Hallo Cuba

I titoli ridondanti si sono sprecati ma l’aggettivo più utilizzato è stato “storico”, declinato al maschile e al femminile. La stretta di mano tra Raul Castro e Barak Obama, avvenuta durante l’incontro di Panama, è stata fotografata, sottolineata e strombazzata in ogni luogo e in ogni lago.

Il presidente Raul Castro appena arrivato a Panama ha subito affermato che Cuba era presente al VII Vertice delle Americhe per compiere il mandato di José Martì e cioè reclamare “la libertà conquistata con le nostre stesse mani”. Un po’ complessa tutta la storia dell’eroe nazionale, all’incirca contemporaneo del nostro Peppino Garibaldi; si chiamavano allo stesso modo e avevano molto in comune; José Martí creò il Partito Rivoluzionario Cubano con lo scopo di  fondare una Repubblica “con tutti e per il bene di tutti”, con lo scopo di raggiungere la dignità piena dell’uomo e di difenderla ad ogni costo.

All’inizio del suo discorso, Raul Castro ha  ringraziato tutti i paesi dell’America Latina e dei Caraibi per la solidarietà dimostrata verso il suo Paese rendendo possibile che Cuba partecipasse a questo Forum emisferico e il Presidente della Repubblica di Panama per l’invito e per i minuti concessi, “perché tanti anni d’assenza da questi incontri hanno giustificato che si concedesse un poco più del tempo stabilito per parlare”.

Raul ha voluto raccontare questi ultimi e difficili anni; ha parlato di quanto scrisse il 6 aprile del 1960, un anno dopo il trionfo della Rivoluzione, il Vice segretario di Stato americano Lester Mallory in un suo memorandum – definito perverso – reso pubblico decine di anni dopo che diceva così: “La maggioranza dei cubani appoggia Castro. Non c’è un’opposizione politica effettiva. L’unico mezzo prevedibile per costruire un appoggio interno è attraverso la delusione e la frustrazione basate nell’insoddisfazione e le penurie economiche, debilitare la vita economica e privare Cuba di denaro e rifornimenti con il fine di ridurre i salari nominali e reali, provocare fame, disperazione a la caduta del governo”.

Raul non era commosso mentre parlava, era quasi orgoglioso di poter dire che i cubani hanno sopportato grandi penurie e non si sono mai arresi;  che il 77% della popolazione cubana è nato con i rigori imposti dal blocco, ma le loro convinzioni patriottiche hanno prevalso sull’aggressione, hanno aumentato la resistenza ed hanno accelerato il processo rivoluzionario. “Siamo qui a fronte alta e con la dignità intatta”, ha ribadito. Certo è che le parole non sfamano e che la miseria viene alimentata molto spesso proprio dagli ideali.

Ora a Cuba si aspetta il cambiamento, che sarà lento, non immediato e sicuramente non indolore. Si stanno già costruendo 50 nuovi alberghi e i servizi offerti verranno ampliati. Per ora l’unico vero risultato di questa apertura è che i prezzi degli alberghi sono aumentati, che i voli sono strapieni e tutto costa di più.

Comunque, confido nell’intelligenza e capacità dei cubani di saper gestire tutto ciò; non sarebbe male rivedersi una volta al giorno i vecchi film americani di gangster: tra tutti il Padrino parte seconda. A volte, non sempre, la storia può essere d’aiuto.

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