Nuovo Padiglione Australia alla Biennale
Venezia – La Biennale d’Arte 2015, con inaugurazione il 5 maggio, svelerà un nuovo edificio per il Padiglione Australia. Lo studio Denton Cocker Marshall di Merlbourne ha progettato la prima struttura costruita nelle due ultime decadi, per la prima e molto probabilmente unica opera architettonica del 21esimo secolo sul suolo dei Giardini della Biennale.
Nel 1988 l’Australia, pur di non perdersi l’opportunità di aggiudicarsi l’ultimo lotto disponibile, presentò il padiglione temporaneo di Philip Cox. La condizione di temporaneità lo sottrasse al vincolo dei Beni Culturali, che notificano, invece, tutti gli altri padiglioni. Così, dopo la gara di idee nel 2008, proposta dal ristoratore e mecenate Ronnie Di Stasio, Simon Mordant, investitore bancario, filantropo e committente australiano a questa 56esima Esposizione Internazionale d’Arte, ha finalmente realizzato la sostituzione.
Un’identità propria, che fosse sicura di sé, attenta a come presentarsi al mondo, in dialogo con le comunità e i Paesi che utilizzano l’evento come piattaforma per proiettare la propria visione nazionale, all’Australia mancava. Mordant, con la moglie, ha condotto la raccolta fondi, per i 6,5 milioni di dollari rimanenti, a fronte del milione donato dal Governo australiano; hanno contribuito tra i privati, tra gli altri, gli stessi Mordant, la Nelson Meers Foundation e la famiglia Myers.
Il nuovo padiglione si affaccia su una riva del canale che attraversa i Giardini, e sorge tra le chiome degli alberi che lo contornano. Pannelli in granito nero, apribili su tre lati a seconda delle esigenze illuminotecniche, allestitive e performative, rivestono la struttura, in acciaio e calcestruzzo. Su due livelli si dispongono 329,7 m² di superficie, con entrata mediante una rampa con terrazza sul piano degli altri padiglioni, per poi affacciarsi sul sentiero lungo il canale. Il nuovo ingresso è rivolto verso Nord e garantisce l’accessibilità.
All’interno, 240 m² di ambiente con pareti di prassi bianche, alte 5 metri. Con alle spalle il Museo di Sydney (1995) e il centro congressi ed espositivo di Melbourne (1996), il gruppo di architetti australiano torna a occuparsi di architettura museale, con la consulenza generale provvista da Arup, e in collaborazione con FAREstudio di Roma e Steam di Padova.
Questi nuovi spazi allestitivi dovrebbero adattarsi alle necessità dell’arte dell’oggi, essere flessibili, anche per la presentazione di installazioni di grandi dimensioni. L’edificio è stato inoltre costruito pianificando al meglio l’isolamento termico, l’illuminazione della parte espositiva e il controllo microclimatico delle opere. Ci si augura che l’interesse in campo di materialità e forma risultino evitino le modifiche a cui devono ricorrere padiglioni antiquati, scatole in cui durante la preparazione di ogni edizione si vivono incubi da cantiere.
In seguito alla scelta unanime della commissione selezionatrice del Consiglio australiano per le Arti, 350 oggetti, quali vecchi orologi a cucù, arnesi da lavoro, saponette, banconote americane strappate, lattine di Coca-Cola e di sardine, per l’installazione Wrong Way Time, ad opera di Fiona Hall (Adelaide, 1953), abiteranno per la prima volta i nuovi spazi. Linda Michael è la curatrice di questa affollata esposizione dell’Artista prolifica, che emana da un corpo centrale, dal titolo All the King’s Men.
Centrali sono 20 figure calate dal soffitto, fantasmi, vestigia di corpi dati da fettucce di tessuto mimetico, e dalle teste-maschera sfigurate: questi sono i soldati di fanteria, materializzazioni delle casualità dei conflitti, qualsiasi sia la loro nazionalità. Il messaggio politico focalizzato sul conflitto globale, allude all’economia mondiale, alle debolezze umane, alla politica mondiale, all’ecologia.