Luci ed ombre sull’economia del Brasile
Un diffuso giornale italiano ha parlato di una crisi profonda che starebbe colpendo tre paesi del continente sudamericano, Brasile, Argentina e Venezuela. L’accostamento del Brasile all’Argentina e al Venezuela è profondamente sbagliato. Venezuela e Argentina hanno dati economici a dir poco preoccupanti, basti pensare all’inflazione che è al 40% in Argentina e al 10% in Venezuela. Si pensi al fenomeno del mercato nero delle loro valute, a molti ricorda le assurde situazioni esistite per decenni nelle cosiddette “democrazie popolari”, un cambio ufficiale e uno “nero”, che può andare dal doppio nel caso del peso argentino, a dieci volte del bolivar venezuelano. Per non parlare del quadro politico, che è elemento di grande importanza nelle vicende economiche di un paese, dalla confusione accompagnata da scioperi generali, come l’ultimo che ha bloccato l’Argentina, ad un Venezuela sull’orlo di una guerra civile.
Certamente anche il Brasile vive una fase convulsa di grandi manifestazioni di segno contrario nelle strade, di storici scandali, ma si può dire con forza e senza tema di smentite che il Brasile vive un quadro di democrazia, dove è garantita ogni forma di libertà di espressione e di dissenso, con istituzioni salde e democratiche. L’economia non vive certo uno dei suoi momenti migliori, ma bisogna usare i termini esatti. Dire che c’è un rallentamento e segnali di recessione è dire la verità e dare un quadro esatto. Parlare di una forte crisi con sviluppi pericolosi è inesatto. Il dato del PIL che cresce solo dello 0,1% nel 2014 non si vedeva da decenni ed è sicuro che nel 2015 il PIL perderà un 1%. L’inflazione supererà l’8,3% all’anno, ben lontano da quel 6,5% stabilito come tetto massimo dal Governo, il tasso di sconto supererà il già alto 12,75%.
Sicuramente il ribassamento del rating da parte di Moodys è un duro colpo all’immagine del paese nel mondo. Si aggiunga la catena di scandali quali Petrobras e LavaJato che non hanno precedenti nella storia pur agitata del paese. Tutto certamente vero, però guardiamo la situazione anche da quanto ha detto Standard & Poor’s nel motivare il mantenimento del suo rating: “il Brasile ha avviato una seria politica per risanare i conti del paese”. Qui è il problema, sarà in grado il Brasile di imporsi tagli e sacrifici per riportare i conti a posto e ritornare a far crescere il paese? La crescita viene collocata nel 2016, quando il centro studi Fucus prevede un aumento del PIL dell’1%. Per quell’anno quanto indicato da Dilma in una intervista a Bloomberg, ovvero la meta fiscale stabilita dal Ministro dell’economia Joaquim Levy di un attivo dell’1,2% del PIL, dovrà essere un dato reale dell’economia e delle finanze statali del Brasile.
Certamente non mancano difficoltà politiche, la Presidente Dilma ha il più basso indice di consensi della sua storia presidenziale, tra Presidente, Governo, forze politiche della maggioranza vi è una guerra quasi quotidiana. L’ opposizione ha ritrovato forza per rilanciare le sue proposte. È tutto vero, ma è pur vero che Dilma negli ultimi giorni ha corretto alcuni suoi errori politici, ad esempio quello di aver creato un “consiglio politico” composto solo da amici, senza includervi il potente alleato PMDB. IL Ministro Levy, con la sua capacità e pacatezza, è andato nella “gabbia dei leoni” del Senato a trattare le misure fiscali da adottare, riportando un inatteso successo. Lula, dopo un lungo e preoccupante silenzio, è tornato a parlare al suo PT e ai movimenti sociali dicendo che il successo di Dilma è il suo e che bisogna approvare i tagli alle spese sociali. In mezzo a crisi e contrasti quotidiani la maggioranza sembra ritrovare la sua capacità di governo di un paese difficile, complesso, ma che, se ben guidato, tornerà a creare sviluppo economico e integrazione sociale come ha fatto nei due decenni precedenti.