Bahrain, meta a rischio
Il mondo arabo è da tempo in agitazione; oltre alle nazioni che con drammatica prepotenza prendono posto sulle prime pagine dei quotidiani, ci sono posti di cui non scrive nessuno o quasi. Uno di questi è il Bahrain, piccolo Stato situato su un arcipelago di 33 isole vicino alle coste occidentali del Golfo Persico, la sua capitale è Manama.
Per decenni il Bahrain è stato uno dei luoghi più tolleranti del Golfo Persico, meta di viaggi per sollazzo di tanti sauditi grazie al ponte che unisce la piccola isola al continente e che consente ai vicini di provare i costumi occidentali: gioco d’azzardo, alcool, donne. Costumi che, da una parte contestano e dall’altra bramano. Tuttavia, tali libertà sono limitate solo a una cerchia ristretta e negli ultimi anni il rischio di una rivolta ha aumentato la stretta della monarchia sulla libertà di parola ed espressione dei suoi sudditi, in gran parte musulmani sciiti.
Il re del Bahrain Hamad bin Isa Al Khalifah è il monarca e a quel che dicono pare sia un tipo molto permaloso. Criticare, insultare o semplicemente muovere un appunto alla sua figura può costare fino a sette anni di carcere. Una pena che non ha eguali nei Paesi del Golfo. Secondo la magistratura del Bahrain, dall’inizio del 2012 almeno 12 persone sono state incarcerate per aver insultato il re, ma secondo gli attivisti per i diritti umani le persone condannate sarebbero invece almeno 30.
Nel 2012, Ali Abdullah Ahmad al-Hayaki è stato trattenuto in carcere per quattro mesi per aver scritto su Twitter dal suo iPhone: “Buttiamo giù Hamad” e “Possa Dio spingere la caduta di questo tiranno”. Sempre nel 2012 le autorità hanno condannato un altro attivista, di cui non si conosce l’identità, a sei mesi di carcere per insulti contro il monarca. Nel marzo 2013 una corte ha condannato a un anno di carcere Ali al-Shofa, 17 anni, colpevole di aver pubblicato su Twitter messaggi diffamatori nei confronti del re. Pochi mesi dopo, in maggio, altri sei attivisti sono stati condannati a un anno di prigione con le medesime accuse.
Ora però si avvicina il Gran premio di Formula Uno: e forse per questo qualcuno è stato arrestato per prevenzione, con l’idea di “non si sa mai”. Ma di queste notizie poco si parla, perché poco esce sulla stampa. L’unica notizia di rilievo è quella di un incidente accaduto durante una sessione di gare di velocità al Bahrain International Circuit, protagonista il bolide del team Bahrain’s EKanoo, tremila cavalli di potenza, forse troppi. Per fortuna l’incidente non ha causato gravi conseguenze al pilota.
In questo paese così piccolo di maggioranza sciita, il governo sunnita fa quel che vuole, rifiutando di dialogare con l’opposizione.La Farnesina da qualche giorno ha messo il Bahrain tra i paesi a rischio dove è sconsigliato andare. Amnesty International lo dice da sempre; ma a quanto pare nessuno lo scrive, lo veicola, lo fa sapere.