Italicum, braccio di ferro nel PD
È una guerra fredda quella che si sta ormai combattendo da mesi dentro il PD. Se dovessimo proseguire nella similitudine potremmo rappresentare gli schieramenti che per oltre quarant’anni si sfidarono per influenzare il mondo, con Matteo Renzi a rappresentare gli Stati Uniti e la Troika “Comunista” composta da Bersani Civati e Speranza.
La situazione sembra abbastanza tesa anche se le dichiarazioni a mezzo stampa rappresentano una situazione molto meno difficile di quella che in realtà è. Oggi il tema dello scontro è la legge elettorale, che alla minoranza PD proprio non piace, forse perché ancora figlia di quel patto, il Nazzareno, stretto con l’odiato nemico di sempre Berlusconi. E proprio da li che parte la lotta interna. Quella che oggi viene inaugurata come “Area Riformista” altro non è che l’ala più a sinistra del PD, che per anni ha retto i vertici del Partito Democratico, spodestata dalla violenza mediatica di Renzi, riportando la bilancia verso un centro più moderato.
La nascita ufficiale di questa corrente dimostra come le questioni interne al partito siano pienamente irrisolte. Dopo le dimissioni del capogruppo alla Camera Roberto Speranza, che fino ad oggi aveva tentato di fare da mediatore tra la minoranza e Renzi, si è dovuto arrendere alla determinatezza del Presidente del Consiglio che non ha in alcun modo voluto deviare dal percorso tracciato. Quindi le quasi cento firme raccolte tra i deputati Dem non sono bastate per far cambiare idea al Segretario del Partito che anzi, ha velatamente minacciato lo strumento della Fiducia al Governo. Visto l’inasprimento dei toni però, in ritorno dal viaggio negli Usa, il Premier ha provato ad alleggerire la tensione promettendo modifiche sulla riforma del Senato.
La strategia di Bersani però sembra attendista. L’ipotesi che si sta diffondendo in questi giorni è quella di riconquistare il partito nel 2017 al nuovo Congresso. Un’era geologica in politica che sembra però poco realistica considerando soprattutto la strana maggioranza che compone il Governo.
La possibilità di approvare in tempi brevi riforma elettorale e del Senato potrebbe aprire la strada ad elezioni anticipate che porterebbero a questo punto ad uno spacchettamento del Pd se davvero venissero confermate le indiscrezioni di un “Partito della Nazione” a modi Dc. Quindi per ora Bersani resiste, parte dei dissidenti più morbidi sembrano comunque intenzionati a votare la legge elettorale, ma le dimissioni di Speranza che fungeva da intermediario, e la relativa investitura a nuovo leader minoranza, fanno presagire tempi difficili per il PD. Sicuramente continueranno a mostrarsi compatti in fase di voto come hanno fatto fino ad ora, ma se veramente Renzi cominciasse ad utilizzare lo strumento della fiducia, le cose comincerebbero a prendere inevitabilmente una piega non facile.
Per ora tutto tace (a parte la sostituzione dei “ribelli PD” in Commissione Affari Costituzionali) e Renzi sembra avere la situazione in mano. C’è da scommettere però che la cinghia possa rompersi da un momento all’altro con un’unica strada alternativa: il voto anticipato.