Salvini contestato, democrazia a rischio?
L’ultima in ordine cronologico è Segrate. L’ultima di una lunga serie di tappe, elettorali in questo caso, in cui il leader della Lega, Matteo Salvini è stato puntualmente contestato. Mercoledì scorso, a Segrate, alle porte di Milano, una cinquantina di giovani, con bandiere di Rifondazione Comunista e antifasciste, hanno lanciato uova e vernice contro Salvini che si è preso del “fascista e razzista”.
Appena sceso dall’auto Salvini è stato contestato. Il centinaio di militanti leghisti lo hanno acclamato gridando “Matteo, Matteo” e in quel momento è partito il lancio di uova e vernice di vario colore che ha imbrattato quasi tutti i presenti. “Questa è la rivoluzione di quattro disadattati?”, ha detto Salvini. “Adesso però inizieranno a pagare i danni”. La contestazione violenta nelle apparizioni pubbliche del numero uno dei lumbard è praticamente una costante delle ultime settimane. “Il voto del 31 maggio sarà anche un referendum fra le persone educate, normali e gli imbecilli che rappresentano il concetto di democrazia della sinistra”, ha commentato il segretario del Carroccio nel breve comizio elettorale segratese. “Non arretreremo di un millimetro”, ha poi aggiunto raccogliendo applausi contro i contestatori che hanno continuato a fischiare, entrando poi in contatto con la polizia.
Il segretario leghista aveva già subito dure contestazioni durante i suoi comizi elettorali al centro e al sud Italia. A Marsala non è neanche sceso dall’auto perché per le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, non c’erano le condizioni minime di sicurezza per iniziare il comizio. A Massa, invece, ha ricevuto lo stesso trattamento con lancio di uova, arance e fumogeni. In quell’occasione si sono registrati anche alcuni feriti tra manifestanti e forze di polizia. Stessa musica anche in Puglia. Dopo il tour elettorale in Umbria, a metà maggio, la polemica sulla sicurezza ha investito anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. “Dove sono Renzi e Alfano? Dove la democrazia? Stamani pure uno sputo in faccia ho preso! Chi agita questo clima con quattro figli di papà che giocano a fare i rivoluzionari tirando petardi tra le mamme con carrozzine? Mi viene il dubbio che a qualcuno impedire alla Lega i comizi faccia comodo”, aveva tuonato Salvini. “Dal 28 febbraio del 2015 a oggi – è stata la pronta replica del Viminale – in relazione alle iniziative politiche dell’on. Matteo Salvini, che si sono svolte in 62 province, sono state impiegate 8.465 unità delle Forze dell’Ordine”.
Facile buttare la bagarre nell’ambito politico. La Lega chiede di chiudere i centri sociali, Alfano risponde definendo Salvini “in male fede, bugiardo ormai irrecuperabile”. Insulti e accuse che si rincorrono, nell’epoca social, su Twitter e Facebook. Polemiche politiche a parte, però, è innegabile che esista un problema di libertà. O di democrazia, chiamatela come vi pare. Senza entrare nel merito dei contenuti e delle idee sostenute da un partito piuttosto che da un altro, non è tollerabile che ogni volta che Salvini partecipi ad un comizio scatti la contestazione feroce. In primo luogo perché la libertà di parola, in uno Stato democratico, deve essere garantita a tutti. Non solo a chi dice cose che ci fa piacere sentire, sennò che democrazia è? Poi, evidentemente, si crea un problema di sicurezza: tutte le persone presenti non possono rischiare di finire in mezzo a scontri con la polizia o beccarsi un petardo addosso.
Nessuna morale, sia chiaro. Anche contestare è un diritto. Ma lo è finché il dissenso si esprime in termini civili, diversamente diventa la solita deriva perpetrata da pochi delinquenti. Nel caso del black bloc, ovviamente, la condanna è bipartisan e senza eccezioni. Ecco, l’indignazione dovrebbe esserci anche se un gruppo di esagitati non spacca negozi e prende a calci la polizia, ma anche solo se tira petardi e vernice alla gente nel bel mezzo di un comizio politico. Così, giusto per una questione di coerenza. E di democrazia.