Il genocidio dei Cristiani e la guerra giusta
Ho scritto in una nota precedente che il Papa avrebbe dovuto uscire dalle deplorazioni pur commosse e profonde per il genocidio dei cristiani in Medio Oriente e in Africa, non parlare genericamente di “silenzio complice” da parte nostra e lanciare invece un forte e inambiguo appello alla Comunità internazionale, e più specificamente al Consiglio di Sicurezza delle ONU (e quindi ai cinque membri permanenti che ne determinano la politica), perché intervenga a difesa dei perseguitati (non solo cristiani), in obbedienza alle responsabilità previste nel Titolo V dello Statuto. Intervento che, data la realtà della situazione, non può che voler dire il ricorso alla forza militare, visto che ogni tipo di dialogo con i fanatici della Jihad sarebbe solo una pericolosa perdita di tempo. Una forza legittimata dal massimo organo internazionale, di natura il più possibile collettiva, sottratta agli interventi unilaterali. Ma una forza sì, e una forza adeguata.
È davvero impossibile? Certo che non si tratta di una situazione, anche militarmente, facile. Ma davvero sette od otto grandi potenze mondiali non sono in grado di mettere insieme una forza d’intervento sufficiente a sconfiggere i criminali? (In realtà, in Medio Oriente basterebbe la Turchia e in Libia l’Egitto, con adeguato supporto occidentale). Precedenti non mancano: ricordiamo i più recenti, certo non più orribili degli attuali: il genocidio dei musulmani di Bosnia per parte dei serbi di Karadzic, il genocidio dei kosovari da parte dei serbi di Milosevic. Ci siamo scordati l’orrore sollevato in Occidente dalla scoperta delle macabre fosse di Srebrenica, e la rivolta morale dell’opinione occidentale quando si assistette all’esodo dei kosovari perseguiti dalle truppe di Belgrado? In questi casi, fu l’opinione pubblica a provocare le Risoluzioni dell’ONU e l’intervento armato della NATO. I cristiani, i curdi, gli zoroastriani, gli sciiti del Medio Oriente e dell’Africa non meritano altrettanta indignazione? Le ragazze cristiane rapite, obbligate a convertirtisi all’Islam e a infibularsi e cedute come schiave in Nigeria, gli studenti decapitati in Kenya, i turisti massacrati a Tunisi, non meritano lo stesso soprassalto di rabbia? Non toccano la coscienza internazionale? E se capitasse a casa nostra? Ricordiamo ancora che l’ONU ha autorizzato la missione NATO in Afghanistan a difesa da un ritorno della barbarie talebane e ha contribuito a sconfiggere il regime di Gheddafi, che si era macchiato di molte colpe, ma non comparabili a quelle della Jihad.
Lo so, c’è e ci sarà sempre da noi chi si strapperà le vesti contro qualsiasi uso della forza e non distingue tra carnefici e vittime, anzi, attaccando chi si difende con le armi, oggettivamente favorisce i carnefici. Sono quelli per cui Israele dovrebbe lasciare che i razzi di Hamas distruggano i suoi villaggi e uccidano la sua gente. Quelli che (non molti, per fortuna) che dopo l’attentato a Charlie Hebdo hanno trovato parole, se non di giustificazione, almeno di comprensione per gli assassini. Questo accade da parte di una certa sinistra disfattista e piagnona, sempre pronta a strisciare ai piedi del nemico purché sia antioccidentale, ma purtroppo, mi dispiace di doverlo ripetere, da cattolico che ama e rispetta Papa Francesco, non vi è estranea neppure una parte sensibile della Chiesa, il cui atteggiamento contribuisce a diffondere una filosofia di rassegnazione e di pratica impotenza.
Ora il Papa, questo lunedì di Pasqua, ha fatto un passo avanti, finalmente chiedendo alla Comunità internazionale di intervenire a favore dei cristiani perseguitati. Non è uscito del tutto dall’ambiguità del suo discorso, perché chiede di intervenire ma non dice come, mentre resta non smentito il ripudio all’uso della forza. E per di più le Sue parole sono state chiosate da un Monsignor Galantino, segretario della Conferenza Episcopale italiana, che si è affrettato a spiegare (come se avesse sentimenti di colpa) che il Papa non aveva inteso promuovere la guerra santa, il suo appello non era contro l’Islam e via dicendo. Ora, nessuno può seriamente chiedere al Papa di porsi alla testa di una nuova Crociata. Non siamo nell’XI secolo e neppure al tempo di Giulio II. Qualche volta mi scopro a rimpiangere Pio XII, un grande Papa che comprese il suo ruolo di difensore della civiltà cristiana e agì in conseguenza con i mezzi, politici e morali, di cui disponeva, usandoli a fondo. La scomunica ai comunisti, la chiusura all’URSS, l’appoggio alla DC e poi il favore per l’ingresso dell’Italia nella NATO (a quell’epoca il nemico era rosso, non esisteva neppure lontanamente una problema islamico). Poi i tempi sono cambiati, il comunismo è fallito, l’URSS è scomparsa, quanto alle relazioni con l’Islam si è scoperto, fortunatamente, l’ecumenismo e si vuole e si deve evitare una devastante guerra di religione. Tutto vero, tutto giusto. Ma qui non si tratta di crociate o di guerre di religione. Non si mira a liberare nessun Santo Sepolcro né a convertire nessun infedele (figurarsi!). Qui si tratta di impedire che una banda di fanatici criminali continui ad assassinare, rapire, violare, distruggere impunemente, sotto gli occhi di tutta la comunità internazionale. Si tratta di chiedere che chi ha il dovere di intervenire intervenga. E se questi non lo fa, lasciare che lo faccia chi ne ha la volontà e la capacità, cioè i soliti Stati Uniti, la solita Inghilterra e qualche altro europeo, e magari la Russia. Lasciare che lo faccia senza inventarci favole di imperialismo, fabbricanti di armi, interessi petroliferi, trame occulte. Tutte cose che esistono, eccome!, ma non giustificano una sola decapitazione, una sola bambina rapita e violata, un solo ragazzino addestrato a uccidere o fatto saltare come una bomba umana. Confondere le due cose è tipico di una certa mentalità dietrologica, fondamentalmente sinistroide-pacifista, sempre portata a trovare ragioni che assolvono il nemico.
Amici che stimo, avendo letto la mia nota precedente, mi hanno scritto obiettando che il Papa non può neppure parlare di guerra, che la guerra per un cristiano è sempre ingiusta. Non è vero: sono almeno diciotto secoli che la Chiesa ha elaborato la teoria della “guerra giusta”: giusta quando è difensiva, di sé o dei propri cari, degli alleati e degli amici.
Un altro amico, laico per formazione, mi ha fatto invece notare che l’Italia non potrebbe partecipare a nessun intervento armato perché la Costituzione vieta la guerra. Falso anche questo: la Costituzione, proibisce la guerra come strumento per il regolamento delle controversie internazionali, ma non vieta – e sarebbe assurdo che vietasse – quella difensiva. Firmando il Patto Atlantico e la Carta dell’ONU, ci siamo assunti impegni di partecipazione alla difesa collettiva che interpretano quelli costituzionali. Se così non fosse, perché mantenere Forze Armate forse insufficienti, ma certo costose? Con questa mentalità, se –prendiamo il caso – in Libia dovesse installarsi un regime a noi ostile (non è poi tanto improbabile) e questi dovesse costituire per noi una imminente minaccia militare, cosa dovremmo fare? Sventolare la Costituzione e lasciarci inondare di missili?
La realtà è che siamo di fronte a un assalto qualificato contro l’umanità e i suoi principi più sacri e a una minaccia contro la nostra sicurezza. Finora, tolta l’azione dei soliti volontari, gli organi qualificati della Comunità Internazionale hanno fatto poco o niente per reagirvi.
4 Comments
Trovo difficile non essere d’accordo con questa analisi. Però io mi pongo dei quesiti di difficile argomentazione e risposta. Uno dei tanti quesiti che pongo all’attenzione e che poi vedono le grandi potenze affacciate alla finestra a osservare e forse anche a brindare mentre muoiono migliaia di persone. Ma la politica estera americana negli ultimi 40 anni è stata sensata? e mi spiego “ISIS” è stato l’ultimo prodotto americano riuscito malissimo. Perché quest’ultimi sono stati: arruolati, finanziati ed addestrati dagli americani.
Caro Castellano, la politica estera degli Stati Uniti in questi ultimi quarant’anni ha avuto perlomeno un merito: impedire all’URSS di impadronirsi dell’Europa intera e quindi anche dell’Italia (mi permetta di dirglielo con sicurezza, in quegli anni ho a lungo servito alla NATO e a New York) e, alla lunga, favorire l’implosione del sistema sovietico e ridare la libertà a decine di popoli (che di questa libertà alcuni abbiano fatto cattivo uso è un’altra faccenda). Hanno fatto altre cose giuste, come l’impedire alla Corea del Nord di invadere quella del Sud, e all’URSS di impiantare missili a Cuba, e riavvicinarsi alla Cina, e naturalmente hanno commesso, come accade a tutti, anche molti errori: la guerra del Vietnam innanzitutto. Hanno talvolta anche contribuito a creare il mostro che poi gli si sarebbe rivolto contro. Il caso classico l’Afghanistan, dove gli americani hanno armato e istruito i guerriglieri che hanno sconfitto i sovietici e poi si sono trasformati in talibani. Mi chiedo: potevano fare altro? Non lo so. Altro “errore” fu sostenere Saddam Hussein contro l’Iran. Questo errore lo facemmo tutti, noi compresi (finanziammo attraverso la BNL l’Irak e gli vendemmo un’intera flotta militare, poi mai consegnata a causa dell’embargo). Sono errori quando li si giudica col senno di poi, ma forse spiegabili se si considera che spesso, in politica e nella guerra, ci si trova a scegliere il male minore e ad allearsi col nemico del nemico che, per definizione, è amico. Poi c’è stato l’errore peggiore, l’invasione all’Irak, spiegabile solo con oscuri interessi della destra petroliera e armamentista americana.
Quanto all’ISIS, non so su quali basi Lei possa dire che è un prodotto americano. Non lo so sul serio, vorrei saperlo. A me risulta che è un fenomeno che trova radice nel fanatismo sunnita antioccidentale e antisciita ed è stato finanziato da alcuni Paesi arabi del Golfo, preoccupati della minaccia iraniana. Credo comunque che oggi, chiunque abbia avuto mano nella creazione del mostro, si rende conto di aver commesso un errore colossale.
Io però vorrei che, quando si è di fronte a un problema grave e concreto, si pensi al modo di combatterlo e se possibile vincerlo, senza preoccuparsi troppo di quali siano le sue origini oscure. E mi piacerebbe che il CdS dell’ONU si decidesse ad agire sul serio. E che il Papa lo spronasse a farlo con parole un po’ meno velate. I suoi richiami all’indifferenza della Comunità Internazionale (non credo che, come Lei dice, le Grandi Potenze assistano con piacere alle stragi, ma i sentimenti entrano poco nei calcoli politici, ahimè) suonano ai miei orecchi piuttosto vuoti se, dall’altra parte, si squalifica ogni uso della forza militare. Penso che Lei sia d’accordo con me. E sarò sempre lieto di discuterne con Lei.
Il Papa è stato fin troppo saggio per essersi limitato a condannare giustamente il “Silenzio complice” dell’Occidente sui misfatti dello Stato Islamico!
Io personalmente, sono d’accordo sull’intervento militare, sia con dura e precisa intelligence militare che con azione diretta e brutale sul terreno, laddove è possibile, contro i fanatici e criminali dell’ISIS; intervento che più tarda ad arrivare e peggio sarà per le genti sotto mira islamista e per il mondo laico e civile ma capisco il Papa per non essersi spinto oltre la condanna di “silenzio complice”. Non poteva e non può in qualche modo dare l’impressione che la lotta all’ISIS possa essere di religione per ovvie ragioni fra cui quella di non circoscrivere la portata criminosa e terroristica dello stesso ISIS a limitate realtà umane quando invece e’ una vera minaccia che si dispiega contro tutte le civiltà della Terra!
Caro Brogna, vedo che siamo d’accordo sull’essenziale. Quanto al Papa, capisco perfettamente le sue difficoltà, ma ci sono momenti in cui occorre parlare chiaro. Posso dirle che anche in Argentina, dove ovviamente lo idolizzano, è stato criticato per la sua ambiguità.