Leadership eterodiretta
La teoria economica discorre da tempo sull’egoismo delle scelte e le conseguenze che l’individualismo di una pluralità di individui interessati all’ottimizzazione del proprio utile possa creare efficienza e risultati socialmente favorevoli. Nel nostro Paese infatti tendiamo a rendere socialmente accettabili gli utili della “distruzione di ricchezza condivisa” per mano di leader che sbagliano anche nella loro incapacità di attuare politiche imposte dall’esterno, con il risultato che il disfacimento diventa cosa per pochi. Non vale in questo la nota legge dei vasi comunicanti per cui per ricchi che eravamo dobbiamo farci un po’ più poveri per consentire alla “pressione” di incidere favorevolmente in altri punti del Pianeta. Non ci sono ancora modelli pervasivi che consentano di stabilire le forze necessarie a rendere questo passaggio, non solo incruento ma almeno foriero di strategie di lungo periodo che possano ristabilire un minimo equilibrio.
Oltre all’evidente fallimento della mano invisibile assistiamo dunque alla impossibilità di implementare politiche condivise con una Europa che ha smarrito il senso di se più di quanto sia necessario per produrre sia efficienza che un’ideale pace sociale.
La piccolezza dei sistemi e l’atomizzazione delle responsabilità mina alla base qualunque modello di crescita. La strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva può essere implementata se diveniamo consapevoli di dover lavorare su di un consenso stabile su poche, selezionate e condivise norme e valori che possano guidarci fuori dal guado. Le prospettive di valore devono raggiungere elevati livelli di condivisione etica, convergendo verso un’idea di politica e di società giusta. Ma in questo i prati e gli orticelli non fanno bene allo sviluppo del Paese. E quando i proprietari di orticelli, perdendo il senso della misura, credono di essere comunque il centro di qualcosa, diventa chiaro che hanno smarrito anche il senso della proporzione interiore. In questo momento nessuno in Germania si preoccupa più di tanto: non solo perché il Paese per i suoi cittadini e per i leader a qualunque livello, viene prima dell’appartenenza o della proprietà di una parte, ma perché l’idea di stato e di governo e di politiche per conseguire risultati a vantaggio della collettività, sono conseguiti comunque, anche nella normale dialettica politica. La preoccupazione della ricerca di una strategia politica che consenta di attuare una stabilità della lealtà civile, coerente con il pluralismo e il bene comune deve essere la visione della nuova classe dirigente che il Paese deve darsi.
Non abbiamo ancora scoperto cosa i nostri “leader nascosti e lontani” hanno in serbo per noi a causa dello sforamento del 3 per cento del rapporto deficit/pil. Non sappiamo come si muoveranno le borse, lo spread, come saranno riviste ancora al ribasso le stime di crescita. La competitività, la crescita e l’occupazione sono funzione della stabilità finanziaria e ancor di più in questo momento della stabilità politica. Le leve di governo del nostro Paese e della nostra economia devono essere sottratte allo scambio politico dei cicli elettorali e degli articolati e paradossali scontri fra poteri istituzionali: per accrescere le garanzie e la credibilità sui mercati e in Europa facciamo tutti insieme uno scatto di orgoglio. Riprendiamoci la fiducia nel futuro, in noi stessi. Poniamoci mete raggiungibili, rese possibili dalla condivisione e dalla speranza che il bene comune rende tutti più ricchi e più capaci di essere leader di sé stessi.
©Futuro Europa®
Un Commento
Sono parole confortanti, ma purtroppo sembra proprio che in questo momento in Italia manchi una politica concertata e di lungo respiro, allineata con quella della UE.
Così rischiamo di perdere credibilità come Paese agli occhi dei nostri partner europei.