Maria Chiara Prodi: tra Parigi e Bologna

E’ coordinatrice artistica del Théâtre national de l’Opera Comique a Parigi. Ha lavorato per il direttore d’orchestra Myung-Whun Chung, nel team artistico del Festival International d’Art Lyrique d’Aix-en-Provence e alla Direzione della Musica di Radio France. Giornalista pubblicista, diplomata in pianoforte, laureata in Scienze della Comunicazione, ha conseguito un master in Management dello spettacolo dal vivo presso il Teatro alla Scala e l’Università Bocconi e ha vinto il premio Paolo Grassi per la tesi in organizzazione dello spettacolo. E’ membro della Consulta degli Emiliano Romagnoli nel mondo, antenna dell’associazione Libera a Parigi e tra gli animatori del portale che riunisce 50 associazioni franco-italiane, finanziato come progetto pilota dalla regione Ile-de-France. A Bologna ha frequentato il liceo Galvani, il conservatorio G.B.Martini ed è stata attiva in ambito associazionistico specialmente al Centro Poggeschi. Ha fondato Exbo “perché siamo pronti per esprimere partecipazione e cittadinanza anche da lontano, e i tempi sono maturi perché questo sia possibile, efficace e utile”. Stiamo parlando di Maria Chiara Prodi, Bolognese quasi di nascita, classe 1978, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.

Lavora all’Opera Comique, che non è la più conosciuta Opera, ma sempre un teatro molto noto a Parigi.

L’Opera Comique è una istituzione e un genere, mescola il parlato e il cantato assieme, è la risposta francese all’Opera Buffa italiana. Quest’anno festeggiamo i 300 anni perché nel 1715 abbiamo ricevuto il privilège, cioè la bolla regale che permetteva di fare spettacoli. E’ stato una evoluzione del Teatro delle Fiere, quindi su palchi improvvisati nelle fiere, il genere era un misto di Commedia dell’Arte italiana ed altre compagnie che facevano parodie delle Opere serie dell’epoca, a volte anche in maniera turbolenta. Oggi è molto conosciuta per essere stata il luogo di creazione, alla fine del ‘800, della Carmen di Bizet, che pur avendo un finale tragico si chiama comique perché mescola cantato e parlato. Il New Yorker ci ha definito la migliore “second scene” del mondo. Ora ricopro il ruolo di Vice-Direttrice alla Produzione, in pratica coordino la parte artistica in particolare rivolta alle stagioni venture.

Come è arrivata a lavorare all’estero?

Ho fatto l’Erasmus a Parigi, dopo il Conservatorio mi sono laureata a Bologna, poi un master alla Bocconi di Milano in collaborazione con la Scala.

La scelta di lavorare fuori dall’Italia?

Credo che siano ancora troppo pochi quelli che vanno a fare l’Erasmus, io lo farei obbligatorio come era una volta la naja. E’ una forma per avvicinarsi al mondo durante gli studi e farlo in un contesto protetto con professori e referenti. A Parigi vinsi una borsa di studio Leonardo per fare 5 mesi di stage presso Radio France che ha una sezione musicale e dopo sono rimasta lì.

E poi ha creato Exbo, un punto di riferimento per i bolognesi che lavorano all’estero.

Io e miei fratelli lavoriamo tutti all’estero, ci trovavamo per le feste di Natale e ad un certo punto abbiamo visto che anche tutti i nostri amici andavano all’estero, quindi è venuta fuori questa idea. E’ stato una riflessione per cercare di capire come e cosa fare per dare un impegno civico alla tua terra di origine, a partecipare alla vita sociale. Quindi un anno indicemmo un Open Space Technology, è un brain-storming in cui ognuno dice un tema di suo specifico interesse e quindi raggruppa persone che hanno un fine comune. I due temi pregnanti che emersero furono l’esterofilia e il luogo comune dei “cervelli in fuga”. Questo modo di definire lo troviamo fastidioso perché pare ridurci a numeri, nell’immaginario sembra che vadano via solo i cervelloni quando adesso invece espatriano in tanti, poi il problema non è la fuga dei cervelli, ma la circolazione delle idee. Non si risolve tenendo noi qui, ma diventando attrattivi in generale, perché non invogliare cervelli stranieri a venire a lavorare qui?

Quindi hai creato questo network assieme al Comune di Bologna che vi ospita sulla sua piattaforma?

Quando ci è venuta questa idea, ero in contatto con Silvia Bartolini, Presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, quindi con il suo appoggio abbiamo realizzato, appunto, l’Open Space Technology. Poi con l’aiuto della Regione Emilia-Romagna abbiamo edito il book “Delle Risorse Perse”, titolo chiaramente polemico, il nostro discorso era di trasformarsi da “risorse perse” a “risorse sparse” e di vedere cosa potevamo fare per partecipare alla vita della nostra città, a tenere vivo il legame con il territorio. Poi il Comune ha iniziato a collaborare con noi ed adesso facciamo un incontro annuale in Sala Borsa.

Su questo si è poi innestato il concetto di cittadinanza mobile.

A noi piace perché permette di mettere l’accento sui bisogni e le potenzialità, trovo che la mia generazione ha avuto molto in tema di diritti, noi vogliamo ricordare che i diritti vanno mantenuti e fatti evolvere. Parliamo tanto di cittadinanza europea, ma poi non facciamo campagna perché siano realizzate strutture ed accordi europei su sanità e pensioni ad esempio, la mentalità è di risolvere i problemi ancora come la vecchia emigrazione.

Come ti sei trovata catapultata in un contesto come quello di “Libera”?

E’ successo che i preti sono bravissimi a tirarti dentro a lavorare, nel mio caso è stato Tonio Dell’Olio che nel 2007 mi ha detto “Perché non crei un’antenna di Libera in Francia?”. All’inizio è stata molto dura far capire ai francesi che ci vuole un movimento della società civile per combattere le mafie, loro dicono che ci sono già leggi e forze dell’ordine. E quindi tocchi come dove lo Stato è forte, la sensibilità è diversa.

E come vi muovete da antenna francese?

Ad esempio facciamo molto media-watching, ad esempio rompiamo i luoghi comuni delle aziende che pubblicizzano prodotti legandoli alla mafia italiana, poi incontri nelle scuole, ad esempio proprio oggi qui partecipa una scuola di Bordeaux. Cerchiamo di combattere lo stereotipo, spesso meritato, dell’italiano all’estero e proviamo a stimolare la nascita di realtà locali, perché anche lì non mancano poi i problemi, basti pensare che non c’è l’obbligo dell’azione penale, il che vuol dire che è a discrezione dei magistrati, che fra l’altro lì dipendono dal governo. Insomma dopo qualche anno passato in Francia la realtà appare meno rosea di quello che appare, voglio dire che ogni paese ha poi la sua realtà.

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