Pianeta Black Bloc, cronache dell’altro mondo
Un tappeto gualcito di tute nere, caschi e maschere antigas sul selciato: questa è l’immagine strana e sinistra, sulle devastazioni di Milano dello scorso Primo maggio, diffusa all’opinione pubblica da stampa e notiziari televisivi.
A guardar meglio l’emblematico fotogramma, si ha la suggestione di corpi smaterializzatisi dentro i vestiti con un colpo di bacchetta magica, mentre i loro involucri di tessuto, svuotati, cadono inerti in terra. Alieni che svaniscono in un bagliore di luce, sebbene, nella circostanza, l’illusionismo della sparizione sia avvenuto dietro un’acre e densa cortina di fumo. Tattica semplice e geniale. I marziani, scomparsi mescolandosi e mimetizzandosi tra i terrestri, come si sono concentrati per distruggere, riconoscendosi grazie alla scura divisa che li contraddistingue, così si disperdono tra i manifestanti, dopo averla abbandonata. Nel nostro sistema solare, c’è un mondo ancora misterioso, rivelatosi ai telescopi dal lontano G8 di Genova, che andrebbe investigato a fondo; eppure, qualcuno non lo fa o se lo fa, evidentemente non ha ottenuto risposte soddisfacenti.
Da qui, una serie di considerazioni per tentare di bucare l’alone d’impenetrabilità che circonda il fenomeno e tracciare almeno un ipotetico identikit tipologico degli attivisti Black Bloc. Sappiamo cosa dicono di fare: combattono i poteri forti di elite politiche e affaristiche, di banche e organizzazioni mondialiste, responsabili di ridurre in schiavitù e sofferenza la popolazione, in nome del proprio vantaggio personale.
Conosciamo i metodi operativi adottati: reagire all’oppressione esercitata dai detti centri di potere con altra violenza che ne colpisca i simboli, nonostante spesso si assista a danneggiamenti contro il cittadino qualunque e all’introduzione di ansia e terrore nella società civile. Sono preventivabili le occasioni e gli eventi ai quali, con molta probabilità, si daranno appuntamento. Ciò non toglie – e la manifestazione No Expo di Milano ne rappresenta la piena conferma – che anche i raid annunciati siano di difficile prevenzione, al punto che le forze dell’ordine preferiscono contenere il vandalismo e consentire il libero sfogo in aree urbane circoscritte, piuttosto di cercare lo scontro aperto e ricevere aspre polemiche e addebiti di brutalità.
Tuttavia, la medaglia ha due facce e, per un’accusa di repressione che non arriva, si presenta puntuale la critica d’incompetenza e inettitudine a tutelare territorio e ordine pubblico, accompagnata, come da copione di rito, dalle consuete strumentalizzazioni di esponenti della politica e delle istituzioni, mossi a farsi buona pubblicità con la demagogia e a tagliare qualche testa non gradita. Il pianeta Black Bloc, in tutta evidenza, innesca una serie di collaterali dinamismi dialettici, che trascina il dibattito mediatico in una gigantesca zuffa tra il sommario “giustizialismo” del conservatore e il “buonismo sociologico” del progressista, luoghi comuni peraltro opinabili, cui si fa accenno per mera semplificazione e perché la nostra realtà trae fondamento dal conflitto tra opposti. Ed è, forse, questa la forza dell’attivista che applica tecniche di guerriglia urbana: esaltare l’opposizione al sistema e mantenere alto il livello di scontro. Che sia un male necessario? Che non si abbia, al momento, una reale volontà di debellare la malattia, poiché anch’essa – consapevolmente o meno – al servizio del grande cambiamento auspicato per l’umanità dai potenti della terra? Quel che è certo è che il movimento s’inserisce in un contesto “globalizzato” e in questa chiave di lettura va analizzato e interpretato: comunica e si coordina, per lo più, in Rete; opera su scala internazionale; è apparentemente strutturato su base orizzontale; pesca sostenitori nel bacino dei centri sociali e delle formazioni anarchiche; attrae giovani emuli, più vicini agli hooligan da stadio che ad una specifica ideologia, interessati non tanto alla partita che si sta giocando, quanto al pretesto per poter dare sbocco al pericoloso mix di istinto distruttivo e rabbia sociale che hanno dentro.
In ogni caso, escludendo la cintura periferica di simpatizzanti e cani sciolti che, di volta in volta, spontaneamente si aggregano alle “imprese” dei Black Bloc, si ha la sensazione che di essi esista un nucleo permanente, addestrato con rigore militare, che tira le fila del movimento e compie autentiche missioni, in cui, anziché scuotere il sistema, in realtà lo rafforzano, sporcando con la violenza il diritto alla protesta pacifica e civile e mandando in vacca manifestazioni altrimenti legittime. Sarebbe interessante scoprire se, a monte delle attività di questo nucleo, vi siano eventuali flussi di denaro e relativi finanziatori. Tanto per non dimenticare la regola secondo cui, dietro ad un esecutore prezzolato, c’è sempre un mandante.