strategiche della strategia Europa 2020, ed è il 6° Challenge del terzo “pilastro” di Horizon 2020. Obiettivo specifico è di sostenere una maggiore comprensione dell’Europa, promuovere soluzioni e supportare le società inclusive, innovative e riflessive, in un contesto di trasformazione senza precedenti e crescenti interdipendenze globali, contro ogni forma di discriminazione sociale, si discute, in definitiva, di come trasformare le buone intenzioni in azioni concrete.

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