Tradizioni pasquali
Domenica prossima sarà Pasqua. Questa festa così amata e celebrata dai Cristiani con riti antichi e crudeli, ha lontane origini. Nell’antichità si celebrava l’antica Pesah, festa ebraica del passaggio che cadeva il 15 di Nisan, che è il settimo mese del calendario ebraico secondo il computo ordinario ed è invece il primo mese secondo il computo dall’uscita dall’Egitto o l’ottavo mese nel computo ordinario negli anni embolismici (il mese embolismale, nei calendari greco, giuliano ed ebraico, è il mese inserito nell’anno per far coincidere il ciclo lunare e quello solare). Insomma tutta roba decisa dall’uomo per collimare le cose a suo miglior uso.
Rispetto al calendario corrente ricade nei mesi di marzo-aprile, strettamente vicina all’Equinozio di Primavera; poi con il Cristianesimo si trasforma nella celebrazione della resurrezione di Gesù, celebrata dal IV secolo nella domenica successiva al 15 Nisan e costituisce l’elemento chiave della teologia cristiana. Comunque, la figura di un dio che muore e risorge per salvare il mondo non è certamente un elemento nuovo nella mitologia mediterranea: c’è l’Osiride egizio e anche Attis, divinità dell’Asia Minore.
Il caro Attis era stato generato da una vergine che lo aveva concepito poggiando sul suo seno una mandorla e a quel punto mi sono chiesta a chi sarà mai venuto in mente; comunque non a caso la mandorla si ritrova nella simbologia dell’antico Cristianesimo. Questi avvenimenti venivano celebrati con feste primaverili con digiuni rituali e processioni che, assieme alle fiaccolate e al rito della flagellazione, ritornano nelle celebrazioni cristiane del Giovedì e Venerdì Santo.
Nella teologia cristiana la resurrezione di Gesù è vista come un fatto storico, irreversibile e irripetibile a cui credere senza ma e senza se; la Chiesa è riuscita a innestare il seme della nuova fede sull’antico ceppo del paganesimo. Negli stessi simboli quotidiani della Pasqua, del resto, ritroviamo antiche credenze, a cominciare dall’uso nordico del «coniglietto pasquale».
L’ animale più fertile in assoluto, legato al simbolismo lunare della ciclicità e della trasformazione e presente anche dell’Osiride egiziano, diviene ben presto il simbolo del rinnovamento della vita e della Primavera. La Germania lo eleggerà a simbolo pasquale sin dal XV secolo e, dai primi dell’800, se ne faranno dolci e biscotti: gli emigranti tedeschi e olandesi lo porteranno poi in America e da lì nascerà la tradizione di un coniglietto che, guarda caso, porta ai bambini un cesto di uova colorate.
E quindi ecco comparire l’uovo di Pasqua: l’uovo, simbolo antico dell’origine della vita, è da sempre associato alla Primavera ed alla rinascita. Legato al simbolismo del rinnovamento periodico della natura, l’uovo rappresenta la ri-nascita ripetuta secondo il modello cosmico e in questo senso lo troviamo, sotto forma di uova di argilla, nelle antiche sepolture della Russia e della Svezia e, più vicino a noi, nell’antico scambio di uova dipinte nelle feste propiziatorie della fertilità, uso che risale agli Egiziani ed ai Persiani.
Ma sono sempre i francesi che fanno un’elegante differenza: il re Luigi VII di Francia lancerà l’uso di regalare uova colorate ai propri sudditi e il Re Sole, amante del lusso sfrenato, avrà l’idea di rivestirle con uno degli alimenti più costosi e nuovi per l’epoca, il cioccolato.