L’asfalto di Renzi
“Se andiamo al voto asfaltiamo il PdL”. Non usa mezzi termini Matteo Renzi che si prepara così al congresso del Pd. Anzi, la macchina messa in moto pare più quella della campagna elettorale perché il sindaco di Firenze vuole sfruttare la sua popolarità prima che inizi a calare. Alla faccia delle grandi intese e di Enrico Letta. Battere il ferro finché è caldo. Anche perché i sondaggi lo premiano, ma con questa legge elettorale le incognite restano molte.
“Renzi cambia mestiere: da rottamatore ad asfaltista”, è la risposta del PdL affidata a Fabrizio Cicchitto. “E’ evidente che il sogno di Renzi è quello della caduta del governo e di elezioni anticipate. Gli auguriamo di non ritrovarsi fra qualche mese anche lui a smacchiare i leopardi”. Poco importa se l’ormai famoso animale che doveva smacchiare Pier Luigi Bersani era un giaguaro. La questione è che tra i renziani sono sempre di più coloro che spingono per tornare subito alle urne. E secondo i sondaggi pubblicati da Repubblica – curati da Demos & Pi – Matteo Renzi è il leader con il più alto indice di gradimento: 32,8 per cento, doppiando quasi l’attuale premier Enrico Letta che rimane fermo al 12,2 per cento. Per quanto riguarda i partiti, quello di Epifani si colloca al 28,5 per cento, il PdL sale al 26,2 per cento (dal 21,6 per cento) e riduce il divario dal Pd a soli due punti: erano quattro nell’ultima tornata elettorale di febbraio.
Il nuovo che avanza. Anzi che “asfalta”. Renzi potrebbe – e il condizionale è d’obbligo – dare nuova linfa al Partito democratico in vista delle prossimi elezioni politiche. A patto che vinca le primarie. A proposito, ma ci sarà ancora Silvio Berlusconi? In attesa della decadenza da senatore, l’ex premier nel suo ultimo videomessaggio ha chiaramente detto di essere pronto a “fare politica anche fuori dal Parlamento”. E alla presentazione della nuova sede di Forza Italia ha ribadito la sua fedeltà all’esecutivo delle larghe intese: “Staremo al governo fino a quando porterà fino in fondo i provvedimenti e manterrà gli impegni”. Una crisi, in effetti, in questo delicato momento per l’economia nazionale, sarebbe una catastrofe. E andare al voto senza cambiare la legge elettorale potrebbe significare tornare alla situazione odierna, senza una maggioranza definita. L’impasse, a conti fatti, non conviene a nessuno.
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