Parmigiano e Grana, i falsi superano gli originali
La produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato nel 2014, per la prima volta, quella degli originali, provocando addirittura il calo del valore delle esportazioni, in controtendenza al record fatto segnare all’estero dall’agroalimentare Made in Italy e ai positivi risultati registrati da altri formaggi, dal pecorino al Gorgonzola. Tutto ciò sta accadendo mentre, in Italia, scompare una stalla su quattro, colpa della crisi iniziata nel 2007, con perdita di migliaia di posti di lavoro negli allevamenti e caseifici. Questo allarme è stato lanciato in occasione della mobilitazione nelle piazze del popolo del Parmigiano, con migliaia di produttori, casari, stagionatori, gastronomi e consumatori.
Sotto accusa la moltiplicazione inarrestabile delle imitazioni in tutti i continenti che sono state smascherate ed eliminate con la prima “operazione verità” realizzata a tre anni dal sisma che ha colpito duramente il sistema produttivo del formaggio italiano più noto al mondo.
Nel 2014 la produzione delle imitazioni del Parmigiano e del Grana ha superato i 300 milioni di Kg realizzati per poco meno della metà negli Stati Uniti, dal falso parmigiano vegano a quello prodotto dalla Comunità Amish, dal Parmesan vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli Usa al kit che promette di ottenerlo in casa in appena 2 mesi, ma anche quello in cirillico che si è iniziato a produrre in Russia dopo l’embargo, il Parmesao brasiliano, il Reggianito argentino e il Parmesan perfect italiano ma prodotto in Australia. Se gli Stati Uniti sono considerati i “leader” della falsificazione, le imitazioni sono molte diffuse dall’Australia al Sud America ma anche nei Paesi emergenti.
Sul mercato europeo ed in Italia sono arrivati i cosiddetti similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Una concorrenza sleale nei confronti degli autentici Parmigiano Reggiano e Grana Padano che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione.
In questo contesto è particolarmente significativo il piano per l’export annunciato dal Governo che prevede per la prima volta azioni di contrasto all’italian sounding che trova nel Parmigiano Reggiano e nel Grana Padano la maggiore espressione a livello internazionale, tra tutti i prodotti agroalimentari Made in Italy. A rischio c’è un sistema produttivo con 363 piccoli caseifici artigianali della zona tipica dove si producono i famosi formaggi, alimentati dal latte prodotto nelle appena 3.348 stalle rimaste nel 2014, dove si allevano 245mila vacche.
Il tutto vale complessivamente quasi 4 miliardi di fatturato con il Grana Padano che si colloca al vertice delle produzioni italiane tutelate dall’Unione Europea con un volume di affari che vale 1,5 miliardi al consumo nazionale e 530 milioni mentre il Parmigiano Reggiano si colloca al secondo posto con 1,5 miliardi al consumo nazionale e 460 milioni all’export.
I compensi riconosciuti ai caseifici e agli allevatori per il Parmigiano Reggiano sono precipitati al di sotto dei costi di produzione ed ora il mondo produttivo si trova a fronteggiare una situazione di crisi più grave del terremoto di tre anni fa che aveva distrutto forme di formaggio, stalle e magazzini. Nell’ultimo anno il prezzo pagato ai produttori di Parmigiano Reggiano è diminuito del 20% nel giro di dodici mesi, passando dai 9,12 € del gennaio 2014 ai 7,31€ di fine dicembre 2014. A differenza, il prezzo di vendita ai consumatori italiani è calato appena del 4% con effetti svantaggiosi sui nostri acquisti.