Afghanistan, business oppio ed eroina

Quando si parla di Afghanistan, l’aspetto che spesso passa in secondo piano è il maggior settore economico del Paese stesso: la produzione di eroina e di oppio e il conseguente traffico internazionale dei prodotti. La coltivazione su vasta scala di papaveri da oppio in Afghanistan era iniziata negli anni ’80 nei territori controllati dai mujaheddin antisovietici armati dalla Cia, raggiungendo livelli altissimi negli anni ’90. Nel 2008 l’Afghanistan, superando la Birmania, è divenuto il più grande produttore mondiale di oppio con circa il 93% della produzione globale, con un fatturato annuo di 65 miliardi di dollari. Basterebbe questo dato per comprendere che la coltivazione di papavero da oppio riveste un ruolo centrale nell’economia nazionale.

Nel 2013, la Coalizione e le forze afghane hanno sequestrato 41 chili di oppio, contro una produzione che in Afghanistan si aggira attorno ai 5,5 milioni di chili. Dal 2011; inoltre, c’è stata una generale riduzione dei sequestri non solo di oppio (ridotti del 57°%), ma anche di eroina (-77%). La maggior parte del traffico di droga del Paese, pertanto, continua a restare invisibile, tanto alle forze afghane quanto agli Stati Uniti. Lo rileva l’ultimo rapporto dell’Unodc, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di combattere la diffusione delle droghe e della criminalità organizzata nel mondo.

Nel 2014 è stato raggiunto in Afghanistan un nuovo record di coltivazione di papaveri per la produzione dell’oppio, con un aumento delle superfici coltivate del 7% rispetto al 2013. Il progressivo ritiro dall’Afghanistan delle truppe alleate coincide non solo con un forte incremento delle attività talebane e delle violenze, ma anche con una nuova esplosione della coltivazione di oppio.

Come conseguenza di questa situazione, ha spiegato il direttore dell’Unodc Yuri Fedotov, anche la produzione di eroina è cresciuta ai livelli del 2008 e del 2011. L’andamento dei prezzi negli ultimi tre anni si è sviluppato a serpente: nel 2010 l’oppio afghano costava tra i 60 e gli 85 dollari al chilo, nel 2011 tra i 300 e i 600 dollari, mentre l’oscillazione tra il 2012 e inizio 2013 è tra 160 e 440 dollari al chilo. Un giro complessivo d’affari che, negli ultimi anni, si è aggirato attorno ai tre miliardi di dollari, contro i due miliardi raggiunti una decina di anni fa. Denaro che è per lo più utilizzato da narcotrafficanti, ma anche dai talebani che finanziano in questo modo il loro sforzo bellico.

La correlazione tra presenza militare della Nato e coltivazioni di oppio è riscontrabile anche nel settore occidentale presidiato dal contingente italiano. Nella provincia di Badghis, evacuata un anno or sono dai militari italiani, le coltivazioni di oppio sono tornate a crescere, mentre in quella di Farah, da cui il ritiro italiano è stato completato solo recentemente, le coltivazioni si sono ridotte del 12 per cento.

Le ragioni principali di questa “epidemia” sembrano essere, oltre ai raccolti sovrabbondanti di papavero da oppio, resi possibili dai legami tra Mafia e politica, anche la crescente disoccupazione e il ritorno di lavoratori tossicodipendenti dall’Iran e Pakistan. Le Nazioni Unite stimano che ci siano 1.6 milioni di tossicomani nelle città afghane, mentre nel 2009 erano circa 940.000. Si pensa che ce ne siano altri 3 milioni nelle campagne.

Tenendo conto di questa situazione, l’autorevole Global Commission on Drug Policy, composta da importanti rappresentanti della politica e della cultura internazionale, sostiene che si debba “sperimentare modelli di legalizzazione per tutti gli stupefacenti”. Le proposte vanno dalla depenalizzazione per i consumatori alla richiesta che i singoli Paesi valutino la legalizzazione della vendita della droga.

©Futuro Europa®

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